07/07/2024
Quando non sei stato amato da piccolo, il minimo che ti può capitare è di non sapere chi sei, cosa vuoi, e quale valore hai.
Ecco perché le persone, pur avendo tutto, mi confidano di sentirsi insoddisfatte, frustrate, incomprese, e magari in colpa.
Molte di loro vagano per il mondo facendo progetti, avviando imprese, ponendosi degli obiettivi ambiziosi.
Sembrano felici: ma in realtà, nel profondo, questi sforzi sono il sintomo del fatto che si sentono tremendamente sole e inappagate.
Quando non siamo stati riconosciuti e amati per quello che eravamo, cerchiamo di dimostrare agli altri e a noi stessi di valere qualcosa, per tutta la vita.
E tuttavia, questo sforzo finisce solo per esaurirci, per svuotarci, e farci sentire ancora più soli e vulnerabili.
Tutto questo accade perché cerchiamo di colmare quella mancanza originaria sovraimponendo un azione, un fare, a un sentire, a qualcosa che ha a che fare invece con l'essere.
Quando c'è una mancanza ontologica di fondo come quella della mancanza di amore e di riconoscimento (e vi garantisco che tutti ce l'abbiamo), non possiamo fuggire da tale vuoto sforzandoci di dimostrare che siamo pieni, che siamo ricchi, felici o soddisfatti, facendo "cose".
Perché non funziona.
Facendo questo allarghiamo ancora di più la forbice dentro di noi.
Ci spacchiamo interiormente fino ad arrivare alla situazione paradossale per cui apparentemente abbiamo una vita completa, da tutti i punti di vista, ma continua ad abitare in noi un tarlo che ci dice che ci manca sempre qualcosa per essere ok.
Lo sguardo amorevole di una madre o di un padre non può essere sostituito da niente, se non dal nostro stesso sguardo compassionevole su noi stessi e sul nostro dolore originario.
Quello che possiamo fare è dunque accogliere la nostra vulnerabilità, cercare di darci un valore e un sostegno da soli, attraverso un lavoro sulla presenza capace di farci apprezzare quello che siamo stati e quello che siamo ora, in questo momento.
Permanere più a lungo possibile nella nostra fragilità ci aiuta a diventare tolleranti nei confronti di quello che ci ha ferito e, di fatto, ci rende più forti.
Non cercate di dimostrare qualcosa a voi stessi per nascondere le vostre debolezze, ma affrontate le vostre debolezze abbandonandovi pienamente alla paura.
Quando scoprirete di poter sopravvivere, ne uscirete rinnovati.
Omar Montecchiani