07/04/2016
Arte della parola
Nel settembre de l1924, Rudolf Steiner tiene la prima conferenza sull’Arte della Parola. Questa nuova arte origina dalle richieste di alcuni attori di teatro che avevano manifestato la necessità di compenetrare il loro lavoro con gli impulsi antroposofici. Nell’Arte dell’insegnamento la parola dovrà essere canale per il fluire dell’arte stessa. L’incoscienza nell’ambito della parola dovrà essere innalzata alla coscienza, trasformando una condizione di “non arte” in “arte”. La parola dovrà essere spogliata dall’utilitarismo e dalla scientificità per rivestirsi di coscienza e arte. Si accoglieranno in questo modo nuovo, suoni e ritmi. Tutto il parlare è un insieme di trentatré suoni, ogni grande opera teatrale o letteraria non contiene altro che questi trentatré suoni, eppure quanta potenza si può sprigionare da essi! Nelle vocali esprimiamo i sentimenti, nelle consonanti l’imitazione del mondo esterno ma la ricchezza incommensurabile consiste nella configurazione che va da suono a suono. I suoni stessi contengono già un gesto, un carattere peculiare, una manifestazione e il muovere dall’uno all’altro dovrà esprimere una sensibilità speciale, al contempo cosciente e non intellettuale e con la partecipazione di tutto l’organismo. Pochissimi sanno cosa avviene quando si articola anche se tutti lo facciamo con grande precisione e naturalezza.
L’uomo è capace di portare la parola alla bocca ma non riesce a portarla alla coscienza egli di fatto dimentica l’attività abitudinaria del parlare e non pronuncia mai i suoni con un particolare grado di coscienza. Questo dipende dal rapporto che l’uomo odierno ha con la parola e con il pensiero in generale. Né chi parla né chi ascolta si interessa a quali suoni o parole vengano scelti e al modo in cui questi vengano scelti, tutta l’attenzione è puntata sul contenuto ideale. I pensieri non si possono riportare direttamente, essi devono rivestirsi della lingua. Nelle forme aeree dei suoni, delle sillabe e delle parole, i pensieri giungono in onde all’ascoltatore che li accoglie in quanto tali, svestendoli di nuovo del contenuto sonoro. In tal modo i suoni divengono meri gusci per il pensiero e la lingua ha solo lo scopo di fornire informazioni e contenuti concettuali. La lingua è divenuta, per la nostra civiltà, un mero segnalatore di pensieri e per la coscienza odierna i due processi del parlare e del pensare non sono strettamente legati. Essi decorrono contemporaneamente: il pensiero in chiara coscienza e la parola del tutto automatizzata e sognante, priva di coscienza. Se ci poniamo il problema di “come” parlare, esso è di difficile soluzione poiché ci ritroviamo a nostro agio solo quando la nostra coscienza è impregnata non da suoni, parole e frasi ma dal “senso” di ciò che vogliamo esprimere. Ma non è sempre stato così e il suono di molte parole indica che, in tempi antichi, la relazione tra lingua e pensiero doveva essere molto più intima. La perdita della capacità da parte dell’umanità di comprendere direttamente i gesti sonori, è narrata nella leggenda della “Torre di Babele”. Naturalmente non bisogna pensare che questa perdita sia subentrata in modo così improvviso e catastrofico, come nella leggenda. La descrizione immaginifica della torre corrisponde piuttosto al risultato di una lunga evoluzione. Al progressivo spegnersi della comprensione immediata della lingua era legato un altro cambiamento radicale, vale a dire la perdita della comprensione per il linguaggio della natura. Prima gli uomini percepivano quel che gli alberi sussurravano, comprendevano lo scroscio delle onde e il fragore del tuono: in tutto ciò parlavano gli Dei. Anche il mondo visibile, il sorgere del sole, le forme degli animali, delle foglie e dei minerali erano come gesti udibili di esseri naturali divini. Per la coscienza odierna, pensiero e parola si sono del tutto divisi oggi il pensiero dovrebbe essere indipendente. In tal modo si giunge dal pensiero legato alla parola, al pensiero puro e la lingua non deve indicare il mondo reale ma la realtà pensata. Affrancato dal compito di portare i pensieri, il linguaggio acquista una nuova efficacia spirituale nella terapia e nell’arte. I pensieri divengono immagini della realtà, i suoni della lingua forze attive ed efficaci.
Maria Sole Avanzi