25/11/2025
Scusami se non sono fuggita al primo segnale, se agli occhi del mondo ho dato l’impressione di restare per scelta e non per sopravvivenza.
Scusami se qualcuno ha creduto che avessi barattato la pelle con un po’ di compagnia,
come se il dolore potesse essere un compromesso sensato.
Scusami se sono cresciuta in una terra dove alle donne insegnano a chiedere perdono anche per ciò che subiscono, dove l’amore si confonde con l’obbedienza
e il rispetto con la rinuncia.
Scusami se ho cercato dentro di me
la colpa che non avevo, come se ogni suo scoppio di rabbia fosse un refuso della mia carne.
Scusami per la paura della solitudine,
quella che a volte sembra più feroce dei lividi, più buia delle notti insonni.
Per le volte in cui ho creduto di meritare solo briciole, come se non meritassi una tavola imbandita.
Scusami se ho creduto che l’amore fosse un sacrificio silenzioso, una preghiera di resistenza tramandata da madre in figlia,
da storia a storia, da cultura a cultura.
Non ero fragile:
ero stata educata a portare pesi che non mi appartenevano.
Oggi posso vedere:
la violenza non comincia da un gesto,
ma da un’idea.
Un’idea che si annida nelle parole,
nelle fiabe che ci raccontano,
nei modelli che ci mostrano,
nei “sopporta”, “comprendi”, “non farlo arrabbiare”.
Non ero cieca.
Ero immersa in un’ombra antica,
una storia scritta molto prima di me.
E adesso che la vedo
posso finalmente scioglierla.
Ti prometto che
non ti chiederò più “perché non sei andata via?”.
Ti chiederò soltanto:
“come posso proteggerti, adesso?”.
E questa volta, amore mio,
sarò io a restare.