Francesca Dal Balcon Psicologa e Doula

Francesca Dal Balcon Psicologa e Doula Ti aiuto a cambiare lo sguardo con cui vedi le cose, per farle funzionare. www.francescadalbalcon.it

Conosci te stessa attraverso la relazione con i figli, il partner e le persone importanti della tua vita.

23/08/2025

Quando dobbiamo ricorrere in continuazione ai castighi per farci obbedire dai nostri figli, qualcosa non sta funzionando in noi, né nella relazione.
In noi perché abusiamo del nostro potere e nella relazione perché facciamo sentire i figli impotenti e frustrati: noi abbiamo il coltello dalla parte del ma**co e possiamo applicare qualunque tipo di punizione per qualunque motivo e il figlio non ha la possibilità di difendersi.
Pensiamo a quanto potere abbiamo! E pensiamo a come a volte lo usiamo in eccesso perché ci dà il senso dell'autorità ed è l'unico modo per controllare i figli.
Avviene molto più frequentemente di quello che possiamo pensare che un genitore possa essere catturato dal senso di potere sul figlio e si faccia prendere la mano.
Magari esternamente è una bravissima e impeccabile persona, ma nelle relazioni famigliari diventa un aguzzino.
A livello di psiche tutto è possibile.
Ma a livello di cuore, a livello spirituale, a livello di anima dobbiamo lottare dentro di noi perché questo non succeda.
Noi genitori dobbiamo essere i tutori, gli angeli custodi dei nostri figli e non i persecutori.
Ci penserà già la vita a sottoporli a tante prove.
Noi dobbiamo essere una fonte di amore, dobbiamo vincere le forze psichiche del male dentro di noi e tutelare la crescita e lo sviluppo dei ragazzi.
Se, quindi, usiamo i castighi come forma ordinaria per imporci, stiamo sbagliando.
Abbiamo, cioè, creato una relazione di carceriere/carcerato che farà solo dei danni ai figli.
Dobbiamo avere il coraggio di pensare che siamo solo spaventati dalla spontaneità dei figli, dalla richiesta di verità di noi stessi davanti a cui ci mettono in continuazione.
Questo è il problema di fondo: i figli ci chiedono di essere veri, e noi abbiamo troppe maschere per riuscire a farlo.
E capita che reagiamo e rispondiamo violentemente, nascondendoci dietro ad un tipo di educazione prepotente e arbitraria.
I figli non hanno bisogno di essere educati in questa maniera: loro hanno già il senso del bene e del male, loro hanno già una bellissima scala di valori e l'idea di giusto e di sbagliato che però contrasta con la nostra adottata meccanicamente.
Ma genitorialità non significa dominio né dominio significa amore.

Ⓛⓤⓒⓘⓐ Ⓖⓞⓛⓓⓞⓝⓘ

20/08/2025

Far ridere i figli è rarissimo per noi genitori, praticamente ce lo neghiamo perché siamo in una posizione di educatore, soprattutto di giudice e quindi non ce lo possiamo permettere.
Pensiamo che sia incoerente con il dito puntato che abbiamo sempre su di loro, riteniamo che sia incompatibile con il tono di “Fai questo, fai quello” o peggio ancora con i rimproveri del tipo “Vedi? Lo sapevo che avresti sbagliato...” e via dicendo.
Perché questo è il nostro modo più frequente per rapportarci a loro: grugni, sgridate, rabbia, fastidio, rinfacciamenti.
Siamo veramente pesanti con loro, senza pensare che facendo ridere i figli, otterremmo tutto quello che il nostro attuale sistema educativo non riesce ad ottenere e anche molto ma molto di più.
Farli ridere, giocare, divertire li predispone alla positività, alla serenità e dà loro l'idea di essere amabili e non di essere sbagliati per definizione.
Ridere fa parte della vita e di noi, è indispensabile per il nostro benessere psicofisico ed è un vero medicamento nelle relazioni: escludendolo dal rapporto avranno l'idea che sia una cosa sciocca, se non negativa, e poi loro stessi copieranno il nostro modo di essere così “bacchettoni”.
Ma poi, ricordiamoci che il loro mondo è fatto di gioco e magia e quindi sarebbe un modo per parlare il loro linguaggio, per entrare nel loro mondo, senza pretendere anaffettivamente che obbediscano a ordini secchi perché “Si fa così e basta… Perché lo dico io e basta”.
Che idea passiamo della vita se non siamo capaci di ridere e di mantenere quella giocosità e leggerezza in cui loro vivono?
E comunque educare non significa mettere i musi o ricattare...

