Dott. Angelo Rizzo - Psicologo

Dott. Angelo Rizzo - Psicologo Psicologo
Specializzato in psicoterapia Psicologo

22/09/2025

Una nuova puntata della nostra rubrica “la verità, vi spiego, sul dolore” - la chiacchiera di Heidegger.

“La chiacchiera è sfruttare – sarebbe più esatto dire sprecare - l’occasione di contatto con l’altro per dimostrare la propria individualità, per imporla al contesto. In questo modo il contesto diventa trampolino per spiccare un salto, in realtà quasi sempre scarso in altezza e grazia, che allontani il più possibile dalla superficie pianeggiante dall’anonimato. Già solo dalla chiacchiera come manifestazione nel dialogo dell’esistenza inautentica, si comprende che quest’ultima è quella che ci vede programmati per volere qualcosa dall’altro, per trasformarlo, come direbbe Sartre, in oggetto del nostro mondo, in elemento funzionale al nostro progetto.”

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19/09/2025

Empatia ed empatismo
Una parola sulla bocca di tutti, terapeuti e non: empatia. Fare i terapeuti non vuol dire essere empatici per default. Infatti pare che l’empatia sia una caratteristica molto variabile nei terapeuti. Miller e Moyers (2021) ipotizzano che l’“accurata empatia” (accurate empathy) del terapeuta richieda due elementi: un’attitudine spontanea e una capacità tecnica (skill). Il primo elemento consta di quello che Rogers (1980) considerava parte di un modo di essere del terapeuta, che muove la sua curiosità, la sua apertura verso il mondo interno del paziente, la massima attenzione a quanto il paziente esprime (Gordon, 1970; Miller, 2018). Il secondo elemento ha a che vedere con la capacità del terapeuta di manifestare la propria empatia a fini terapeutici (Gelso, Perez-Rojas, 2017). La vera empatia consiste a volte nel comprendere che non è il caso di manifestare eccessiva empatia, perché il paziente non è pronto ad accoglierla; troppo abituato a uno sguardo dell’altro che non sa intercettarlo. Invece, capita che il terapeuta, mosso dalla necessità di dimostrare la propria empatia al paziente, indulga in quello che Bolognini (2004) ha chiamato empatismo, una sorta di scimmiottamento dell’attitudine empatica, nella quale il terapeuta sembra voler stabilire a tutti i costi una connessione intima con il paziente, mosso dall’illusione che questo gli permetterà di controllare la situazione e ottenere un risultato.



Studio MayaCentro clinico di psichiatria, psicoterapia individuale e di gruppo, formazione e supervisione clinica, ricer...
15/09/2025

Studio Maya
Centro clinico di psichiatria, psicoterapia individuale e di gruppo, formazione e supervisione clinica, ricerca, criminologia. Diretto dal prof. Gianpaolo Salvatore.

Via Antonio Amato, 20/22
Scala A – II PIano
84131 – Salerno

Consulenze ed Appuntamenti
E-mail: studiomaya2015@libero.it
Cell. 329 5994571
(“Solo messaggi Whatsapp”)





01/09/2025

Laboratorio sulla tecnica del colloquio

📚 4 moduli didattico-esperenziali di 2 ore

📌 In presenza e online

✍️ Info ed iscrizioni
📧 studiomaya2015@libero.it



27/08/2025

In Effective Psychotherapists. Clinical Skills That Improve Client Outcomes (2021), Miller e Moyers mostrano dati che attestano che gli psicoterapeuti non migliorano nel tempo in termini di efficacia clinica. I terapeuti non godono dell’intrinseco beneficio apportato dall’esperienza: a differenza di altre categorie dedicate alla cura – per esempio, i chirurghi –, che tendono a migliorare nel tempo sulla base della iterazione della procedura e della tendenza ad apprendere dai propri errori, gli psicoterapeuti non vedono modificarsi il loro livello di efficacia in relazione al livello di esperienza. Per un chirurgo, cimentarsi ripetutamente nel tempo nell’intervento nel quale si specializza è fattore intrinseco di promozione dell’incremento di efficacia di quell’intervento; per un terapeuta, invece, erogare ripetutamente un certo intervento psicoterapeutico non si traduce in un incremento di efficacia di quell’intervento. In soldoni, un chirurgo tende a fare sempre meno errori; un terapeuta tende a ripetere sempre gli stessi; anche se collezione attestati e modelli.
L’unica strada che porta al “miglioramento” del terapeuta è quella che prevede la frequentazione delle proprie zone oscure, assieme a chi condivide la stessa paura del buio.




