30/07/2024
MALATTIE AUTOIMMUNI E VITAMINA D: IL MATRIMONIO NON RICONOSCIUTO
Da decine di anni ormai è noto il ruolo che la vitamina D, ops ORMONE D, doppio-ops COLECALCIFEROLO (per i più raffinati) ha sull'apparato osseo e l'importanza che ha nel regolare l'omeostasi del calcio/fosforo.
Questo al netto dei molti Tacchini Ignoranti.
Andiamo avanti.
La vitamina D svolge un ruolo cardine nella regolazione del sistema immunitario e, a livello epigenetico (ovvero può influenzare l'espressione genica di alcuni geni, diverse centinaia) determina cambiamenti che possono essere trasmessi anche alla prole.
Gli alfieri del sistema immunitario, ad esempio i linfociti T, hanno bisogno di un generale che li guidi al meglio durante la battaglia, per poter vincere la guerra.
Quando il generale è assente o il sostituto è un semplice maresciallo, che non ha mai messo piede su un campo di battaglia, le probabilità di uscirne sconfitti è molto alta.
Ebbene, la vitamina D è per il sistema immunitario quello che Giulio Cesare è stato per l'Impero Romano.
Oltre al suo ruolo nell'omeostasi del calcio, la forma attiva della vitamina D ha effetti immunomodulatori sulle cellule del sistema immunitario, in particolare i linfociti T, nonché sulla produzione e l'azione di numerose citochine.
L'interazione della vitamina D con il sistema immunitario è stata oggetto di un numero crescente di pubblicazioni negli ultimi anni.
Studi attuali hanno collegato la carenza di vitamina D con diverse malattie autoimmuni, tra cui diabete mellito insulino-dipendente (IDDM), sclerosi multipla (SM), malattia infiammatoria intestinale (IBD), lupus eritematoso sistemico (LES) e artrite reumatoide (RA).
La vitamina D è un ormone steroideo (prodotto a partire dal colesterolo) la cui funzione principale è la regolazione dell'omeostasi del calcio e la formazione e il riassorbimento osseo attraverso l'interazione con le ghiandole paratiroidi, i reni e l'intestino.
Sono state riconosciute azioni non calcemiche della vitamina D mediate dal suo recettore (VDR), come la proliferazione e il differenziamento cellulare, oltre all'immunomodulazione.
Il recettore della vitamina D è ampiamente espresso nella maggior parte delle cellule immunitarie, inclusi monociti, macrofagi, cellule dendritiche, cellule NK e linfociti T e B.
È stato suggerito che la vitamina D e i suoi analoghi non solo prevengono lo sviluppo di malattie autoimmuni, ma potrebbero anche essere utilizzati nel loro trattamento.
L'integrazione di vitamina D si è dimostrata terapeuticamente efficace in diversi modelli animali sperimentali, come l'encefalomielite allergica, l'artrite indotta dal collagene, il diabete mellito di tipo 1, la malattia infiammatoria intestinale, la tiroidite autoimmune e il LES.
Bassi livelli sierici di vitamina D potrebbero anche essere correlati a fattori diversi da quelli nutrizionali, come la riduzione della capacità fisica, la diminuzione dell'esposizione alla luce solare, l'aumento della frequenza dei polimorfismi dei geni VDR e gli effetti collaterali dei farmaci.
Non è infrequente trovare un valore basso o molto basso in una persona con una o più patologie autoimmuni e l'approccio "convenzionale", se tutto va bene, consiste nel somministrare misere dosi settimanali, viceversa, le persone vengono liquidate con la classica fialetta mensile.
Andrebbe anche bene se non conoscessimo la biochimica, la fisiologia, l'immunologia e la matematica (eh sì, più o meno ogni 24/36h la vitamina D di dimezza).
Vogliamo salvarci dai TACCHINI IGNORANTI?
Bene, facciamoli al forno con le patate (americane)... e buon appetito!
Condividi con forza
https://www.scielo.br/scielo.php?pid=S0482-50042010000100007&script=sci_arttext&tlng=en #:~:text=Current%20studies%20have%20linked%20the,and%20rheumatoid%20arthritis%20(RA).