Benessere Qui ed Ora Dott. Svezia Antonio Psicologo-Psicoterapeuta

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Benessere Qui ed Ora Dott. Svezia Antonio Psicologo-Psicoterapeuta Ricevo nello Studio di Psicologia e Psicoterapia di:

Via Roma n° 15
34132 Trieste
Tel. 3470953069

"𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗱𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿 𝗻𝗲𝗺𝗶𝗰𝗼."Come psicoterapeuta, vedo spesso quanto le persone siano...
29/04/2025

"𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗱𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿 𝗻𝗲𝗺𝗶𝗰𝗼."

Come psicoterapeuta, vedo spesso quanto le persone siano dure con sé stesse. Si giudicano, si puniscono, si chiamano "incapaci", "sbagliate", "inadatte". Ma quella voce interiore non è casuale: ha una struttura, una funzione, e delle radici emotive molto profonde.
Cosa si nasconde dietro la critica feroce che spesso rivolgiamo a noi stessi, e perché è così centrale nel mantenere tante forme di sofferenza psicologica?

🔍Esiste un legame tra autocritica, difficoltà emotive (alexitimia) e tre tipi di sintomi psicologici: ansia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e disturbi alimentari.

Esistono diverse forme di autocritica:

Inadeguatezza (inadequate-self): “Non sono abbastanza bravo, non valgo.”
Disprezzo (hated-self): “Mi faccio schifo. Mi odio.”
Autocritica comparativa: “Gli altri sono migliori di me.”
Autocritica interiorizzata: “Non riesco mai a raggiungere i miei standard.”
E indagano come queste si intrecciano con un’altra difficoltà spesso invisibile: l’alexitimia, ovvero la difficoltà a riconoscere, nominare ed esprimere le proprie emozioni.

👤 Cosa succede nella mente di chi si autocritica?
Chi è cronicamente autocritico spesso ha interiorizzato un Genitore Critico molto severo, che lo accompagna da anni. Una voce che dice: “Devi fare di più, devi essere perfetto, non sbagliare mai.”
Il Bambino Adattato si sottomette a queste richieste, nella speranza di essere accettato. Ma l’effetto è spesso il contrario: ansia, rabbia rivolta contro di sé, senso di inadeguatezza e vergogna.

L’Adulto, in tutto questo, spesso è silenziato: non riesce a regolare le emozioni, né a valutare realisticamente le aspettative.

💥 Ogni sintomo psicologico sembra legarsi a un modo specifico di criticarsi:

Ansia sociale: è dominata dal pensiero “gli altri sono meglio di me” (autocritica comparativa) e dalla difficoltà nel comunicare le emozioni. Qui il timore è di essere giudicati come incapaci o sbagliati.
Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC): emerge fortemente il disprezzo verso di sé (hated-self) e uno stile di pensiero molto concreto, orientato all’esterno (tipico di chi evita il contatto con le emozioni). La colpa morale, la paura di essere “impuri” o “pericolosi” sono centrali.
Disturbi alimentari: si intrecciano fortemente con l’idea di non essere abbastanza e con la difficoltà a riconoscere le emozioni. Il corpo diventa il campo di battaglia su cui si combatte una guerra fatta di confronto, punizione e controllo.
🧠 Cosa possiamo imparare da tutto questo?
In ottica analitico-transazionale, possiamo leggere l’autocritica come un copione interno appreso, spesso da relazioni primarie in cui amore e approvazione erano condizionati alla performance, alla perfezione, o al compiacimento.
E quando non possiamo nominare ciò che proviamo (alexitimia), l’unico modo che ci rimane per “fare ordine” è giudicarci.
Ma l’autocritica non è una guida saggia: è solo una strategia disperata per contenere emozioni che non sappiamo regolare.

