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Dott. Francesco Ioppolo  Ortopedico In punta di piedi blog Non ci sono radici ai nostri piedi, essi sono fatti per muoversi. (David Le Breton)

IL PIEDE HA CAMBIATO IL DESTINO DELL'UOMO (in meglio) E L'UOMO HA CAMBIATO IL DESTINO DEL PIEDE ED IL SUO(in peggio).Dal...
15/11/2025

IL PIEDE HA CAMBIATO IL DESTINO DELL'UOMO (in meglio) E L'UOMO HA CAMBIATO IL DESTINO DEL PIEDE ED IL SUO(in peggio).

Dalla savana africana alle città moderne, il piede umano è una testimonianza vivente di milioni di anni di evoluzione.

🦴 4,5 milioni di anni fa – Australopithecus

I nostri primi antenati camminavano in posizione eretta, ma i loro piedi conservavano ancora le caratteristiche dei primati: dita lunghe, alluce parzialmente opponibile, appoggio piatto. I loro piedi erano strumenti di sopravvivenza: si arrampicavano sugli alberi e percorrevano lunghe distanze, un perfetto equilibrio tra forza e mobilità.
Le orme di Laetoli furono trovate in Tanzania e risalgono a circa 3.700 milioni di anni fa. Vengono attribuite ad un gruppo di Australopitechi (Australopithecus afarensis, la specie di cui fa parte anche lo scheletro di una giovane chiamata, dai paleontologi, Lucy e ritrovato in Etiopia) che si muovevano insieme affondando i piedi su un terreno ricoperto di cenere bagnata che si è poi solidificata, “catturando” in modo indelebile il loro passaggio.

⚡ 2 milioni di anni fa – Homo erectus

Qui il piede si trasforma. Compaiono archi plantari , un tallone robusto e dita allineate: il piede diventa una struttura efficiente, capace di percorrere decine di chilometri. La resistenza e la velocità emergono come vantaggi evolutivi, cementando l’Homo erectus come un camminatore instancabile.

🔥 300.000 anni fa – Homo sapiens arcaico

Il piede è già un capolavoro biomeccanico. Arco longitudinale e trasversale perfettamente sviluppato, caoagno robusto, dita corte e allineate: l'equilibrio tra stabilità e propulsione raggiunge la sua massima espressione. Qui inizia l'era del piede moderno, progettato non solo per camminare, ma per correre, saltare e sostenere il corpo in modo ottimale.

✨ Oggi – Homo sapiens

Il nostro piede è un artefatto dell'ingegneria evolutiva. Ogni osso, ogni legamento, ogni articolazione riflette milioni di anni di adattamento ed ogni passo che facciamo è un'eco dei nostri antenati che camminavano nella savana milioni di anni fa ed il piede diventa, nella Storia dell'uomo, motivo di studio anatomico, soggetto immortalato in quadri e statue, responsabile di record sportivi, oggetto di feticismo o protagonista di poesie ( Elogio del piede - Erri De Luca)

Adesso la modernità lo mette in discussione: calzature restrittive, pavimenti piatti, la sedentarieta' minacciano la funzionalità di questo gioiello anatomico: prigioniero in una scarpa 16 ore al giorno, il piede diventa "cieco" agli stimoli ed alla conoscenza del terreno su cui cammina. Parte del corpo più lontana dal cuore e dagli occhi, viene considerato poco più che uno zoccolo, diventa vittima e causa di patologie dolorose, eppure mantiene la sua speciale resilienza: specifici esercizi possono riabilitarne le peculiari capacità.

Un dramma misconosciuto il Sedentarismo: la quarta causa di morte umana nel mondo industrializzato, tra le primissime ca...
08/11/2025

Un dramma misconosciuto il Sedentarismo: la quarta causa di morte umana nel mondo industrializzato, tra le primissime causa di malattie, prima responsabile per morte da fratture da caduta (500mila persone l’anno). Prevenzione e terapia sono economiche ed alla portata di tutti e non occorrono farmaci né esami diagnostici e forse è per questo che se ne parla poco.

Un regista moldavo, Eugen Merher, ha creato un nuovo spot per l’Adidas ambientandolo in una casa di riposo. Protagonista del video è un ex corridore, ormai c...

