Kalipè - Fisioterapia e Pilates

Kalipè - Fisioterapia e Pilates La casa della fisioterapia gentile

10/09/2025

MOVIMENTO E VARIABILITÀ: PERCHÉ NON TUTTO VA CORRETTO

Qualche giorno fa ricevo in studio una signora di 72 anni. Mentre si gira per appendere la borsa, noto subito una scapola alata, evidente soprattutto in abduzione.

Mi preparo a testare, misurare, osservare.. ma prima di tutto voglio capire. Durante la chiacchierata iniziale scopro che non lamenta alcuna limitazione funzionale, nessun dolore, nessuna perdita di forza.

“Allora perché è qui?” le chiedo.

Sorride e risponde: “Esteticamente non mi è mai piaciuta. Ce l’ho da quando ero ragazza. Ma adesso, dopo aver letto su internet che forse si può correggere, o almeno migliorare, mi è venuta voglia di provarci. Ho persino visto video di persone che si fanno “scrocchiare” per il mio problema!”

Ecco il punto.

In un mondo saturo di video sensazionalistici, dove ogni gamba più corta di due millimetri viene scambiata per un’anomalia da “scrocchiare” e riportare in asse, anche una condizione asintomatica e stabile da mezzo secolo può improvvisamente sembrare un “problema” da risolvere. 😓

Ma siamo sicuri che tutto ciò appare diverso e che si muove in modo diverso vada aggiustato?

È da questa storia, semplice ma significativa, che parte il post di oggi.

Un post ispirato anche dalle parole, sempre taglienti, ma sorprendentemente lucide, di Adam Meakins, fisioterapista sportivo e fondatore di The Sports Physio. Adam, smontando miti e convinzioni rigide, ci ricorda che la funzione conta più della forma, e che pensare in modo critico è più utile che inseguire modelli ideali.

Perché prima di correggere, forse è il caso di osservare. E prima di aggiustare, forse è il caso di capire se c’è davvero qualcosa di rotto. 😅

“Si muove in modo strano, quindi va corretto?”

Questa provocazione, semplice solo in apparenza, ci spinge a riflettere su un’abitudine diffusa nella pratica clinica: quella di trasformare ogni variazione motoria in un problema da aggiustare.

QUANDO LA DIFFERENZA DIVENTA SOSPETTO

Nel mondo della riabilitazione, è sempre più frequente osservare con sospetto ogni asimmetria, ogni deviazione dal modello biomeccanico “perfetto”.

“Quella scapola sporge troppo.”
“Il piede pronato va raddrizzato.”
“Il bacino è ruotato, bisogna riallinearlo.”
“Il gesto è scorretto, serve un lavoro di controllo motorio.”

Ma davvero tutto ciò che si muove “diverso” va corretto?

LA VARIABILITÀ È VITA, NON ERRORE

Una spalla che si muove fuori asse.
Un piede che cede in pronazione.
Un bacino che oscilla più da un lato.
Una scapola che “non segue il ritmo”.

Nel contesto clinico, queste osservazioni possono sembrare red flags. Ma il corpo umano non è simmetrico. Non è progettato per muoversi in un solo modo, e soprattutto non è stato creato per piacere ai nostri test posturali.

Siamo macchine biologiche, non geometrie da squadrare.

COSA CI DICE LA LETTERATURA?

La variabilità motoria è presente anche in soggetti sani e asintomatici.

La discinesia scapolare, la pronazione del piede o l’asimmetria pelvica non sono predittori affidabili di dolore.

Gli atleti d’élite mostrano differenze strutturali e funzionali evidenti, senza disfunzioni.

Il dolore è multifattoriale, non biomeccanico in senso stretto.

CORREGGERE NON SEMPRE SERVE. A VOLTE FA DANNI.

Quando iniziamo un percorso “correttivo” in assenza di dolore o limitazione, rischiamo di indurre ipervigilanza, alimentare la paura del movimento, creare dipendenza dal fisioterapista, rallentare il ritorno alla funzione reale.

