Dott.ssa Monica Pagano - Biologa Nutrizionista

Dott.ssa Monica Pagano - Biologa Nutrizionista Ti affianco nel tuo percorso, mettendoti sempre al centro delle scelte alimentari, bilanciando la tu

Mi occupo di EDUCAZIONE ALIMENTARE, VALUTAZIONE della COMPOSIZIONE CORPOREA e dello stato nutrizionale, oltre che mediante ESAME ANTROPOMETRICO, anche mediante ESAME BIOIMPEDENZIOMETRICO e ADIPOMETRICO. Inoltre mi occupo dell' elaborazione di PIANI ALIMENTARI PERSONALIZZATI per soggetti con sovrappeso, obesità, diabete, ipertensione, cardiopatie, ipercolesterolemia, dislipidemie, steatosi epatica,

sindrome dell'ovaio policistico, calcolosi ...

Elaboro piani alimentari anche per soggetti allergici ed intolleranti, sportivi, donne in gravidanza, allattamento e menopausa. Inoltre mi occupo di nutrizione e alimentazione nell'ambito della PREVENZIONE di malattie, come quelle dell'apparato cardiocircolatorio, parkinson, infezioni dell'apparato urinario, calcolosi ...

"Posso mangiare biscotti se ne ho voglia?""Se ne mangio uno poi non la smetto più, allora evito!"Queste sono alcune dell...
30/07/2025

"Posso mangiare biscotti se ne ho voglia?"
"Se ne mangio uno poi non la smetto più, allora evito!"
Queste sono alcune delle espressioni più comuni che mi vengono riferite.

È normale avere questo dubbio o questo timore: sono frutto di un vissuto di diete, regole imposte (spesso sin dall'infanzia) e privazioni (anche queste spesso sono dall'infanzia).
Certo, la cultura della dieta in cui siamo immersi rinforza le credenze che ne conseguono e tutto può portare la persona ad:
- avere dei giudizi sul cibo, che viene categorizzato in cibo salutare e cibo spazzatura
- avere difficoltà a comprendere e legittimare la fame come un bisogno fisiologico
- avere difficoltà a legittimare anche il senso di piacere, che è normale e anch'esso fisiologico.

La persona quindi nel tempo perde la sua capacità di autoregolarsi (nelle porzioni) e spesso subisce anche un'alterazione del desiderio (non riconosce più cosa desidera mangiare).

Di qui la richiesta più comune di un piano alimentare, di una dieta, di uno schema, che faccia sentire la persona controllata (spesso per l'ennesima volta) e al sicuro, grazie alle specifiche contenute su cosa, quanto e quando mangiare.

Ecco il mio compito: insegnare alla persona a riscoprire e riaffidarsi al suo innato senso di autoregolazione e rassicurarla rispetto alla possibilità (anzi, dovere!🙂) di mangiare ciò che si desidera, perché è naturale e importante provare piacere attraverso l'esperienza del pasto.

Si lavora dunque insieme "smontando" alcune credenze per (ri)dare voce ai propri bisogni personali, ai propri gusti e preferenze alimentari.
Si costruiscono passo dopo passo abitudini alimentari che includono il consumo anche di quegli "alimenti proibiti", scoprendo che nessun cibo merita di essere vietato e che anche quello definito spazzatura ha una sua dignità e va mangiato senza alcun senso di colpa.

La persona al centro, sempre. 💜

Hai mai sentito parlare di Educazione Terapeutica?È un modello di cura per le malattie croniche promosso dall'organizzaz...
24/07/2025

Hai mai sentito parlare di Educazione Terapeutica?

È un modello di cura per le malattie croniche promosso dall'organizzazione Mondiale della Sanità.

È un processo di apprendimento, appunto di educazione, strutturato e centrato sulla persona portatrice di una malattia cronica, come diabete, psoriasi, tiroidite di hascimoto, disturbo alimentare, obesità, e tutte quelle condizioni patologiche con cui un paziente che ne ha subito diagnosi dovrà imparare a convivere per molti anni, se non a vita (a livelli di intensità variabili).