18/08/2025

Nel nostro lavoro abbiamo spesso bisogno di credere che esistano prototipi di “disturbo mentale” astratti dalle forme concrete di umanità. Spesso questo bisogno è espressione dell’urgenza di ridurre il nostro smarrimento di fronte alla complessità dell’altro e di noi stessi. Un “disturbo” può non riguardarci ed essere analizzato, letto attraverso la rassicurante griglia concettuale di un modello teorico, “curato”; mentre la sofferenza che striscia tra le pieghe di quella complessità è affare che riguarda il paziente quanto noi terapeuti; e non può essere “analizzata”; solo compresa, rivissuta.




06/08/2025

Per mantenere la vicinanza di chi è indispensabile per la nostra sopravvivenza psicologica […] ogni individuo tenderà naturalmente durante la propria crescita a incarnare “il figlio preferito”.
[…] Gli aspetti di del sé che l’individuo in evoluzione ha sperimentato essere graditi nella relazione con l’ambiente di crescita prevarranno sempre di più nel rapporto con il mondo. Si consolideranno, guideranno il modo di essere-nel-mondo in età adulta e, in non pochi casi, produrranno sofferenza. La sofferenza è dovuta soprattutto al fatto che questi aspetti di sé possono sperimentare uno spettro ristretto di affetti; […] Per esempio, un individuo che cerca l'aiuto di una terapia per sintomi ansiosi e depressivi, potrebbe essere diagnosticato come “narcisista”. Ma questa è solo un'etichetta diagnostica che lascia il tempo che trova (esistono molti modi diversi di essere "narcisista", e riprenderò questo tema). Nella sostanza, questo paziente potrebbe soffrire perché l’ambiente lo ha portato nel corso della sua crescita a “estinguere” e a non esprimere una parte vulnerabile di sé; per esempio il bisogno di essere accudito quando è fragile. Questa parte potrebbe essere stata sistematicamente rifiutata dall’ambiente relazionale nel corso dello sviluppo, mentre una parte che vive per la ricerca costante di ammirazione, fortemente gradita all’ambiente perché gratificante per esso, guida il modo in cui l’individuo si relaziona con se stesso, con gli altri e con il mondo.
Siamo sculture modellate dall’esistenza, alla ricerca di qualcuno che raccolga gli scarti lasciati cadere da uno scultore troppo preso dall’immagine della propria opera finita.

Tratto da:

G. Salvatore. “La verità, vi spiego, sul dolore - Perché soffriamo con noi stesi e con gli altri”. Blog studio Maya, 30 maggio 2025, https://studiomaya2025.blogspot.com/2025/05/la-verita-vi-spiego-sul-dolore-perche.html

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04/08/2025

La vergogna si infiltra negli interstizi dell'intera struttura psichica. E "l'affetto più intenso che una persona non è in grado di modulare" (Bromberg, 2006, pp. 93-94). E totalizzante, paralizzante, perché è legata non a qualcosa di sbagliato che abbiamo fatto, come la colpa; ci vergogniamo di ciò che siamo (Bromberg, 2011; Lynd, 1958). Per questo, nel suo incedere, la vergogna invade completamente la mente. Come scrive Howell (2020, p. 102), essa "va al nucleo dell'individuo, al nucleo dell'identità".

Tratto da:
G. Salvatore. (2023) La vergogna del terapeuta. Da nucleo di sofferenza a fattore di cura. Raffaello Cortina Editore.