Il messaggio non esplicito che passa al paziente è: “Ti muovi male. Il tuo corpo è sbagliato. Serve aiuto per funzionare.”

Ma se il corpo si muove in modo diverso, e quel modo funziona, allora quel corpo sta facendo il suo lavoro.

COSA OSSERVARE, DAVVERO

Le domande cliniche più utili non sono “cosa vedo?” “cosa sento?”, ma queste.

La persona ha dolore?
Ha limitazioni funzionali?
Esiste una disfunzione clinicamente rilevante?
Sta peggiorando o migliorando?
Cosa desidera ottenere?

IL RISCHIO DELLA “FISIOTERAPIA DEL SOSPETTO”

Se ci abituiamo a cercare problemi ovunque, rischiamo di trasformare la valutazione in una caccia all’anomalia. Ma il movimento umano è adattamento, contesto, efficienza, non perfezione biomeccanica.

Riabilitare non significa raddrizzare.
Significa restituire funzione, ridurre dolore, offrire strumenti concreti.

IL MESSAGGIO FINALE

A volte, l’asimmetria è una strategia. A volte, la pronazione è una compensazione utile. A volte, una spalla “strana” è la soluzione più efficace che il corpo ha trovato per evitare il dolore.

Non tutto ciò che è diverso va corretto.
Non ogni deviazione è una disfunzione.
Non ogni corpo vuole essere aggiustato.

E forse, la fisioterapia più efficace non è quella che cerca di riportare tutto alla norma, ma quella che accetta la complessità e valorizza ciò che funziona.

Perché a volte, la cosa più intelligente che possiamo fare per un corpo.. è lasciarlo in pace. 🤗🫶

05/09/2025

Leggere ed imparare a memoria!

28/07/2025
27/07/2025

Benvenuti a un nuovo episodio di “Commenta che ti passa: dove i tuoi commenti trasformano i nostri post!” 🤭

Ogni volta partiamo da un contenuto condiviso, ma è il confronto tra colleghi, pazienti, esperti e curiosi a renderlo più ricco, completo e utile.

Buona lettura!

Tacchi e carico sull’avampiede: cosa succede davvero quando cambiamo altezza?

Quando si parla di calzature, spesso il discorso si limita a estetica e moda. Ma in fisioterapia, e nella biomeccanica clinica in generale, ogni centimetro di tacco racconta una storia ben più complessa: quella della distribuzione del carico sul piede e delle ripercussioni che può avere su tutto il corpo.

La biomeccanica del tacco: più sali, più spingi avanti, semplice no?

Quando il piede è piatto sul terreno (cioè senza tacco), la distribuzione del peso corporeo è relativamente bilanciata: circa il 43% del carico grava sull’avampiede, mentre il 57% resta sul tallone. Questa proporzione rappresenta una condizione fisiologica, che il corpo ha imparato ad assorbire e gestire nel tempo.

Ma basta salire anche solo di qualche centimetro per cambiare il gioco.

Con un tacco di 4 cm, la situazione si ribalta: il 57% del carico passa sull’avampiede e il 43% sul tallone.

A 6 cm, la spinta anteriore aumenta, con un 75% del carico sull’avampiede e solo un 25% sul tallone.

Sopra i 10 cm, si può arrivare a scaricare fino al 90-100% del peso sull’avampiede, con una quasi totale esclusione del tallone dal gioco di carico.

Questo significa un enorme aumento dello stress sulle articolazioni metatarsali, sui muscoli flessori plantari e su tutte le strutture connettivali coinvolte nella gestione del carico.

Il rischio biomeccanico: dal piede alla colonna.

Il sovraccarico dell’avampiede può portare a condizioni dolorose e adattamenti posturali compensatori. Le metatarsalgie, ad esempio, sono tra le conseguenze più frequenti, ma non le uniche.

Una tensione continua sull’avampiede può contribuire nel tempo a sviluppare alluce valgo, deformità delle dita e ispessimenti plantari. Può creare squilibri muscolari e articolari a carico della caviglia, del ginocchio e dell’anca, alterando l’orientamento del bacino e la curvatura lombare. Tutto ciò può arrivare a modificare la postura globale.

