
07/04/2025
Il posto più a Sud della Svezia, una distesa bianca eterea di mare e di sassi, una solitudine che si fa spazio immenso, il vento gelido sul viso, l'odore salmastre e un silenzio perfetto rotto solo dalle onde del mare e dai versi dei gabbiani in volo. Per me, il connubio perfetto di e . La calma assoluta.
Quando al corso di formazione di abbiamo sperimentato il posto al sicuro, non ho avuto dubbi: ero lì.
Sono stati mesi di continue evoluzioni esterne e interne: a dicembre ho lasciato il lavoro al consultorio, dopo 3 anni che mi hanno fatta crescere professionalmente e umanamente, a gennaio c'è stata l'ultima settimana intensiva del Sé a scuola di psicoterapia (che se penso a come eravamo tutte il primo anno, non trovo le parole per descrivere quanto tutto questo ci abbia cambiate, a quanto sia una delle relazioni più trasformative di tutta la mia e devo prepararmi alla fine), da novembre ho uno sportello scolastico in una primaria, in ogni momento da ogni colloquio ho raccolto qualche domanda nuova da farmi e da fare e un po' di risposte. E tanta altra vita, tantissima relazione.
É da tempo che avrei voluto condividere tutto questo, ma non ci riuscivo.
Pensieri veloci, elaborazione lenta ma quasi istantanea, per me é sempre stato così quando si tratta di conoscermi. C'è voluto del tempo ma ho capito perché non riuscivo a condividerlo: non sentivo di avere lo spazio. Troppo intenso dentro di me e troppa stimolazione fuori da me, qui.
I social sono diventati un luogo che frequento ma a volte un po' soffro, come quei posti caotici, sovraffollati e iperstimolanti dove tutti urlano uno sopra l'altro e vieni spinto senza cura alcuna. É uno spazio che sento sempre più pieno e in cui mi sento sempre più stretta. Dalle immagini si é passati ai video sempre più veloci, alle canzoni ovunque come se non bastassero più le parole e le immagini.
Sono molto consapevole dello spazio che occupa la mia voce e a volte temo quasi di invadere con quella presenza; allora, quando lo spazio é già pieno, cerco di occuparne il meno possibile e taccio.
C'é bisogno di silenzio.
Per poter ascoltare e ascoltarsi.
E concedersi di avere una voce.
E quando c'è rumore, come si può ascoltare?
Come ci si può ascoltare?
Come si può parlare?
C'è una gran paura del silenzio, di quello che fa sentire. Eppure, a me continua a fare più paura il rumore, che sovrasta, che soffoca.
Allora, appena posso, mi concedo il silenzio. E torno alla calma. Chiudo gli occhi e sono di nuovo lì.
Se sei arrivato fin qui a leggere, spero di averti concesso una pausa di silenzio, in cui ascoltare e magari anche ascoltarti.