01/11/2025

È un argomento che sta diventando sempre più serio, una vera pandemia.

Stanno cambiando tragicamente le regole che tracciano i rapporti tra il sè comportamentale e il sè corporeo.

L’approccio ai social sta modificando il DNA stesso delle palestre.
Decine di minuti passati su macchine che si prestano anatomicamente alla permanenza in comodità, la perdita della percezione del tempo che passa.

Quelli che per la mia generazione erano i “tempi di recupero”, ora sono schegge cronologiche impazzite.

Mi sono “divertito” ad osservare con attenzione ed orologio alla mano una fetta di giornata nella mia palestra, ed il risultato è sconcertante.

Ragazzi, ma anche adulti, che stazionano a tempo indeterminato per un 4x12 che dura come un 20x20.
E se ti approcci per chiedere il “quanto” residuo di utenza, o hanno gli auricolari, o ti rispondono scocciati, senza nemmeno un’ipotesi di alternanza.

E spesso non è un problema anagrafico.

Banale ipotizzare risultati banali, e infatti i miglioramenti che le palestre registravano anni addietro non sono nemmeno avvicinabili dalla generazione attuale.
Nemmeno si guardano i culi delle ragazze, anche l’erotismo si consuma in un rettangolo luminoso.
Io li vedo, tutti. Si evita anche di incrociare sguardi.

La nostalgia del passato è anche nostalgia dei risultati.
La dieta può essere flessibile, l’allenamento NO!
Ci sono regole biochimiche e fisiologiche che impongono un comportamento che è drammaticamente diluito, e che non può che portare al rifiuto organico di alcun miglioramento.

Attenzione, perché nel tempo verrà depotenziato il senso stesso dei nostri impianti, rendendoli un’inutile estensione dei propri appartamenti.

🧠 Neuroplasticità funzionale e piedi “pensanti”: quando il cervello impara a “vedere” e “agire” attraverso i piedi.Nel c...
01/11/2025

🧠 Neuroplasticità funzionale e piedi “pensanti”: quando il cervello impara a “vedere” e “agire” attraverso i piedi.

Nel corso dell’evoluzione, l’essere umano ha sviluppato mani finemente specializzate, diventando una specie “manipolatrice”. Eppure, la storia della neurologia e della fisiologia ci insegna che il cervello non è vincolato da schemi rigidi: quando le mani vengono meno, il cervello può trasformare i piedi in strumenti cognitivi e motori di sorprendente precisione. Questo processo prende il nome di neuroplasticità funzionale.

La neuroplasticità è la capacità del sistema nervoso di modificare la propria struttura e funzione, il cervello non è statico, ma può rimodellarsi continuamente in risposta a stimoli ambientali, apprendimento, esperienze o (cosa importante) lesioni neurologiche: i neuroni cambiano le loro connessioni, rafforzano o indeboliscono sinapsi, e perfino generano nuove cellule in alcune aree.
✨ In sintesi la Neuroplasticità è la capacità del cervello di adattarsi, imparare e guarire. È un processo biologico, ma anche esperienziale: ciò che facciamo, pensiamo e apprendiamo lascia tracce fisiche nelle connessioni neuronali.

🔬 Tre sono i principali tipi di neuroplasticità

1. Plasticità sinaptica
È il meccanismo base dell’apprendimento e della memoria.
Le connessioni (sinapsi) tra neuroni si modificano in base all’attività:
• Potenziazione a lungo termine (LTP) → rafforzamento della sinapsi se stimolata ripetutamente (fondamentale per l’apprendimento);
• Depressione a lungo termine (LTD) → indebolimento della sinapsi se poco utilizzata.
🧩 Esempio: quando si impara un nuovo movimento (come una tecnica sportiva o l’uso di un nuovo strumento di lavoro) i circuiti motori e sensoriali si riorganizzano e le sinapsi coinvolte diventano più efficienti.



2. Plasticità strutturale
È la capacità del cervello di creare o eliminare connessioni fisiche:
• formazione di nuove dendriti e sinapsi;
• rimodellamento degli assoni;
• in alcune regioni (come l’ippocampo), neurogenesi vera e propria.
🧠 Esempio clinico: dopo un ictus, le aree cerebrali sane vicine o controlaterali possono “assumere” le funzioni di quelle lesionate attraverso la creazione di nuove reti.



