Dott.ssa Ilaria Bracuti Monaco - Psicoterapeuta

Dott.ssa Ilaria Bracuti Monaco - Psicoterapeuta Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Dott.ssa Ilaria Bracuti Monaco - Psicoterapeuta, Psicoterapeuta, Via delle perle 16, Torre del Greco.

🖼 Psicologa Clinica
🛋 Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale presso Istituto di Psicoterapia Relazionale
Psicoterapia individuale, coppia e famiglia 🌈
📍Torre del Greco, via Circumvallazione 44/a

Con il gruppo delle Falconi 15, parlavamo di cosa significhi fidarsi.Non “fidarsi con riserva”, cioè restando sempre in ...
15/09/2025

Con il gruppo delle Falconi 15, parlavamo di cosa significhi fidarsi.
Non “fidarsi con riserva”, cioè restando sempre in guardia, nel sospetto, nel timore di essere feriti.
Ma fidarsi davvero.

Vuol dire accogliere che l’altro, a volte, potrà farmi soffrire.
Vuol dire sapere che delusione, rabbia, tristezza troveranno spazio
e che non sarà la fine del mondo, ma parte di esso.

È la nostra umanità fragile e legittima, che si incrina e si ricompone.
È la consapevolezza che la sofferenza, nelle relazioni, non è un incidente da evitare a ogni costo, ma un rischio inevitabile se vogliamo incontrarci davvero.

Così, fidarsi è un atto di coraggio:
Scegliere l’altro, anche quando non possiamo proteggerci da tutto.
Perché senza quel rischio, non ci sarebbe incontro.

Fidarsi non è proteggersi dal dolore,
ma credere che dentro il dolore ci sia ancora la possibilità di vita,
e dentro la vita, la possibilità di amore.

Darsi la possibilità di “non fare” è una competenza che riguarda la capacità di saper riconoscere quando un’azione aggiu...
08/09/2025

Darsi la possibilità di “non fare” è una competenza che riguarda la capacità di saper riconoscere quando un’azione aggiunge rumore, è scegliere una pausa per ricontattare il valore.

È capire che dalle sabbie mobili si esce con movimenti lenti e pensati, non agitandosi e sgomitando guidati dal panico.
A volte ci sembra che agire le nostre emozioni, “fare” per risolvere, sia l’unica via d’accesso alla sopravvivenza.

Quello che ci guida, però, è un meccanismo di difesa arcaico che punta allo scarico dell’ansia e dell’angoscia. È l’illusione del controllo sull’incontrollabile.

Quando sospendiamo, non perdiamo tempo: lo stiamo creando—spazio dove ascoltare, distinguere, orientarsi.

Il non fare è un ponte: dall’impulso alla scelta.
Nel mezzo, la vita si mette a fuoco

Che possiate portarvi un po’ di agosto in questo settembre e nei mesi a ve**re, nei singoli giorni, che agosto sia nella...
02/09/2025

Che possiate portarvi un po’ di agosto in questo settembre e nei mesi a ve**re, nei singoli giorni, che agosto sia nella risata che vi fa perdere il fiato, il quello sguardo all’ orologio che fa esclamare “il tempo è volato!”, nella speranza che tutto andrà bene.
Che agosto sia quella riunione disdetta all’ultimo che vi consente di uscire prima da lavoro, l’orecchino che credevate di aver perso e invece è finito sotto al divano, quei pomeriggi di dicembre in cui non fa troppo freddo per andare a mangiare un gelato.
Che sia Agosto quando il treno arriva con due minuti di anticipo a destinazione, quando esultate per il vostro sport preferito, quando il plumcake ha effettivamente le gocce di cioccolato e non l’uva passa.
Che ci sia un po’ di Agosto in tutti i vostri giorni.