✨ "Se dentro di te c’è una voce che ti dice che sei sbagliato, non ascoltarla come fosse la verità.
Chiediti: 'Di chi è davvero questa voce? A chi sto cercando di piacere? A chi sto ancora cercando di dimostrare qualcosa?'
Ogni volta che impari a nominare un’emozione invece di punirti per provarla, stai rompendo un pezzo di quel copione.
E ogni passo in questa direzione è un atto di cura verso te stesso."

𝗥𝗶𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗖𝗿𝗲𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲: 𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗜 𝗡𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗢𝗯𝗶𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗲 𝗣𝗮𝘂𝗿𝗲 𝗖𝗶 𝗜𝗻𝘁𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗹𝗮𝗻𝗼A volte soffriamo non tanto per ciò che ci succe...
27/04/2025

𝗥𝗶𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗖𝗿𝗲𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲: 𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗜 𝗡𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗢𝗯𝗶𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗲 𝗣𝗮𝘂𝗿𝗲 𝗖𝗶 𝗜𝗻𝘁𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗹𝗮𝗻𝗼

A volte soffriamo non tanto per ciò che ci succede, ma per il modo in cui restiamo incastrati nei nostri scopi e nelle nostre paure.

Ogni volta che accompagno una persona in psicoterapia, mi accorgo di quanto sia centrale questo tema: i nostri obiettivi e i nostri anti-obiettivi.
Gli obiettivi sono i sogni che vogliamo raggiungere, come sentirci capaci, amati, riconosciuti, sicuri. Gli anti-obiettivi sono invece le paure che vogliamo evitare a tutti i costi, come fallire, essere rifiutati, perdere il controllo, essere traditi.

Questo nuovo studio di Mancini e colleghi (2025) ci racconta qualcosa di molto potente: non è tanto cosa desideriamo o temiamo a farci soffrire, ma quanto rigidamente restiamo aggrappati a questi desideri e paure.

In altre parole, quando uno scopo o un evitamento diventa rigido, assoluto, non negoziabile, il nostro mondo interno si restringe. Non siamo più liberi di scegliere o di adattarci alla realtà. Siamo costretti a correre dietro a un ideale o a fuggire da un incubo, anche a costo della nostra serenità.

Nell'ottica dell'Analisi Transazionale, potremmo dire che in quei momenti il nostro Bambino Adattato prende il comando: cerca di evitare punizioni o dolori ripetendo copioni antichi, quelli che un tempo lo hanno aiutato a sopravvivere. Oppure il nostro Genitore Critico diventa tiranno, imponendoci regole assolute: "Devi essere perfetto", "Non devi mai fallire", "Se non riesci, non vali niente".

In questo studio è stato creato uno strumento nuovo, l’Inventory of Goals and Anti-Goals (IGAG), che aiuta a misurare proprio quanto siamo intrappolati nei nostri obiettivi e nelle nostre paure.
E quello che emerge è chiaro: chi soffre di più, chi fa più fatica a stare bene con sé stesso, tende a essere iper-investito in alcuni scopi o evitamenti. Non riesce a lasciarli andare, anche quando sono irrealizzabili o autodistruttivi.

Pensiamoci: quanti di noi lottano per sentirsi speciali, amati, perfetti? Quanti si affannano per non sentirsi mai deboli, mai soli, mai traditi?
Eppure, la vita è fatta anche di errori, di vulnerabilità, di solitudini momentanee. Se non accettiamo questo, il prezzo che paghiamo è la sofferenza continua.

Dal punto di vista clinico, aiutare una persona a riconoscere qual è lo scopo o l'anti-scopo che la intrappola, e a riscoprire la libertà di scegliere nuovi scopi più flessibili, è uno dei passaggi più profondi del cambiamento.
È passare da un copione rigido e soffocante, a una narrazione di sé più vera, più adulta, più libera.

E allora, forse la domanda più importante che possiamo farci quando stiamo male non è "Come faccio a raggiungere il mio scopo?" o "Come evito la mia paura?"
ma piuttosto:

"Questo scopo è ancora davvero mio? O sto solo ripetendo vecchie regole che non mi appartengono più?"