3. Plasticità funzionale
È la capacità del cervello di spostare una funzione da una regione a un’altra:
• tipica nei processi di riabilitazione neurologica;
• coinvolge meccanismi di compenso e riorganizzazione corticale.
👣 Esempio: negli esseri umani focomelici, nati privi degli arti superiori, il piede diventa l’estensione principale del Sé corporeo: con esso si afferra, si scrive, si disegna, si suona uno strumento o si accarezza.
Ma ciò che rende straordinario questo fenomeno non è soltanto l’abilità motoria, bensì la riorganizzazione corticale che lo sostiene.
Studi di risonanza magnetica funzionale hanno mostrato che, in questi individui, le aree corticali normalmente dedicate alla mano si attivano durante i movimenti del piede.
In altre parole, il cervello non “sa” che quella zona era nata per comandare la mano — sa solo che lì si trova una rappresentazione utile per il controllo fine di un arto.
Con l’uso ripetuto, la corteccia somatosensoriale e motoria rimappa le funzioni, trasferendo al piede le proprietà di controllo fine, coordinazione e sensibilità che un tempo spettavano alla mano.
È un perfetto esempio di neuroplasticità funzionale adattiva, dove la funzione migra verso nuove strutture anatomiche.



🐾 Dall’uomo all’orso: la plasticità plantigrada dell’orso Pedal

L’orso Pedal, vissuto tra i boschi del Vermont sino al 2016 ( data della sua uccisione ad opera di un cacciatore) , era così chiamato per una sua andatura bipede conseguente ad una deformazione congenita degli arti anteriori che non gli permetteva di camminare a quattro zampe.
La neuroplasticità è entrata in gioco, nella vita dell’orso nato disabile, allenata, potenziata o riadattata — come accade negli atleti, nei danzatori, nei praticanti di arti marziali o nei soggetti che, privi di mani, usano i piedi come organi di percezione e manipolazione.



🦶 Il piede come strumento cognitivo

Ogni volta che un soggetto impara a usare il piede in modo nuovo — per afferrare un oggetto, per scrivere, per compiere un gesto tecnico — il cervello:
1. aumenta la rappresentazione corticale del piede nell’omuncolo sensoriale;
2. rinforza le sinapsi nelle aree motorie e somatosensoriali correlate;
3. crea nuove connessioni associative con aree visive, propriocettive e cerebellari.

Questo non è solo un adattamento motorio, ma un vero processo cognitivo:
il piede, da semplice mezzo di sostegno e locomozione, diventa organo di conoscenza e di interazione con l’ambiente.
La neuroplasticità funzionale, in questo senso, rivela la profonda unità del corpo e della mente.



🧘‍♂️ Dalla riabilitazione all’allenamento sensomotorio

Questa capacità di rimodellamento ha importanti implicazioni pratiche:
• Nella riabilitazione neurologica, la stimolazione plantare e la rieducazione propriocettiva possono facilitare il recupero post-ictus o post-trauma.
• Negli sport di equilibrio e arti marziali, l’allenamento a piedi nudi potenzia la connessione piede-cervello, migliorando reattività e stabilità.
• Nei bambini con disabilità congenite, l’uso funzionale del piede stimola vie nervose alternative e favorisce lo sviluppo di rappresentazioni corticali adattive.

In tutti questi casi, il principio è lo stesso: il cervello cambia quando cambia l’uso che facciamo del corpo.



🌍 Un nuovo paradigma del corpo intelligente

La neuroplasticità funzionale ci obbliga a superare l’idea di un cervello rigido e di un corpo passivo.
Il corpo — e i piedi in particolare — sono prolungamenti dinamici del sistema nervoso, dotati di memoria sensoriale e capacità di apprendimento.

Che si tratti dell’orso plantigrado che sente il terreno o dell’artista focomelico che dipinge con le dita dei piedi, il messaggio è lo stesso:

il cervello non si limita a comandare il corpo, lo ascolta, lo riscrive e lo reinventa.