Fare educazione terapeutica infatti vuol dire migliorare le conoscenze della persona in riferimento al suo disturbo, attraverso una serie di incontri mirati ad approfondire il significato della patologia e il suo funzionamento. Ciò permette al paziente di sviluppare nel tempo le abilità necessarie per gestire il problema e le situazioni critiche.

Quello che accade nel mio spazio di cura è proprio questo: lavoro con la persona per far aumentare la sua consapevolezza.
In questo modo sarà molto più semplice, chiaro e spontaneo il miglioramento della qualità della vita e il benessere psicofisico.

Il paziente quindi non è più un "caso clinico", ma una persona che ha un ruolo attivo nel suo percorso di cura.

Ci si basa su 3 principi:
1. Siamo tutti in grado di imparare
2. La persona è al centro
3. Rispetto per la persona e per la libertà di scelta (scelta che diventa consapevole ad es degli alimenti da consumare)

Questo modello di cura ovviamente non vuole sostituirsi ai trattamenti medici spesso richiesti e utili per la gestione di una malattia cronica, ma si affianca a questi e li facilita, perché il paziente grazie all'educazione terapeutica ha più consapevolezza e quindi più interesse ad aderire ad eventuali terapie farmacologiche.

La persona al centro, sempre. 💜

Tanti fogli sul tavolo di lavoro, due sedie davanti a me, una bilancia sullo sfondo e poco oltre una chiara fonte di luc...
23/07/2025

Tanti fogli sul tavolo di lavoro, due sedie davanti a me, una bilancia sullo sfondo e poco oltre una chiara fonte di luce.

Questa foto è rappresentativa di quello che giornalmente accade in questo ambulatorio, che a me piace chiamare spazio di cura e definire anche spazio sicuro.

Ogni giorno io accolgo almeno una persona, che oltre a portare sè stessa porta anche qualcun'altro con sé, di cui spesso non avverte la presenza: un disturbo o un disordine alimentare.

Ecco il significato simbolico per me delle due sedie: su di una si accomoda la persona, che inizialmente fonde la sua identità con quella del disturbo/disordine alimentare. Inizialmente occupano la stessa sedia.

Poi pian piano si lavora per far riconoscere alla persona la sua reale identità e funzionamento e per far comprendere che può prendere le distanze dal disturbo/ disordine alimentare in cui fino a poco prima lei si era identificata.
Ecco che gradualmente, e finalmente, le due entità si separano e "ognuno" occupa la sua sedia, rimanendo entrambe oggetto di terapia.

Il lavoro che si fa (una parte) è rappresentato da tutti quei fogli distribuiti sulla scrivania: sono degli scritti elaborati talvolta insieme e talvolta in separata sede e poi commentati insieme. Scrivere nero su bianco è parte importante e necessaria della Terapia.

Il mio approccio di lavoro non è pesocentrico, ciò vuol dire che non è focalizzato unicamente sul peso. La bilancia infatti per un pò, dopo un'iniziale
e attenta valutazione dello stato nutrizionale della persona, viene messa da parte (è sullo sfondo, non in primo piano).

Questo mi permette di vedere più chiaro ciò che altrimenti rischierebbe di sfuggire in primis a me professionista sanitario, se avessi lo zoom attivo su questo aspetto a svantaggio di altri comunque e ugualmente correlati al benessere della persona.

Il percorso può sembrare lungo e faticoso talvolta, ma è sicuro che porta alla luce, che rappresenta la consapevolezza di sé stessi e del proprio problema e quindi la risoluzione di quest'ultimo.

