
29/04/2025
"𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗱𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗽𝗲𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿 𝗻𝗲𝗺𝗶𝗰𝗼."
Come psicoterapeuta, vedo spesso quanto le persone siano dure con sé stesse. Si giudicano, si puniscono, si chiamano "incapaci", "sbagliate", "inadatte". Ma quella voce interiore non è casuale: ha una struttura, una funzione, e delle radici emotive molto profonde.
Cosa si nasconde dietro la critica feroce che spesso rivolgiamo a noi stessi, e perché è così centrale nel mantenere tante forme di sofferenza psicologica?
🔍Esiste un legame tra autocritica, difficoltà emotive (alexitimia) e tre tipi di sintomi psicologici: ansia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e disturbi alimentari.
Esistono diverse forme di autocritica:
Inadeguatezza (inadequate-self): “Non sono abbastanza bravo, non valgo.”
Disprezzo (hated-self): “Mi faccio schifo. Mi odio.”
Autocritica comparativa: “Gli altri sono migliori di me.”
Autocritica interiorizzata: “Non riesco mai a raggiungere i miei standard.”
E indagano come queste si intrecciano con un’altra difficoltà spesso invisibile: l’alexitimia, ovvero la difficoltà a riconoscere, nominare ed esprimere le proprie emozioni.
👤 Cosa succede nella mente di chi si autocritica?
Chi è cronicamente autocritico spesso ha interiorizzato un Genitore Critico molto severo, che lo accompagna da anni. Una voce che dice: “Devi fare di più, devi essere perfetto, non sbagliare mai.”
Il Bambino Adattato si sottomette a queste richieste, nella speranza di essere accettato. Ma l’effetto è spesso il contrario: ansia, rabbia rivolta contro di sé, senso di inadeguatezza e vergogna.
L’Adulto, in tutto questo, spesso è silenziato: non riesce a regolare le emozioni, né a valutare realisticamente le aspettative.
💥 Ogni sintomo psicologico sembra legarsi a un modo specifico di criticarsi:
Ansia sociale: è dominata dal pensiero “gli altri sono meglio di me” (autocritica comparativa) e dalla difficoltà nel comunicare le emozioni. Qui il timore è di essere giudicati come incapaci o sbagliati.
Disturbo ossessivo-compulsivo (DOC): emerge fortemente il disprezzo verso di sé (hated-self) e uno stile di pensiero molto concreto, orientato all’esterno (tipico di chi evita il contatto con le emozioni). La colpa morale, la paura di essere “impuri” o “pericolosi” sono centrali.
Disturbi alimentari: si intrecciano fortemente con l’idea di non essere abbastanza e con la difficoltà a riconoscere le emozioni. Il corpo diventa il campo di battaglia su cui si combatte una guerra fatta di confronto, punizione e controllo.
🧠 Cosa possiamo imparare da tutto questo?
In ottica analitico-transazionale, possiamo leggere l’autocritica come un copione interno appreso, spesso da relazioni primarie in cui amore e approvazione erano condizionati alla performance, alla perfezione, o al compiacimento.
E quando non possiamo nominare ciò che proviamo (alexitimia), l’unico modo che ci rimane per “fare ordine” è giudicarci.
Ma l’autocritica non è una guida saggia: è solo una strategia disperata per contenere emozioni che non sappiamo regolare.
✨ "Se dentro di te c’è una voce che ti dice che sei sbagliato, non ascoltarla come fosse la verità.
Chiediti: 'Di chi è davvero questa voce? A chi sto cercando di piacere? A chi sto ancora cercando di dimostrare qualcosa?'
Ogni volta che impari a nominare un’emozione invece di punirti per provarla, stai rompendo un pezzo di quel copione.
E ogni passo in questa direzione è un atto di cura verso te stesso."