"Pedals" the bipedal bear, who has become a social media darling, was spotted on the Old Woodland trail near the golf course in Oak Ridge, N.J. 06/21/2016

La sesamoidite del piede: come due ossa piccole possono diventare dolorose.Le ossa sesamoidi del piede sono due piccole ...
01/11/2025

La sesamoidite del piede: come due ossa piccole possono diventare dolorose.

Le ossa sesamoidi del piede sono due piccole ossa posizionate sotto la testa del primo metatarso: uno mediale (o tibiale) e uno laterale (o fibulare) rispetto all’alluce.
Sono situati all’interno del tendine del muscolo flessore breve dell’alluce (flexor hallucis brevis) o in stretta connessione con esso.

Pur essendo ossa molto piccole, i sesamoidi svolgono un ruolo biomeccanico non trascurabile nel reparto anteriore del piede:
- agiscono come fulcro o “cuscinetto” che aumenta l’angolo di applicazione del tendine, migliorando l’efficienza del muscolo che flette l’alluce (Flessore lungo dell’alluce) - stabilizzano la testa del metatarso e la prima articolazione metatarso-falangea (MTP1) durante la fase di spinta del passo.
- assorbono parte dello stress e della pressione lungo la pianta del piede, specialmente sotto l’alluce, durante il cammino o la corsa.

La sesamoidite è un’infiammazione dei sesamoidi del piede e/o dei tessuti molli circostanti, localizzata in genere sotto la testa del primo metatarso, spesso in corrispondenza dell’articolazione dell’alluce.
Può verificarsi senza frattura dell’osso, ma in alcuni casi può essere associata a microtraumi, sovraccarico ripetuto o stress di vario tipo:
- carichi ripetuti sull' alluce ( corsa, danza, salto, attività sportive che implicano spinta sull’avampiede)
- calzature inadeguate (suole troppo flessibili, tacchi alti, scarpe con scarsa stabilità o supporto sotto l’alluce)
- alterazioni anatomiche del piede ( alluce valgo, alluce rigido) che modificano la pressione sui sesamoidi.
- alsovrappeso o aumento improvviso del carico o del volume dell’attività fisica.
- variante anatomica dei sesamoidi ( sesamoide bipartito, ossia un sesamoide suddiviso in due parti) che possono predisporre a irritazione.

Il sintomo tipico della sesamoidite è un dolore localizzato sotto la testa del primo metatarso, che spesso peggiora con la deambulazione, soprattutto nella fase di spinta sull’alluce, con scarpe rigide o tacchi alti.
Possibile la conparsa di lieve gonfiore o sensibilità locale, ma spesso senza segno evidente di infiammazione massiva (rossore, calore)

La diagnosi è soprattutto clinica, basata sull’anamnesi (traumi, attività, scarpe), esame obiettivo (palpazione della zona sotto il primo metatarso, test di compressione assiale dell’alluce) e, se necessario, esami strumentali.
Gli esami utili possono includere:

Radiografie per valutare eventuali fratture, dislocazioni o presenza di sesamoidi bipartiti, RMN o TAC se si sospetta una frattura da stress, necrosi avascolare o se la diagnosi rimane incerta.

Il trattamento prevede inizialmente un approccio conservativo (non chirurgico):
1. Ridurre o sospendere temporaneamente le attività che esercitano carico eccessivo sull’avampiede, come salti, corsa su punta, uso di tacchi alti, ecc.
2. Uso di scarpe adeguate con suola rigida sotto l’avampiede, evitando suola sottile e tacchi alti
3. Plantari che redistribuiscano la pressione lontano dai sesamoidi.
4. Crioterapia e farmaci per ridurre dolore e infiammazione.

L’intervento chirurgico viene valutato solo quando il trattamento conservativo condotto per almeno 4-6 mesi non ha alleviato il dolore o se vi è una frattura del sesamoide non consolidata, necrosi avascolare o forte disallineamento.
La opzione chirurgica più diffusa prevede la escissione del sesamoide (sesamoidectomia), da valutare con attenzione perché può alterare la meccanica del passo.