Nel primo episodio di Un raggio di sole al giorno viene raccontato, attraverso gli occhi della protagonista, infermiera ...
06/08/2025

Nel primo episodio di Un raggio di sole al giorno viene raccontato, attraverso gli occhi della protagonista, infermiera in un reparto psichiatrico, il rapporto tra Oh Ri-na (affetta da disturbo bipolare e ricoverata a seguito di un episodio maniacale) e sua madre.
Ci viene presentata una madre spaventata maggiormente dallo stigma della malattia mentale piuttosto che dallo stato emotivo della figlia, e dall’altra parte una donna di quarant’anni non in grado di capire chi sia, cosa desideri realmente.
Nel racconto Oh Ri-na è invischiata in un rapporto di dipendenza dalla madre che ha sempre scelto per lei, plasmandone desideri e bisogni con l’intento di indirizzarla verso ciò che riteneva più giusto: una buona formazione, una buona immagine esteriore, un buon matrimonio.
In questa tessitura ideale, però, Oh Ri-na ha perso di vista se stessa, soffocata dalle cure non richieste, da aspettative silenziose, da amore che si traduce in controllo.
Eppure la madre non riesce a starci antipatica, poiché ci sembra agire nelle migliori intenzioni, nella legittima preoccupazione materna che la figlia abbia la miglior vita possibile.
Dove sta, quindi, il bug? L’errore del sistema?
Khalil Gibran ci dice che i genitori sono l’arco che scaglia i figli verso il domani.
Mi sembra, quindi, l’illusione stia nel credere di poter controllare il tragitto della freccia.
Oh Ri-na compie il suo scatto evolutivo quando riesce a dar voce ai propri desideri andando contro le aspettative materne, generando una crisi del sistema ed un suo naturale aggiustamento quando la madre accoglie, contiene e riformula.
Una situazione ideale, insomma, ma non sempre è così. Cosa fare, dunque, quando l’affermazione del Sè genera un conflitto insanabile?
Elaborare il senso di colpa capendo che diventare adulti, spesso se non sempre, vuole dire potersi concedere di deludere l’altro.
Sopravvivendo tutti.

Non sempre il dolore è di uno solo,A volte il dolore è “tra”.È nell’organismo vivente che è la relazione, che si nutre d...
04/06/2025

Non sempre il dolore è di uno solo,
A volte il dolore è “tra”.
È nell’organismo vivente che è la relazione, che si nutre di sguardi, parole, gesti quotidiani, che può ammalarsi, ma può anche cambiare se ascoltata.

A volte oltre a guardarsi dentro bisogna guardarsi “insieme”, nelle incomprensioni e nei non detti, nelle aspettative deluse, nei progetti abbandonati, nelle differenze che diventano ostacoli, nella co-dipendenza che non ci permette di accettare che per evolvere bisogna separarsi.

La terapia di coppia aiuta a creare quello spazio terzo, dove l’impensabile diventa pensabile, non stabilisce un vincitore, non dà ragione o torto, ma esplora le distanze e da voce al “noi”.
E ascolta, ascolta l’amore che non sa più parlare, ascolta i muri di silenzi costruiti con il peso della paura, ascolta l’eco di una voce che cerca l’altro senza più trovarlo, ascolta i bisogni mai confessati, le dinamiche che si ripetono uguali a se stesse, i segreti inconfessabili che crediamo facciano meno danni rimanendo tali.
Dona un tempo condiviso in cui imparare a nominare ciò che accade, a conoscersi di nuovo o a separarsi con rispetto e gratitudine.
La terapia di coppia non è una resa.
È un atto di cura.

Le isole di un arcipelago sono connesse.Anche se ognuna ha la sua formaAnche se circondate dal mareAnche se nessuna barc...
15/05/2025

Le isole di un arcipelago sono connesse.
Anche se ognuna ha la sua forma
Anche se circondate dal mare
Anche se nessuna barca si muove da una sponda all’altra.
Le isole di un arcipelago sono connesse dalla stessa natura, dalla stessa radice, da un fondale che le tiene insieme anche se non lo sanno, anche se non se lo dicono.

E cosí sono certe famiglie che appaiono senza legami, con ogni membro isolato su un fazzoletto di terra circondato da un mare di silenzi, di abitudini, di non detti e distanze.
Ma sotto la superficie, per l’occhio e il cuore di chi si dispone all’ascolto, ci sono ferite simili, emozioni che si assomigliano, gesti che si ripetono da generazioni.
C’è forse la stessa paura di ferirsi e lo stesso imbarazzo nel condividere le parti più intime di sè, c’è quella convinzione interiorizzata di dover affrontare il proprio dolore senza pesare sull’altro, c’è la sfiducia nel poter essere compresi, c’è forse quell’abitudine data dal “si è sempre fatto così”.

Le famiglie arcipelago non sono famiglie senza legami, sono famiglie che hanno bisogno di qualcuno che le accompagni a conoscere quel fondale, a scoprire i lembi di terra che le tengono insieme, a costruire zattere e ponti a riscoprirsi nome collettivo.