L'impegno paga sempre.💜

Da nutrizionista sento di avere il compito di comprendere come la persona che ho di fronte è  abituata a mangiare. E non...
09/07/2025

Da nutrizionista sento di avere il compito di comprendere come la persona che ho di fronte è abituata a mangiare. E non mi riferisco solo alla posizione che assume durante il pasto, a dove lo consuma e la velocità con cui mastica (aspetti comunque importantissimi). In questi 9 anni di esperienza lavorativa in cui ho ascoltato centinaia di storie di vita diverse e ho seguito decine di corsi di aggiornamento, mi sono resa conto di quanto sia utile soffermarsi sulla connessione EMOZIONI-CIBO.
Non possiamo negare che c'è ed è normale che ci sia.
Un cibo, un piatto specifico possono ad esempio essere associati ad un ricordo d'infanzia e il loro sapore, profumo possono rimandarci ad un momento di vita vissuta e farci provare quindi un'emozione piacevole.
Questo non rappresenta un problema.
Neanche quando mangiamo un alimento specifico perché siamo particolarmente felici: è sufficiente una porzione adeguata a renderci soddisfatti e appagati.
Tutto questo è naturale.
Il legame cibo-emozioni diventa disfunzionale quando:
- usiamo sempre il cibo per gestire le emozioni (es. Mangiamo ogni volta che ci sentiamo annoiat*, perché non sappiamo cos'altro fare)
- mangiamo, in connessione con emozioni fino a sentirci spiacevolmente sazi (non rispetto il mio limite di sazietà).
È mio compito indagare quanto stretto è il legame cibo-emozioni nella vita della persona che ho di fronte e spiegarle quanto questo può essere disfunzionale.
Quando quest'aspetto merita di essere curato, dopo essere stato approfondito, può essere necessario aiutare la persona a riconoscere le emozioni, a dargli un nome. Questo le permetterà quindi di riconoscerle finalmente e di comprendere a quali emozioni associa quali cibi e quindi a me professionista di conoscere meglio il suo comportamento alimentare. In un secondo momento si andranno a scoprire insieme a lei/lui gli strumenti utili per gestire e accogliere le emozioni in causa.
Ecco che al centro di una modalità di lavoro non prescrittiva, non c'è semplicemente un corpo con i suoi fabbisogni nutrizionali, ma la persona, che oltre ad avere un fabbisogno nutrizionale è come se avesse un *fabbisogno emotivo* da riconoscere e soddisfare. 💜

Le App contacalorie: utili?Che la società in cui viviamo oggi metta al centro l'apparire perfett* a tutti costi, è ben c...
08/07/2025

Le App contacalorie: utili?

Che la società in cui viviamo oggi metta al centro l'apparire perfett* a tutti costi, è ben chiaro.
Per noi donne questo può equivalere ad avere ad esempio un fisico longilineo, un corpo scolpito, tonico, senza smagliature, senza cellulite, senza quindi i segni del tempo che inequivocabilmente e naturalmente passa (!!!), perfettamente depilato, con smalto alle unghie, capelli curati, ....
l'elenco potrebbe essere molto più lungo.

Per ottenere una irraggiungibile perfezione, alcune persone (sia donne che uomini) sono disposte a tutto. Ad esempio a volte ci si costringe a praticare un'attività fisica con il solo obiettivo di rimodellare il proprio corpo pur non riconoscendo quell'attività come ricreativa e rigenerativa (per la regola del "faccio perché devo" e non perchè voglio/mi fa stare bene/mi dà sensazione di piacere e leggerezza, ...).
E ad esempio pur di modellare il proprio corpo per renderlo il più possibile simile ad degli ideali di bellezza (magrezza eccessiva e innaturale o comunque non naturale per tutti) si è disposti addirittura a controllare ciò che si mangia attraverso il calcolo delle kcal. Come se noi fossimo semplicemente il risultato delle kcal che introduciamo attraverso gli alimenti.
E il piacere di mangiare ciò che ci piace dove finisce? Quello di scegliere liberamente e senza condizionamenti esterni un alimento piuttosto che un altro dove finisce? La capacità naturale e fisiologica di autoregolarci nelle porzioni,che tutti noi abbiamo sin dalla nascita e per tutta la vita, dove finisce??
Il calcolo delle kcal non fa altro che allontanarci da noi stessi e ridurre la fiducia che ciascuno di noi ripone nelle proprie capacità di scegliere cosa è meglio per lui/lei mangiare in quel determinato momento.
Il calcolo dell kcal non è mangiare con consapevolezza ("perché così sono consapevole di quante kcal introduco ai pasti e in una giornata"). Il calcolo delle kcal è mangiare pensando di controllarci e di controllare addirittura le preferenze alimentari e le scelte!!
Ma ciò non fa altro che aumentare il rischio di abbuffate!!
Quindi le app contacalorie non sono utili. A nessuno!

