30/08/2025
L'UOMO CHE PER 6 MESI SFIDO' IL TEMPO
Nel 1972, uno scienziato francese decise di fare l’impensabile: rinchiudersi in una caverna a 134 metri di profondità, senza luce naturale, senza orologio, senza alcun contatto umano, per 180 giorni. Michel Siffre, geologo e ricercatore ossessionato dalla mente umana, credeva che il segreto per comprendere la nostra vera natura fosse nel rapporto con il tempo. E per testare questa ipotesi, ideò un esperimento radicale: vivere nel completo isolamento, senza sole a scandire i giorni, senza alcun riferimento esterno, solo lui, un sacco a pelo e l’oscurità assoluta.
All’inizio tentò di mantenere una routine, guidandosi soltanto dalla fame e dal sonno. Ma senza luce né orologio, il tempo iniziò a dissolversi. Le ore sembravano minuti. I giorni si confondevano in una macchia indistinta. Il suo stato mentale crollò rapidamente: ombre e voci inesistenti iniziarono a perseguitarlo; la paranoia crebbe fino a fargli credere che ci fosse qualcun altro nella caverna; i pensieri divennero frammenti sconnessi. L’isolamento stava sgretolando la sua mente.
In superficie, il suo team registrava ogni passo, confrontando ciò che lui credeva essere lo scorrere del tempo con il tempo reale. Al secondo mese, Siffre era convinto che fossero trascorse 24 ore… quando in realtà ne erano passate quasi 48. Il suo orologio biologico rallentò drasticamente. Senza il sole, il corpo inventò un nuovo ritmo: 36 ore sveglio, 12 ore di sonno. Questo sconvolse la comunità scientifica, perché dimostrò che il cervello umano possiede un sistema interno di tempo indipendente dalla luce solare.
Ma la scoperta ebbe un prezzo oscuro. Col passare delle settimane, che divennero mesi, la mente di Siffre iniziò a cedere: dimenticava le parole a metà frase, perdeva informazioni basilari, le sue emozioni oscillavano violentemente tra euforia e disperazione. Parlava con gli insetti per avere compagnia. Ripeteva la propria voce solo per non sentire il silenzio opprimente. Eppure, quel silenzio tornava sempre, implacabile.
Quando, finalmente, fu riportato fuori dalla caverna, scoprì che erano trascorsi 180 giorni — ma per lui solo 151. Il tempo, senza ancore esterne, si era fatto liquido, imprevedibile, irriconoscibile. Descrisse l’esperienza come “una lenta discesa nella follia” e disse che quella oscurità era “una notte senza fine” che lo perseguitò per decenni. Subì una perdita di memoria permanente e la sua salute mentale impiegò anni a riprendersi.
Eppure continuò. Tornò a isolarsi in altre caverne per confermare le scoperte che avrebbero cambiato per sempre la scienza del sonno, la psicologia del tempo e le ricerche sull’isolamento in ambienti estremi, come nello spazio. Il suo lavoro dimostrò che il tempo non è solo qualcosa di esterno che misuriamo: viene anche creato attivamente dalla mente. E quando tagliamo le ancore che ci legano al mondo, il cervello plasma un tempo proprio… anche a costo della sanità mentale.
Michel Siffre ha lasciato un’eredità che è allo stesso tempo un tributo alla resistenza e un monito sulla fragilità della mente umana. Un promemoria che l’isolamento non solo rivela chi siamo — ci trasforma. Perché, alla fine, il tempo non scorre soltanto fuori, nei meccanismi degli orologi. Il tempo vive anche qui dentro… e può essere piegato, distorto o distrutto dalla nostra stessa mente.
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