Luͧcͨiͥaͣ Goͦldͩoͦniͥ

16/08/2025

È impossibile rendere felice il partner.
Possiamo amarlo alla follia, rinunciare a tutto per lui, smuovere mari e monti per vederlo sorridere, per renderlo gioioso, ma se non riesce a combattere certi suoi draghi, la felicità non arriva dal nostro amore o da quello che facciamo per lui.
Quindi, non dimentichiamoci di noi nel rapporto di coppia, perché solo in questo modo diamo il permesso emotivo ed energetico anche all'altro di essere se stesso.
Altrimenti dovrà sforzarsi per essere come gli chiedete, dovrà ricambiarvi se fate le crocerossine, ma allora non c'è più verità, confronto, indipendenza, bensì una simbiosi oppressiva, con tutti i debiti che comporta.
Non accollatevi il compito di rendere felice il vostro partner, perché resterete deluse e frustrate.
Vi state comportando come con vostra madre, che avete cercato di rendere felice in tutti i modi (e continuate a farlo nel vostro campo morfico).
Dobbiamo prendere atto che noi non possiamo far felice nessuno.
Ognuno è responsabile di sé, che siano i genitori, il partner, gli amici.
Ognuno ha il suo cammino già scritto da percorrere e noi non dobbiamo interferire con il suo livello di consapevolezza e grado di risveglio e con la relazione che ha con se stesso nell’apprendimento delle lezioni che la sua anima sta imparando.
La felicità è una scelta molto personale, che non dipende dall'esterno ma dall'interno.
E allora non perdiamo tempo ed energie in cose che non ci spettano e ci portano fuori dal nostro sentiero.
É una presunzione dell’ego pensare di sapere cosa è meglio per gli altri.
Non riusciamo a conoscere i nostri demoni, figuriamoci quelli degli altri.
Occupiamoci di noi, diventiamo la nostra priorità: è una nostra responsabilità.
Dobbiamo occuparci di noi, perché lo scopo della vita è dare un senso alla nostra vita, non a quella degli altri.
Tutte le nostre energie devono andare nel cercare di rendere felici noi stessi, contro tutti i condizionamenti energetici e karmici che ce lo impediscono in questa dimensione dell’ombra.
Lo so che è difficile occuparci di noi stesse perché pensiamo di essere egoiste, ma è l'unica cosa che conta veramente nella vita, perché siamo il microcosmo che crea il macrocosmo, perché integriamo dentro e fuori di noi la lotta tra bene e male, perché siamo strumenti del disegno divino e il nostro significato esistenziale e spirituale è prioritario ai ruoli.
Questi servono per conoscerci e manifestarci, non per perderci.
E allora basta perdere tempo, inseguire falsi obiettivi.
Occupatevi di voi stesse, della relazione con voi e ogni giorno alla sera chiedetevi: “Oggi ho fatto abbastanza per me?” Ho creato armonia e pace nel mio regno interiore?
Solo così costruirete relazioni funzionali, pulite, sincere, vere anche con gli altri.
Da adulto ad adulto.

🄻🅄🄲🄸🄰 🄶🄾🄻🄳🄾🄽🄸

28/07/2025

La cosa più difficile è accettare di non essere state amate dai nostri genitori.
Li abbiamo idealizzati, abbiamo interpretato i loro comportamenti come gesti d'amore, abbiamo chiuso un occhio sui loro difetti, manie, maltrattamenti e li giustifichiamo in tutto, ci prendiamo persino le colpe, dicendo di essere state bambine difficili, impegnative.
Ma la verità è che loro non ci hanno nemmeno visto per quello che siamo.
Riconoscerlo fa parte del percorso di emancipazione e di evoluzione.
Loro non potevano farlo, per motivi energetici e spirituali.
Siamo su un pianeta-prigione dominato dal karma, qui non c'è amore incondizionato.
Riconoscere il vuoto che sentiamo in noi e dargli un nome fa malissimo.
Quel vuoto è l'incapacità dei nostri genitori di amarci.
Loro non conoscono il linguaggio dell'amore.
ma noi sì, noi siamo anime più evolute, noi siamo amore e se usciamo dal ruolo di figlie ferite e mancanti di amore, possiamo evolvere, possiamo procedere sul nostro cammino e darci il permesso di vivere perché siamo già complete, non ci manca niente.
Buttiamo via l'aspettativa e diventiamo noi i genitori di noi stesse che avremmo voluto.
Diamoci quell'amore che non abbiamo ricevuto.
Riconosciamo di non aver avuto quell'amore e quelle attenzioni che avrebbero alimentato la nostra anima.
Questo è il punto di arrivo e il punto di partenza.
Questo è legittimare la nostra felicità e scegliere l'amore contro ogni divieto.

