28/03/2024
Poter dire "no".
Il bambino, intorno ai due anni, inizia a dire "no". Comincia così quella fase, comunemente definita "i terribili 2" in cui il soggetto, in costruzione, inizia ad affermarsi, e lo fa proprio attraverso l'opposizione all'Altro. Molto spesso accade che questo "no" sia trasversale e indiscriminato: è un no ad ogni richiesta, aspettativa, domanda. Tuttavia non è un opposizione a chiunque, ma dedicata a chi amiamo di più. Questo perché è proprio chi è protagonista di un legame fondamentale a dover essere provocato, in uno sforzo che ci possa distinguere e rappresentare in un altrove possibile. Lacan diceva che "nasciamo nel campo dell'Altro". È l'Altro a darci un nome, a donarci le prime, imperfette, definizioni di noi stessi e del mondo. "Sei mio figlio", "sei bravo", "sei tremendo", "hai fame", "hai sonno", "sei arrabbiato", e via così.
Il "no" permette di costruire nuove possibilità alla nostra identità e, allo stesso tempo, di chiedere implicitamente all'Altro che amiamo: "Mi vuoi, anche se non sono come tu mi chiedi?".
Nel tempo poi, i nostri "no" non sono più indistinti, ma iniziamo a scegliere a cosa dire sì e a cosa dire no. Cosa affermare e cosa negare. Quali risposte dare all'interno delle nostre relazioni più importanti. Poter dire all'Altro "sono come mi vuoi", ma poter altresì non esserlo. Ed è anche in questo modo che capiamo chi siamo per l'Altro e al di là di lui o lei.
L'adolescenza diviene poi una riedizione di quell'opposizione, feroce ma altrettanto importante.
Come genitori, è faticoso ma fondamentale sia riuscire a dire di no ai propri figli, ma anche affrontare i loro, accompagnandoli così a divenire futuri adulti in grado di poter capire chi sono.
Imparare a dire di "no" è un atto necessario e non scontato. Imparare poi a scegliere i propri no, potendo anche dire di sì, non paralizzandoci nel terrore di perdere l'amore dell'altro, è altrettanto essenziale.