Cosa accade durante il primo colloquio telefonico?Solitamente, dopo un primo contatto avvenuto tramite whatsapp, in cui ...
08/07/2025

Cosa accade durante il primo colloquio telefonico?

Solitamente, dopo un primo contatto avvenuto tramite whatsapp, in cui mi viene richiesto un primo appuntamento in studio, io chiedo alla persona di concordare un primo appuntamento telefonico.
Si concorda un giorno e un orario ad entrambe/i congeniali. È necessario ritagliarci un momento di tranquillità.
È un passaggio fondamentale per me e trovo che lo sia anche per la persona.
È una prima importante occasione che ci si dà per conoscersi.
La conoscenza infatti è reciproca:
- io chiedo alla persona il motivo per cui desidera fissare un primo appuntamento e alla spiegazione, solitamente (e per fortuna!!) si aggiungono importantissimi dettagli sul suo vissuto. In questa fase, comincio a prendere appunti, segnando tutte le informazioni ed in particolare quelle che per me sono significative, così da fare degli approfondimenti già in sede di primo incontro fisico in studio.
- mi presento e descrivo la mia modalità di lavoro, oltre che fornisco dei dettagli utili pratici (costo, durata visite, frequenza incontri,...).
Alla fine, prima di concordare un appuntamento chiedo alla persona se può sentirsi a proprio agio con la mia modalità di lavoro.
Non dò per scontato che io possa fare al caso suo (non siamo fatti per lavorare bene con tutti e per piacere a tutti) e nè tantomeno che io possa aiutare concretamente la persona.
Questo primo colloqui telefonico quindi può richiedere 15-30min e per quanto mi riguarda anche carta e penna per iniziare a delineare la descrizione della persona e del suo "problema".
Il mio lavoro quindi comincia già qui, prima ancora di incontrare la persona. 💜

(La foto è modificata volutamente per rispettare la privacy della persona con cui ho appena concluso la prima telefonata conoscitiva).

Uno dei tanti aspetti positivi del lavorare in modo non prescrittivo è che io professionista e la persona, paziente, par...
03/07/2025

Uno dei tanti aspetti positivi del lavorare in modo non prescrittivo è che io professionista e la persona, paziente, partecipiamo entrambi attivamente al percorso e ad ogni singolo incontro.
Non c'è lo sbilanciamento dei ruoli, a mio avviso, tipico di quando si prescrive un piano alimentare, in cui il professionista è "il prescrittore" e il paziente è "l'esecutore".
Ma paziente e terapeuta sono sullo stesso piano e creano insieme.
Creano la consapevolezza del funzionamento del proprio comportamento alimentare, del proprio problema con cibo/peso/immagine corporea.
Questa consapevolezza si costruisce pezzettino dopo pezzettino, incontro dopo incontro. La persona si mette in gioco, mettendo in discussione le proprie credenze e convizioni legate a cibo/ peso e corpo, e costruendone di nuove, funzionali e con basi scientifiche.
Il percorso terapeutico diventa quindi di apprendimento e la persona diventa pian piano nutrizionista di sè stesso, imparando che ad esempio la fame non è un problema che va risolto, ad es. con surrogati alimentari ad elevato potere saziante, ma è uno stimolo biologico, regolato da ormoni. La fame quindi non va controllata (è innaturale pensarlo!) va ascoltata e assecondata.
In foto il frutto di un lavoro di una paziente, concordato durante un incontro. 💜