ℒ𝓊𝒸𝒾𝒶 𝒢ℴ𝓁𝒹ℴ𝓃𝒾

Ci vuole coraggio.Cor-aggio: agio del cuore.È con la forza del cuore che invitiamo il nostro "disturbo" a tavola con noi...
28/07/2025

Ci vuole coraggio.
Cor-aggio: agio del cuore.
È con la forza del cuore che invitiamo il nostro "disturbo" a tavola con noi.

Cosa ci dice la Depressione ?
Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

20/07/2025

Nietzsche mi ha insegnato una lezione di vita fondamentale: "amor fati", l'amore per il proprio destino. Ad un certo punto della sua vita, Nietzsche concepì questa idea potente: qualunque sia il tuo destino, qualunque cosa accada, devi dire a te stesso: "Questo è ciò di cui ho bisogno." Anche quando tutto sembra andare storto, affronta ogni situazione come un'opportunità, una sfida da affrontare con amore e non con scoraggiamento. Portando amore in quei momenti difficili, scoprirai che la forza per affrontarli è già dentro di te Ogni disastro che superi diventa un miglioramento nel tuo carattere, nella tua statura e nella tua vita. Che privilegio incredibile! Ripensando al tuo passato, ti renderai conto che quei momenti che sembravano grandi fallimenti, seguiti dal caos, sono stati in realtà quelli che hanno plasmato la tua vita oggi. E ti renderai conto che è proprio così: non ti può succedere nulla che non abbia un lato positivo. Anche quando tutto sembra una crisi negativa, in realtà non lo è. La crisi ti costringe a reagire e, in quel momento di bisogno, emerge la tua forza interiore. -

🍎
Joseph Campbell

20/07/2025

Un figlio incarna determinate caratteristiche che attribuiamo al suo carattere ma la realtà più profonda è che quelle caratteristiche sono lo specchio dell'essere interiore dei genitori, appartengono ai genitori e il figlio gliele vuole far vedere.
Il compito spirituale dei figli, infatti, è proprio quello di farci vedere tutte le disarmonie energetiche che non abbiamo sanato, tutte le problematiche karmiche non risolte dentro di noi.
La vita è incredibile…
Noi genitori pensiamo di essere grandi e forti rispetto ad un figlio, che sembra bisognoso di tutto, ed invece lui ha una potenza energetica e spirituale inimmaginabili.
I figli ci fanno da specchio, ci fanno vedere il perché di tante nostre tristezze e malumori, il perché di comportamenti rigidi e meccanici, ci stimolano alla verità e all'essenzialità.
È il loro compito per i primi dodici anni. Poi nell'adolescenza cercano di riprendersi la vita in mano, cercano di “ribellarsi” a questo compito e di essere se stessi.
Ma il loro compito resta sempre di farci da specchio, perché noi genitori possiamo vederci, curarci, amarci.
Quindi loro ci amano non solo su un piano reale ma anche molto profondamente su un piano sottile e lottano per questo amore, lottano perché noi riusciamo ad aprire il nostro cuore, chiuso e nascosto dentro alla personalità della matrix.
I figli ci vogliono salvare da noi stessi, dal lato oscuro che ci opprime in questa terza/quarta dimensione...

𝑳𝒖𝒄𝒊𝒂 𝑮𝒐𝒍𝒅𝒐𝒏𝒊

19/06/2025

Un’aquila diede un consiglio a una donna su come crescere al meglio i propri figli.

— Stai bene, madre umana? — chiese l’aquila.
La donna, sorpresa, la guardò negli occhi.
— Ho paura — rispose —. Il mio bambino sta per nascere e ho così tanti dubbi. Voglio dargli il meglio, desidero che la sua vita sia facile e serena… ma come farò a sapere se lo sto crescendo nel modo giusto?