Nella libertà di abbandonare un obiettivo impossibile, o una paura che non ci definisce più, c’è una parte grande della nostra guarigione.

𝗡𝗼𝗻 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗽𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘂𝗴𝘂𝗮𝗹𝗶. 𝗘 𝗰𝗮𝗽𝗶𝗿𝗹𝗼 𝗽𝘂ò 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼.Quando in terapia o nella vita q...
27/04/2025

𝗡𝗼𝗻 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗲 𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗽𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘂𝗴𝘂𝗮𝗹𝗶. 𝗘 𝗰𝗮𝗽𝗶𝗿𝗹𝗼 𝗽𝘂ò 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼.

Quando in terapia o nella vita quotidiana parliamo di "colpa", spesso la trattiamo come se fosse un’unica emozione. In realtà, la ricerca di Mancini e Gangemi (2021) ci insegna qualcosa di molto prezioso: esistono due tipi diversi di colpa, che nascono da radici psicologiche ed emotive distinte.

La prima è la colpa altruistica.
Questa colpa nasce quando facciamo del male a qualcuno, oppure quando non aiutiamo chi è in difficoltà, anche solo con una nostra omissione. È una colpa che coinvolge la nostra parte più empatica e affettiva.
Se pensiamo in termini di Analisi Transazionale, è come se parlasse il nostro Genitore Affettivo o il nostro Adulto empatico: quella parte di noi che soffre nel vedere soffrire gli altri e che sente il bisogno genuino di riparare.
Questa colpa è collegata a emozioni come il dolore per l’altro, la compassione, la voglia di stare vicino a chi soffre.

La seconda è la colpa deontologica.
Questa nasce, invece, quando trasgrediamo una regola interna, anche se nessuno si è fatto male.
È una colpa che nasce dalla violazione di un principio morale che abbiamo interiorizzato, come un "Non si fa!".
In termini transazionali, qui è il Genitore Normativo Critico che prende la parola: quella parte di noi che controlla, giudica, stabilisce cosa è giusto o sbagliato a prescindere dagli effetti sugli altri.
Questa colpa è spesso accompagnata da emozioni di disgusto, vergogna morale, bisogno di purificazione.

A livello cerebrale, questi due tipi di colpa attivano aree diverse:
La colpa altruistica attiva le zone dell’empatia, della capacità di sentire l’altro.
La colpa deontologica attiva le aree legate al disgusto, alla purezza, al rispetto rigido delle norme.

Cosa significa tutto questo per noi, nella pratica?
Significa che non tutte le colpe devono essere trattate allo stesso modo.

Quando sentiamo una colpa altruistica, la strada di guarigione passa spesso attraverso l'empatia, la riparazione, la connessione con l’altro.
Quando viviamo una colpa deontologica, invece, dobbiamo lavorare sulle nostre regole interiori: capire da dove vengono, se sono ancora valide per noi oggi, e se possiamo trasformarle in norme più sane e compassionevoli.
In conclusione:

Quando ti senti in colpa, chiediti:
Sto soffrendo perché ho ferito qualcun altro? O perché ho trasgredito una mia regola interna?

Riconoscere questa differenza è il primo passo per prenderti cura di te, non per punirti, ma per capirti meglio.

Indirizzo

Via Roma N. 15
Trieste
34122

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

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Mi Presento

Dott. Antonio Francesco Svezia

Albo degli Psicologi e Psicoterapeuti del Friuli Venezia Giulia n. 1390

Ho conseguito la laurea Magistrale di Secondo Livello presso la facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Trieste nel 2009.

Sono uno Psicologo e Psicoterapeuta ad indirizzo Analitico Transazionale e sono iscritto all’albo degli Psicologi e Psicoterapeuti del Friuli Venezia Giulia. Ho completato il mio percorso di formazione in Psicoterapia presso la Scuola Superiore in Psicologia Clinica SSPC-IFREP di Venezia, acquisendo anche il titolo di CTA (Certificated Transactional Analyst).