Il peso dei commenti degli altri sul corpo (che sia il nostro o quello degli altri), non è da poco.Quest'aspetto è spess...
01/07/2025

Il peso dei commenti degli altri sul corpo (che sia il nostro o quello degli altri), non è da poco.

Quest'aspetto è spesso oggetto di riflessione durante gli incontri in studio di terapia riabilitativa nutrizionale non prescrittiva: le pazienti riferiscono quanto sia emotivamente attivante per loro ricevere commenti, sia positivi che negativi sul cambiamento del loro corpo.
Commenti come: "ti vedo ingrassata", "ti vedo gonfia", "ti stringe tanto questo vestito", ... generano emozioni negative.
Ma altri come: "brava, sei dimagrita!", "Ti vedo più sgonfia!",.... spesso sono attivanti emozioni positive a tal punto da farle sentire felici, soddisfatte e fiere di sè, ingigantendo l'importanza del proprio peso corporeo e del rimodellamento del proprio corpo.

In entrambi i casi i commenti rischiano di influire tanto, troppo sul tono dell'umore, spesso condizionato per tutta la giornata (a tal punto da riflettersi sulle scelte alimentari se qualcuno le fa notare che è ingrassata) ma soprattutto sulla stima che la persona ha di sè.
Soprattutto se il giudizio arriva da un familiare, il/la proprio/a compagno/a, amic*, il peso è ancora più elevato.

Ecco che in un percorso non prescrittivo e riabilitativo si impara a gestire l'effetto di questi commenti e a costruirsi una stima di sè indipendemente dal giudizio degli altri e dal proprio aspetto corporeo.

Ma intanto ciò che tutti dovremmo imparare a fare è smettere di commentare il corpo, il peso e anche le abitudini alimentari delle persone.
Magari provare a sostituire i commenti più comuni, con altri del tipo: "Ti vedo bene", oppure più che commentare, chiedere alla persona "Come stai?", per mostrarle anche il reale interesse per lei/lui.

In fondo, a che serve commentare? Esprimere un giudizio a volte/spesso non richiesto?

Fare educazione alimentare spesso viene confusa con:1.  l'educazione alla rigidità e al rispetto di linee guida in modo ...
26/06/2025

Fare educazione alimentare spesso viene confusa con:
1. l'educazione alla rigidità e al rispetto di linee guida in modo ferreo
2. l'abituarsi a mangiare meno rispetto alle proprie abitudini.

Durante la terapia il paziente scopre e sperimenta la flessibilità e quindi la possibilità/la libertà di rispettare e non, a seconda delle condizioni, le linee guida per un'alimentazione varia e bilanciata.

E poi si riflette, a volte sin dal primo incontro altre volte in quelli successivi a seconda della storia del paziente, sull'importanza di considerare i pasti principali per quello che sono: delle occasioni importanti per il nostro corpo per approvvigonarsi dei nutrienti necessari per continuare a svolgere tutte le sue funzioni e quindi sul fatto che un pasto principale è un pasto importantissimo, che non può essere ridotto ad un conteggio calorico.

Già chiarire e quindi parlare in modo chiaro di questi aspetti con la persona, spesso fa sentire rassicurati.

Attenzione, laddove c'è conteggio calorico, preoccupazione per la porzione c'è la restrizione calorica cognitiva (mentalmente si è "a dieta"). È un chiaro sintomo di un disturbo alimentare. Va indagato, compreso e risolto in un contesto terapeutico appropriato.