Non e stato Homo Sapiens a creare il bipedismo, bensì il contrario (Erling Kagge)Il piede, paradigma dell’evoluzione uma...
31/10/2025

Non e stato Homo Sapiens a creare il bipedismo, bensì il contrario (Erling Kagge)

Il piede, paradigma dell’evoluzione umana

Il piede è una delle strutture anatomiche più rivelatrici della nostra storia evolutiva. Insieme al bacino, alla colonna vertebrale e agli arti inferiori, rappresenta uno dei pilastri della postura eretta — la caratteristica distintiva del lignaggio umano da almeno quattro milioni di anni.

1. Dalla mano al piede: un cambiamento funzionale radicale

Nei primi primati, gli arti anteriori e posteriori avevano funzioni simili: afferrare e muoversi tra i rami. Il piede era, in sostanza, una “mano del piede”, con un alluce opponibile (divergente) utile per la presa arborea.

Con la transizione alla vita terrestre, questa funzione mutò profondamente: il piede cessò di essere un organo prensile per diventare una piattaforma di appoggio, propulsione ed equilibrio.

2. Australopithecus: il primo piede bipede

Con l’Australopithecus (circa 3,6 milioni di anni fa), i fossili – come la celebre “Lucy” – e le impronte di Laetoli (Tanzania) mostrano già un piede adattato alla deambulazione bipede.
Le principali caratteristiche erano:
- alluce allineato alle altre dita (non più opponibile),
- capacità del piede di funzionare da molla e ammortizzatore,
- calcagno robusto, in grado di resistere agli impatti del tallone a ogni passo.

Questi piedi, tuttavia, conservavano ancora una certa capacità di presa, suggerendo un comportamento misto: camminavano in posizione eretta, ma continuavano ad arrampicarsi.

3. Homo erectus: il piede del camminatore e del corridore

Con l’Homo erectus (circa 1,8 milioni di anni fa), il piede assunse una forma pressoché moderna:
-archi ben sviluppati (longitudinali e trasversali),
-dita corte e allineate,
- una fascia plantare e un tendine d’Achille molto potenti, adattati alla corsa di resistenza.

Queste trasformazioni resero il piede una struttura elastica ed efficiente, capace di immagazzinare e rilasciare energia a ogni passo — una qualità fondamentale per la caccia persistente e i lunghi spostamenti attraverso la savana.

4. Il piede moderno: una meraviglia biomeccanica

Il piede umano attuale è composto da 26 ossa, 33 articolazioni e oltre 100 muscoli, tendini e legamenti. È organizzato come un’architettura elastica che distribuisce il peso e assorbe gli impatti.
Impatta sul terreno ed utilizza la spinta che ne riceve come una molla.

Questo ingegnoso design permette di camminare in posizione eretta per ore con un dispendio energetico minimo.

5. Il prezzo evolutivo dello “standing”

Nonostante la sua efficienza, il piede umano è anche vulnerabile. Patologie come fascite plantare, alluce valgo, metatarsalgia o piede piatto derivano da un design evoluto per camminare scalzi su terreni naturali, non per calzature rigide e asfalto moderno.

Dopo una lunga transizione evolutiva, il piede si è trasformato da organo prensile arboricolo in una molla elastica terrestre.
Ogni osso racconta una storia di equilibrio tra stabilità, propulsione ed economia energetica: un capolavoro evolutivo che rimane uno degli adattamenti più eleganti della storia umana.

EL PIE, PARADIGMA DE LA EVOLUCIÓN HUMANA El pie es una de las estructuras más reveladoras sobre nuestra historia evolutiva. Es, junto con la pelvis, la columna y las extremidades inferiores, un pilar de la bipedestación, la característica que define al linaje humano desde hace al menos 4 millone...

𝗦𝗮𝗻𝗱𝗮𝗹𝗼 «Akolouthei»-  Egitto greco-romano — I–III sec. d.C.Oggetto di arredamento a forma di scarpa con inciso sulla su...
31/10/2025

𝗦𝗮𝗻𝗱𝗮𝗹𝗼 «Akolouthei»- Egitto greco-romano — I–III sec. d.C.

Oggetto di arredamento a forma di scarpa con inciso sulla suola il greco ΑΚΟΛΟΥΘΕΙ (“segui/seguimi”).
In Egitto, tra età tolemaica e romana, il greco era lingua d’uso e di culto. Parole brevi e imperative come akolouthei compaiono su amuleti e offerte miniaturistiche, a richiamare protezione, guida o devozione. Il sandalo — simbolo di viaggio, passaggio e morte — si presta bene a questi significati.