L’aquila la osservò in silenzio, poi si posò vicino a lei.
— Crescere un figlio non è semplice — disse. — Non si tratta di offrirgli una vita comoda. Anzi, spesso è proprio il contrario. Quando nascono i miei aquilotti, il nido è pieno di piume e foglie morbide: è un rifugio accogliente, dove possono sentirsi protetti. Ma quando arriva il momento di imparare a volare, tolgo tutto. Lascio solo i rami secchi e le spine.

La donna aggrottò la fronte, confusa.
— Le spine? Perché rendere tutto così difficile?

— Perché il disagio li sprona a cambiare — rispose l’aquila. — Se il nido resta comodo, loro non si muoveranno mai. Invece, il fastidio li costringe a cercare un nuovo posto, a scoprire la forza che hanno dentro. La comodità non insegna nulla.

La donna rifletté, ma aveva ancora dei dubbi.
— E quando cadono? Cosa fai?

— Li lancio nel vuoto — disse l’aquila con voce calma. — All’inizio precipitano, il vento li travolge. Ma io li raggiungo, li afferro con i miei artigli e li sollevo. Poi li lascio andare di nuovo. Ripeto questo gesto più volte, finché non trovano le ali. E quando finalmente riescono a volare, li lascio andare per davvero. Non intervengo più.

La donna la fissò, ancora incredula.
— Quindi non li proteggi sempre?

— No — rispose l’aquila con fermezza. — Non nutro la loro dipendenza. I miei piccoli devono imparare a volare da soli, a essere forti, a sopravvivere senza di me. Se li tenessi nel nido per sempre, non farei altro che indebolirli. Il mio compito è prepararli al volo, non trattenerli.

La donna abbassò lo sguardo, accarezzandosi il ventre.
— Dunque… devo lasciare che mio figlio affronti qualche difficoltà?

L’aquila annuì.
— Non si tratta di farlo soffrire. Si tratta di insegnargli. E anche se ti farà male, madre umana, la cosa più preziosa che puoi donargli è la forza. Non proteggerlo da tutto. Non coprirlo costantemente. Lascia che affronti il mondo. Fallo volare.

La donna annuì lentamente, guardò l’aquila con gratitudine e le sorrise.
— Grazie, madre aquila — sussurrò mentre si allontanava. — I tuoi consigli sono un dono.

Riprese il cammino, decisa a diventare la madre di cui suo figlio avrebbe avuto bisogno: saggia, coraggiosa, capace di lasciarlo andare al momento giusto.

Se vuoi che tuo figlio impari a volare alto… non fare tutto al posto suo.
Non trattenerlo in un nido di sole comodità.
Le aquile spingono i propri piccoli fuori dal nido, li costringono ad affrontare le spine, perché sanno che solo così scopriranno le proprie ali.

Non temere di vederli cadere. Come l’aquila, sarai lì per sollevarli.
Ma non tenerli sotto la tua ala per sempre.
Lasciali affrontare il vento. Lasciali diventare forti.

Il vero amore non è proteggerli da ogni difficoltà,
ma prepararli alla vita.
Anche se ciò significa lasciarli cadere.
Anche se fa male.

Lasciali trovare la loro strada.
Anche inciampando, anche sbagliando.
È così che si impara a volare.

16/06/2025

Ci sono tanti modi per prendere i figli: con le buone, con le cattive, con le minacce, con i ricatti, con i premi, con i sensi di colpa, con le promesse...
Credo che ognuno di noi abbia usato un po’ tutti questi metodi e molti di più (tanti inconsapevolmente) per far fronte alle situazioni più disparate e spesso “disperate” (!)
Ma c'è un metodo che ci dimentichiamo di usare e che sarebbe il più efficace di tutti: le COCCOLE.
Con le coccole noi non abbiamo bisogno di “prendere” i figli, con le coccole entriamo in un mondo dove non ci sono conflitti, né giudizi, né rivalità.
Con le coccole il nostro cuore si apre e accoglie i figli nell'amorevolezza, nell'accettazione e nel dialogo. Ci si relaziona su un piano affettivo dove tutto è più facile, pacato, sereno.
Ma soprattutto le coccole sono quello di cui i nostri figli hanno più bisogno: non di verità, teorie, massimi sistemi, non di soldi, regali, materialità ma semplicemente di... COCCOLE.
Se sapeste come cambia lo sguardo e l’energia di un ragazzo che riceve coccole da quello che non le riceve, rimarreste impressionati: il primo ha una luce negli occhi, un'espressione morbida del viso e nel modo di fare, che il secondo non ha.
Il primo ha una tranquillità interiore che si manifesta anche a livello fisico, nei movimenti gestiti con padronanza, mentre il secondo ha un tormento interiore che si vede anche negli scatti e nella frenesia esternata fisicamente.
Il primo è appagato, sicuro di sé, aperto alla vita, fiducioso e disponibile a imparare.
Il secondo è chiuso, lontano, impaurito, diffidente, infelice.
Ci sono tanti modi di prendere i ragazzi, ma non dimentichiamoci che sopra e prima di ogni cosa le coccole appianano ogni attrito, perché rappresentano il nostro tacito permesso per loro di essere quello che sono e di buttarsi con fiducia nel gioco della vita.