Lavorare con un approccio non prescrittivo è mettere la persona e suoi bisogni al centro, finalmente, spesso dopo anni d...
24/06/2025

Lavorare con un approccio non prescrittivo è mettere la persona e suoi bisogni al centro, finalmente, spesso dopo anni di tentativi di diete.

Lavorare con approccio non prescrittivo vuol dire lavorare con un approccio riabilitativo ed educativo: si comprende e si riabilita il comportamento alimentare della persona e si fa contestualmente anche educazione alimentare e nutrizionale.

Lavorare con un approccio non prescrittivo vuol dire avere un approccio inclusivo rispetto al peso corporeo, che viene finalmente considerato per quello che è: un numero. Questo spesso è abituato ad essere caricato di significato, a tal punto da riuscire a condizionare lo stato di umore (ci si rattrista, ci si arrabbia o si gioisce dopo essersi pesati). Non dovrebbe e non deve essere cos! Non è normale che ci giudichiamo in base a quanto pesiamo e che la nostra stima dipenda da quanti kg abbiamo perso.
Ciò non vuol dire che il peso di un corpo non è importante, ma semplicemente che non è tutto a tal punto da condizionare a volte le nostre giornate e le nostre emozioni.
Inoltre non è normale neanche dirsi "brav*" per aver resistito dal mangiare un cibo di cui si aveva voglia. Questa infatti non va assolutamente controllata, ma compresa.

Ecco cosa vuol dire lavorare in modo non prescrittivo: insegnare alla persona ad ascoltare i segnali che il proprio corpo gli manda e finalmente a comprenderli, scoprendo che non c'è bisogno di controllarli, perché una volta che sono stati accolti in maniera non giudicante entra in atto l'auto-regolazione (un qualcosa di naturale che possediamo tutti).

Lavorare in modo non prescrittivo vuol dire ricominciare a volersi bene.💜

Sono onoratissima di aver partecipato al corso di aggiornamento : ha avuto uno spessore elevatissimo e ha superato ogni ...
04/02/2024

Sono onoratissima di aver partecipato al corso di aggiornamento : ha avuto uno spessore elevatissimo e ha superato ogni mia aspettativa. Ho vissuto insieme ai colleghi 3 giorni intensi (oltre 8h al giorno e il primo giorno 11h!) di studio, approfondimento e confronto su condizioni patologiche comuni, su cui purtroppo molto spesso si ignora il potenziale della Terapia Dietetica.

Torno a casa arricchita di:

- nuove conoscenze, che si trasformeranno in nuove competenze

- nuove amicizie (ho conosciuto colleghi anzi persone fantastiche .ssa_valeria_adessoacri_nutrizionista e sono solo alcuni)

- prossime collaborazioni oltre che con colleghi, con figure mediche.

Non potevo desiderare di più!!!

Grazie Paolo Antolini e per questa grande opportunità di crescita!

Ad majora!

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Trieste
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Our Story

Sono la Dott.ssaMonica Pagano, Biologa Nutrizionista.

Mi sono laureata in Biotecnologie Mediche, Veterinarie e Farmaceutiche, nel 2013, con 110 e lode presso l'Università degli Studi di Trieste e nel 2014 ho conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione di Biologae successivamente il Master di Specializzazione in Nutrizione Umana, che ho frequentato a Roma.

Dopo aver svolto attività di ricerca nel settore della nutrizione clinica e di informazione e consulenza nutrizionalenell'ambito della Campagna di comunicazione promossa da UNAPROA (Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di frutta in guscio) e finanziata con il contributo dell’Unione Europea e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sto svolgendo come liberaprofessionista l'attività di Biologa Nutrizionista presso il mio studio di Trieste.

La mia passione verso questo settore mi porta a seguire continui Corsi di Perfezionamento, che mi consentono di restare sempre aggiornata e di approfondire determinate tematiche e aspetti della nutrizione e dell'alimentazione umana.