Come osservato anche da Marco: “il punto non è tanto solo quanto carico si sposta, ma dove e come il piede dovrebbe stare quando è ben educato a farlo.”

Idealmente, un piede rieducato distribuisce il carico a terra con una ripartizione funzionale: 50% sul tallone, 40% sul primo metatarso, 10% sul quinto. Un equilibrio che favorisce stabilità, efficienza e postura corretta.

Ed è proprio da qui che nasce una delle riflessioni più importanti: sono le scarpe a doversi adattare ai nostri piedi, non il contrario.

“Barefoot o tradizionali?” Chiede Marina.

Nel dibattito che spesso anima le discussioni tra fisioterapisti, runner e pazienti, il tema delle scarpe barefoot (o minimaliste) divide. Ma è importante chiarire: non si tratta di moda, si tratta di funzione.

Come spiegato in risposta a Marina, le scarpe barefoot sono pensate per riprodurre la camminata a piedi nudi, permettendo una distribuzione più naturale del carico e stimolando i muscoli intrinseci del piede. Tuttavia, non sono adatte a tutti.

Chi non è abituato deve procedere con gradualità, proprio per evitare dolori o sovraccarichi. In questi casi, l’uso delle barefoot può e deve essere accompagnato da esercizi mirati, valutazione clinica e adattamento progressivo.

Una buona calzatura, sia essa barefoot o tradizionale, dovrebbe sempre rispettare tre criteri fondamentali.

Prima di tutto una suola flessibile, che consenta al piede di muoversi liberamente.
In secondo luogo uno spazio sufficiente per le dita, evitando compressioni e per ultimo un supporto adeguato, calibrato sul tipo di piede e sul livello di attività della persona.

Lo ha sottolineato bene anche Andrea, suggerendo (con ironia) di conservare il post come risposta pronta per chi critica le calzature barefoot: il punto non è schierarsi, ma capire quando e per chi sono adatte.

E la lunghezza del piede? Un fattore spesso dimenticato!

Una delle osservazioni più tecniche ma fondamentali è arrivata da Valeria, che ha posto un quesito tanto semplice quanto trascurato:

“Un tacco da 10 cm ha lo stesso effetto su un piede numero 36 e su un 41?”

La risposta è: assolutamente no. La lunghezza del piede cambia radicalmente l’inclinazione del piede stesso all’interno della scarpa, e di conseguenza la distribuzione del carico sull’avampiede.

Inoltre, aspetti come il cavismo, la dominanza del primo dito o la forma dell’arco plantare modificano ulteriormente l’effetto finale del tacco. Ogni piede ha la sua storia, la sua meccanica e le sue vulnerabilità. E riconoscerlo significa aprire la strada alla personalizzazione delle calzature e a una valutazione fisioterapica sempre più individualizzata.

Il consiglio pratico (con un tocco di buon senso) 😌

Se stai pensando di passare alle barefoot, inizia con cautela e criterio. Dai tempo al piede di adattarsi, lavora sull’elasticità, sulla forza dei muscoli plantari e sulla propriocezione. E se invece preferisci scarpe più strutturate, punta a comfort, flessibilità e rispetto della tua biomeccanica personale.

Come direbbe Gianni: “non è il piede che si deve adattare alla scarpa, ma il contrario.”

Avrete capito che il piede è una struttura dinamica, sensoriale, adattiva. Il tacco è solo un centimetro in più, ma può diventare un chilometro di differenza nella tua postura.

Questo contenuto è stato aggiornato e migliorato grazie ai commenti e alle osservazioni ricevute: un esempio concreto di come la conoscenza cresca nel dialogo.

Se l’hai trovato utile, condividilo con chi potrebbe beneficiarne: colleghi, studenti, pazienti o semplici curiosi.

E se anche tu hai qualcosa da aggiungere.. commenta che ti passa! 😉

Il prossimo episodio potrebbe nascere proprio dalla tua esperienza. 👏

26/07/2025

È successo di nuovo. Non era questo il post che volevamo scrivere oggi. Noi preferiremmo parlare di muscoli, di postura, di biomeccanica del movimento, di salute vera.

