15/11/2025
“Quando la psicoterapia rischia di gonfiare l’ego invece di guarire il cuore
C’è un aspetto della psicoterapia di cui si parla poco, quasi con imbarazzo:
il fatto che, nel suo svolgersi, può risvegliare parti narcisistiche che stavano dormendo.
Non è un errore del processo, né un difetto del paziente.
È un passaggio naturale, a volte inevitabile, quando una persona comincia a mettere se stessa al centro della propria vita.
La terapia ti offre qualcosa che molti non hanno mai ricevuto: uno spazio in cui sei ascoltato senza distrazione, visto senza pregiudizio,
legittimato senza condizioni.
È come passare da una stanza buia a una luce troppo forte: all’inizio abbaglia, poi confonde, e solo dopo illumina davvero.
In quella luce iniziale accade qualcosa di sottile:
il sé si espande.
A volte troppo.
Quel “finalmente esisto” può trasformarsi in “solo io esisto”. Quel “mi stanno curando” può diventare “sto diventando migliore degli altri”.
Quel “sto capendo chi sono” può sfociare in “io so e tu non sai”.
È qui che molti inciampano.
Non perché siano narcisisti,
ma perché la terapia tocca la parte più affamata, più trascurata, più assetata di riconoscimento.
E quando una fame è stata ignorata per anni,
la prima reazione non è la gratitudine:
è l’abbuffata.
Così alcune persone, dopo un po’ di terapia, iniziano a camminare come se avessero conquistato un altare interiore:
si sentono più consapevoli, più complesse, più profonde. Si convincono che vedere se stessi equivalga a vedere tutto.
E confondono la sensibilità con la superiorità.
Ma l’intimità con sé stessi non è superiorità:
è responsabilità.
La psicoterapia diventa pericolosa solo quando nutre l’ego senza toccare il cuore.
Quando alimenta la narrazione del “mio percorso”, “la mia evoluzione”, “la mia consapevolezza”,
ma non insegna la parte più essenziale:
stare in relazione senza sentirsi sopra o sotto gli altri.
La vera crescita non rende speciali.
Rende umani.
Più umani, non più rari.
E il narcisismo che emerge in terapia non è un fallimento:
è un segnale.
Indica il punto esatto in cui siamo ancora fragili,
ancora spaventati, ancora alla ricerca di un valore che sappiamo nominare,
ma che non sappiamo ancora incarnare.
Una buona terapia lo sa:
dopo averti gonfiato, ti riporta a misura.
Dopo averti messo al centro, ti rimette nel mondo.
Dopo averti fatto sentire unico, ti fa riscoprire simile.
Il rischio non è che il narcisismo emerga.
Il rischio è restarci dentro.
Perché l’obiettivo non è diventare straordinari.
È diventare integri.
E solo chi abbandona l’illusione della superiorità
può davvero guarire”
Da Dr. Carlo D’Angelo – Voce delle Soglie