01/08/2025

Tradire noi stessi
[…]
Cresciamo in un ambiente fatto di relazioni, prima fra tutte quella con i nostri genitori. […] L’insieme di queste relazioni – che da ora chiamo “ambiente relazionale” - sin dalle fasi più precoci del nostro sviluppo personale, ci insegna cosa dobbiamo essere, ma anche cosa non possiamo permetterci di essere. Questo è dovuto - come scrive Paul Wachtel «all’inevitabile selettività dell’amore e dell’attenzione di chi si prende cura di noi».
[…] Ogni ambiente funziona secondo le proprie regole, che determinano cosa di noi sarà accettato e amato, e cosa sarà più o meno esplicitamente – a volte molto sottilmente - disapprovato e rifiutato. […] È come se l’ambiente, […] ci comunicasse silenziosamente, nel tempo, che alcune parti di noi hanno il diritto di vivere, mentre altre devono essere necessariamente scartate; e se questo non accade, l’ambiente sarà insoddisfatto. […]Un bambino che vede lo sguardo soddisfatto e amorevole dei genitori solo quando è “il più bravo di tutti”, ma perde quello sguardo quando gioca e si sporca nel fango, o quando è triste e bisognoso di comprensione, crescerà sentendo che l’unico modo per mantenere quello sguardo su di lui è continuare a sforzarsi a essere il più bravo di tutti. E non smetterà di adeguarsi a questo principio crescendo. Avvertirà la necessità di essere il più bravo di tutti anche quando sforzarsi di essere il più bravo di tutti è del tutto fuori contesto; per esempio nell'intimità amorosa.
Ecco, quindi, l’inevitabile, inconsapevole, tragico auto-tradimento che mettiamo in atto sin dalle prime fasi della nostra esistenza per adattarci alla richiesta dell’ambiente.


�Tratto da:

G. Salvatore. “La verità, vi spiego, sul dolore - Perché soffriamo con noi stesi e con gli altri”. Blog studio Maya, 12 maggio 2025, https://studiomaya2025.blogspot.com/2025/05/la-verita-vi-spiego-sul-dolore-perche.html

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25/07/2025

La rubrica “La verità, vi spiego, sul dolore - Perché soffriamo con noi stesi e con gli altri” […] è il frutto di esperienze in qualche modo sempre dolorose: l’esperienza accumulata cercando di aiutare molti pazienti gravi, nella costante, logorante incertezza circa la possibilità che un individuo possa veramente aiutare un altro individuo, e sentendomi un impostore a causa di tale incertezza; l’esperienza accumulata cercando di aiutare attraverso la supervisione molti colleghi ostaggi del loro lavoro e di sé stessi, nella logorante certezza di soffrire della medesima cattività; l’esperienza accumulata ponendo continuamente domande a me stesso sull’origine della mia personale inquietudine, riuscendo a darmi solo risposte parziali (le risposte totalmente affidabili sono prerogativa del tempo).
Parlerò delle verità sotterranee che alimentano la sofferenza sarò a volte acuto e profondo, a volte ottuso, cieco, imperdonabilmente omissivo. Ma mai insincero. Tranne quando non me ne accorgerò.

Tratto da:

G. Salvatore. “La verità, vi spiego, sul dolore - Perché soffriamo con noi stesi e con gli altri”. Blog studio Maya, 2 maggio 2025, https://studiomaya2025.blogspot.com/2025/05/la-verita-vi-spiego-sul-dolore-perche.html

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Un paziente perfezionista non è solo perfezionista. Non va visto solo nella sua tendenza a voler essere perfetto e nel c...
23/07/2025

Un paziente perfezionista non è solo perfezionista. Non va visto solo nella sua tendenza a voler essere perfetto e nel conseguente terrore dell'errore, ma anche (soprattutto se vogliamo comprenderlo veramente) nella sua incapacità, che è condanna a vita, di non poter essere altro che questo. Ciò implica - tra le altre cose - l'impossibilità di esperire la vicinanza autentica dell'altro; la profonda solitudine in mezzo a persone nominalmente intime; l'angoscia per l'evenienza che il proprio viso si contragga in una smorfia di dolore davanti a testimone - dolore che il paziente si aspetta sarà giudicato e non capito.

Tratto da:

G. Salvatore. “La verità, vi spiego, sul dolore - Perché soffriamo con noi stesi e con gli altri”. Blog studio Maya, 22 luglio 2025, https://studiomaya2025.blogspot.com/2025/05/la-verita-vi-spiego-sul-dolore-perche.html

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