Perché è questo il nostro lavoro. È questa la nostra missione sui social: fare divulgazione sanitaria seria, su patologie, anatomia, fisioterapia. Rivolta a tutti, senza distinzioni. Qui tutti sono i benvenuti.

Ma ogni 10 video assurdi che ci girano e vediamo, ce n’è uno che ci costringe a fermarci. A dire: “No, qui non possiamo far finta di niente.”

E allora, anche se richiede tempo, energie, impegno e ci distoglie da quello che amiamo fare.. oggi scriviamo questo post. Perché il rispetto per chi ci legge viene prima di tutto.

“Ho vertigini e sbandamenti quando muovo il collo. Cosa devo fare?”

Una domanda importante.
Una persona che ascolta il proprio corpo e cerca una risposta. E invece si sente dire da un operatore non sanitario anche abbastanza seguito:

“Non ascoltare medici e fisioterapisti. Basta con questi trattamenti. Non trattate il collo. Muovetevi e basta. Il modello medico-centrico è superato.”

Fermi tutti.
No. Così no.

Se hai vertigini o sbandamenti quando muovi il collo, non devi ascoltare chi banalizza.

Devi ascoltare chi è formato per riconoscere se c’è un rischio.

Perché potrebbe esserci una problematica seria: disfunzione cervicale, problema vestibolare, coinvolgimento vascolare, un segnale neurologico da approfondire.

E no, non si risolve con “muoviti e passa tutto”.

Si risolve con una valutazione sanitaria, fatta da un otorino o da un neurologo o da un angiologo o da un fisiatra. Non con un “consiglio motivazionale” su Instagram. Che guarda caso rimanda a prestazioni a pagamento o libri, insomma, business.

Per noi la salute non è business.

Noi ci teniamo davvero.
Non siamo qui per dire “noi abbiamo ragione”. Siamo qui per dirvi: non rischiate.

Non affidate la vostra salute a chi non ha né i titoli, né le competenze, né le responsabilità per prendersene cura.

Non lasciate che il bisogno di sentirvi meglio vi porti ad ascoltare chi dice solo quello che vorreste sentirvi dire.

La salute non è uno slogan.
Il trattamento non è il nemico.

Fidatevi dei professionisti sanitari.
Fidatevi di chi sa riconoscere i segnali d’allarme. Fidatevi di chi, se serve, vi dice anche “fermiamoci un attimo, approfondiamo con una visita specialistica”.

Perché chi ha a cuore la vostra salute.. non vi promette scorciatoie. Vi accompagna. Con competenza. Con rispetto. Con responsabilità.

Noi continueremo a fare la nostra parte. Anche quando è faticoso. Anche quando ci viene voglia di mollare.

Continueremo a raccontarvi il corpo, i muscoli, il dolore, la guarigione. A spiegare con parole semplici cose complesse, perché crediamo che capire sia il primo passo per stare meglio.

E continueremo a dirvelo ogni volta che serve: la salute merita rispetto. Voi meritate rispetto.

La soluzione non è uscire dal perimetro sanitario. Se non vi siete trovati bene con un professionista sanitario, cercatene un altro.

È pieno di fisioterapisti e medici che lavorano con serietà, che si aggiornano, che sanno dire “indaghiamo, approfondiamo” e che vi ascoltano davvero.

Sono persone che fanno diagnosi (quando autorizzati a farlo), eseguono trattamenti secondo linee guida e formazione universitaria, rispettano un codice deontologico, sono rintracciabili se qualcosa va storto, sono coperti da assicurazioni professionali obbligatorie e soprattutto, rispondono legalmente e moralmente delle loro azioni.

Questa è la vera differenza. Non è solo una questione di capacità, ma di responsabilità.

La salute non è un campo da gioco.
È una cosa seria. E voi meritate di essere presi sul serio. Sempre.

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Via Spalti Levante, 4
Trino
13039

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