(In foto Ahuriri Flat, Nuova Zelanda, un posto che sono rimasta a guardare per infiniti minuti immaginando varie storie sui membri di questa famiglia/arcipelago)

Secondo ed ultimo incontro con i ragazzi della 2B e 2M del Liceo Classico De Bottis di Torre del Greco. Chi mi conosce s...
04/02/2025

Secondo ed ultimo incontro con i ragazzi della 2B e 2M del Liceo Classico De Bottis di Torre del Greco.
Chi mi conosce sa che benché la mia area di intervento clinico sia quella dei giovani adulti/adulti, la mia passione per l’età dell’adolescenza mi accompagna da sempre.
Cerco di coltivare il rapporto con questa specifica epoca di crescita attraverso il lavoro nelle scuole e il mi da ogni anno la possibilità di farlo attraverso il progetto di beneficenza BADEMA.
Perché l’adolescenza? Perché nella mia storia personale ha avuto un ruolo imprescindibile, perché non lo dimentico mai di essere stata adolescente, perché conservo quel pezzo dentro di me e me ne nutro con amore e gratitudine.
Perché può essere un inferno, perché è complessa, perché non viene mai guardata davvero da dentro. Perché riempiamo le bacheche di progetti, perché gli adulti pensano di sapere cosa serva e si arrogano il diritto di pensare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato mentre si dimenticano di quando loro stessi hanno attraversato questa fase.
Allora mi arricchisco del dialogo con loro, chiedo a loro cosa sia giusto e cosa non lo sia, quali siano i loro bisogni e desideri e costruiamo insieme un dialogo nel quale principalmente sono io che imparo.
Ho scelto insieme al Rotaract di regalare loro “Il giovane Holden” uno dei miei libri preferiti, estremamente significativo per me al quale sono legata affettivamente nel profondo.
L’ho scelto perché ha dentro tutto e perché è di un’attualità disarmante.
Grazie per questa mattinata, per esserci stati con passione e presenza, per le risate, le lacrime e gli abbracci. Siete un bene preziosissimo!

Nutriamo un profondo bisogno di sentirci utili in relazione. Rischiamo di sostituirci, diventare protesi e anestetico, p...
30/01/2025

Nutriamo un profondo bisogno di sentirci utili in relazione.
Rischiamo di sostituirci, diventare protesi e anestetico, prolungamento e cura.
Non si tratta solo di fare qualcosa per l’altro ma sentirsi riconosciuti nel proprio ruolo e apprezzati nel nostro valore, di sentirci necessari e insostituibili.
Fare i conti con l’ipotesi che l’altro senza di noi sopravviva ugualmente è, per quanto razionale e logico, estremamente difficile da accettare.
Se non ti sono necessariə per cosa mi ami?
È possibile mai che tu ami me poiché solo esisto? Perché sono io e basta? Perché sono presenza e senza sforzo, senza sbracciarmi, senza abnegazione io vivo e lo faccio tenendoti per mano?
Ci sembra inverosimile.
Ci sembra inverosimile poiché mai nessuno, forse, ci ha detto che esistere era abbastanza, che essere noi era abbastanza, che siamo amabili e meritevoli di stima esattamente così come siamo.
Perché, forse ancora, siamo abituati a dover impegnarci per essere visti a dover meritare l’affetto.
“Guarda come sono bravə!”, urliamo mentre con immensa fatica proviamo a farci spazio nella vita dell’altrə e spesso strafacciamo e sconfiniamo e l’altro nemmeno esiste più.
Esistiamo noi e i nostri esigenti genitori interni ai quali dimostrare che sono un* bravə bambinə.
Stiamo nell’impotenza, nel NON fare, sperimentiamo la presenza, il riposo, l’esistere per esistere. Impariamo a farci amare stanchə e indifesə, disarmatə e sconfittə.
Lasciamoci amare nella resa e nell’arrendevolezza che lì, poi, si ama davvero.

Indirizzo

Via Delle Perle 16
Torre Del Greco
80059

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Dott.ssa Ilaria Bracuti Monaco - Psicoterapeuta pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi

Share on Facebook Share on Twitter Share on LinkedIn
Share on Pinterest Share on Reddit Share via Email
Share on WhatsApp Share on Instagram Share on Telegram

Digitare