Luͧcͨiͥaͣ Goͦldͩoͦniͥ

16/06/2025

"Sentire che l'offesa del tuo nemico è stata in realtà voluta da te... questa è l'umiltà ardente di cui stiamo parlando. Questo è il sacrificio ultimo. Questo è il senso del porgere l’altra guancia. Questo è l’autentico potere. Ma quanto coraggio occorre per non aggredire lo specchio che riflette il nostro volto più oscuro? Quanti riescono a comprendere che la Forza cui anelano si sviluppa nel resistere alla tentazione di incolpare altri per le proprie sofferenze?
Tutti vogliono ottenere, ma pochi vogliono conquistare.
Ma nulla ci viene regalato."

🍎
Salvatore Brizzi - Il libro di Draco Daatson (Il regno del fuoco)

21/04/2025

"Quasi sempre, noi non incontriamo gli altri,
ma le opinioni che abbiamo su di loro;
non incontriamo le loro visioni
ma la nostra reazione alle loro visioni,
non usciamo quasi mai dallo schema
della ragione e del torto.
Perdere questa fissità trasforma
ogni secondo della vita".

C.Livia.Candiani

14/04/2025

“Io con i miei figli faccio l'opposto di quello che mia madre ha fatto con me...”
Male!
Così non vedi i tuoi figli ma li usi per soddisfare i tuoi bisogni interiori.
La frase sopra-riportata rivela che sei ancora figlia, che hai ancora il riferimento dei tuoi genitori, che non sei collegata al tuo cuore e al tuo sentire, che fai l’opposto perché mantieni quei criteri, quei punti di riferimento e pensi di ricevere così quello che non hai ricevuto da bambina.
Sei nelle dinamiche sottili del lato oscuro che continua il karma (l'opposto è uguale, non c'è libertà di scelta).
Sei nell’ego: non liberi i figli ma pensi di liberare te attraverso di loro, vedi solo te e i tuoi genitori.
Non sei nell’adulto che osserva i bambini e si relaziona di conseguenza.
Sei nella bambina che ancora soffre per quelle modalità che ha ricevuto e vive per sanare quelle sofferenze.
Bisogna proprio liberarsi da questo condizionamento.
Bisogna vedere le ferite e le disarmonie che quel trattamento ha creato in noi, dobbiamo noi trattare noi stesse al contrario, dandoci quello che ci è mancato, per rompere definitivamente questo incantesimo al negativo.
Allora riuscirò ad essere un genitore obiettivo, presente, adulto, attento e responsabile.
Altrimenti uso modalità che non servono ai figli, pensando di soddisfare i loro bisogni, creo simbiosi energetiche disfunzionali, bloccanti, continuo a passare il karma, anche se penso di fare il contrario.
Se mi occupo di me interiormente, di tagliare il cordone ombelicale con le dinamiche dei primi 12 anni, riesco a mantenere un rapporto coi figli tra persone diverse e distinte, unite da un amore pulito e non condizionato dalle mie ferite e conseguenti proiezioni.
Con loro non devo fare il contrario a mia madre, ma adeguare la genitorialità alle esigenze oggettive, del momento, essere presente alle dinamiche contingenti.
Altrimenti resto nel passato.
Dire quella frase, quindi, significa che io rispondo sempre a mia madre, in obbedienza o disobbedienza, energeticamente è la stessa cosa: non sono libera, non sono me.
La mia genitorialità deve venirmi dal cuore, né dalla copiatura né dall’opposto di mia madre, altrimenti non è una sana genitorialità.

L̲u̲c̲i̲a̲ G̲o̲l̲d̲o̲n̲i̲

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Thiene

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