Il piede: libero e judoka 😀
30/10/2025

Il piede: libero e judoka 😀

Quali sono i benefici della pratica sportiva a piedi nudi?Qual e' il valore aggiunto sui bambini, sugli atleti, sugli anziani?In questo video, 10 interessant...

Edema osseo: cos’è, perché compare e come si curaL’edema osseo è una condizione in cui una parte dell’osso si “gonfia” a...
30/10/2025

Edema osseo: cos’è, perché compare e come si cura

L’edema osseo è una condizione in cui una parte dell’osso si “gonfia” a causa di un accumulo di liquidi al suo interno. Questo fenomeno non è visibile dall’esterno — l’osso non si deforma — ma può provocare dolore particolarmente invalidante per intensità e durata.

L’edema osseo non è una malattia in sé ma un segno diagnostico , descritto per la prima volta da Wilson (1988), evidente all'esame scintigrafico od a quello RMN ed indicativo di patologia dell'osso con origine sia traumatica che non traumatica

Le sedi più comuni in cui si manifesta sono il ginocchio, la testa del femore (anca), mano e polso, piede e caviglia.

L’edema osseo può avere origini diverse, e spesso più di una concorre al problema:
° traumi o microtraumi ripetuti.: distorsioni, cadute o sport ad alto impatto possono provocare microfratture o contusioni ossee.
° condizione dolorosa protratta nel tempo ( scarpe strette, stare in ginocchio a terra per ore)
° sovraccarico funzionale: attività intense o movimenti scorretti causano stress meccanico sulle ossa.
° alterazioni articolari: artrosi, lesioni meniscali o cartilaginee, problemi di allineamento.
° cause vascolari o infiammatorie: ridotta circolazione locale o processi infiammatori possono ridurre l’ossigenazione dell’osso.
° in alcuni casi non si identifica una causa chiara

I sintomi più frequenti dell'edema osseo sono:
§ un dolore particolare, "urente", continuo ed importante (iperalgesia), può sembrare sproporzionato poichè amplificato anche da una pressione banale come quella del lenzuolo o dei vestiti (allodinia), presente soprattutto durante il movimento o quando si carica peso sull’articolazione interessata.
§ la rigidità articolare;
§ gonfiore o lieve calore dell’area circostante (non sempre presente).

Il trattamento dipende dalla causa e dalla gravità, ma nella maggior parte dei casi è conservativo, cioè non chirurgico, e prevede:
- riposo e scarico della articolazione interessata e, per favorirli, a volte tramite uso di tutori
- l'assunzione di farmaci "bifosfonati" (attualmente il Neridronato), antinfiammatori e vasoprotettori
- fisioterapia strumentale , principalmente la CEMP (Campi elettromagnetici pulsati)
- nelle forme più estese o dolorose può essere utile un breve periodo con stampelle o tutori, per alleggerire il carico sull’articolazione.

Prognosi e tempi di guarigione : nella maggior parte dei casi l’edema osseo guarisce completamente nel giro di 2-6 mesi e
solo il 7% dei pazienti sono "non responder" (insensibili) al neridronato .
La guarigione dipende dall'estensione dell’ edeme osseo e dalla tempestività del trattamento; nei rari casi in cui l’edema non si risolve, può evolvere in necrosi ossea (cioè perdita di vitalità del tessuto osseo), il cui trattamento diventa chirurgico (sostituzione della articolazione danneggiata con un protesi)

L’edema osseo è una reazione dell’osso a uno stress o a una sofferenza locale. Il dolore prolungato non va sottovalutato,
ma con una diagnosi corretta e un trattamento mirato si risolve nella maggior parte dei casi senza conseguenze permanenti.

(in foto es RMN del ginocchio: le parti "bianche" rappresentano le zone di edema osseo)

Subchondral insufficiency fracture of the knee: review of current concepts and radiological differential diagnoses (Jpn ...
30/10/2025

Subchondral insufficiency fracture of the knee: review of current concepts and radiological differential diagnoses (Jpn J Radiol. 2021 , Junko Ochi ,Taiki Nozaki, Akimoto Nimura, Takehiko Yamaguchi , Nobuto Kitamura)

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