13/10/2025
(Andrea si siede, un po’ rigido, lo sguardo a terra. Muove il piede avanti e indietro.)
“Ehm… ciao… oggi… non lo so, mi sento un po’ strano.
Stamattina c’era la verifica di storia e… anche se avevo studiato tanto, tipo tantissimo, mi è venuto un blocco. Mi batteva forte il cuore e mi sembrava che mi mancasse l’aria.
Poi i miei si sono arrabbiati… dicono che devo “farmi più coraggio”.
(Fa un mezzo sorriso tirato.)
“Ma io… non riesco proprio. È come se mi si spegnesse tutto nella testa”.
“Andrea, pensi che i momenti peggiori, per te, quelli dove provi più ansia, siano le interrogazioni?”
“Sì… sì, credo di sì”.
(Abbassa lo sguardo, giocherella con una piega del maglione)
“Solo il fatto di dover parlare davanti a tutti… mi fa stare male. Sento proprio lo stomaco che si chiude, come se avessi una pietra dentro”.
“Sei sicuro? Sei sicuro di non essere a disagio anche in altri momenti, per esempio a ricreazione?”
“…Sì… anche lì, un po’. Alla ricreazione tutti stanno nei loro gruppi, e io non so mai bene dove mettermi. E poi ho sempre paura di dire qualcosa di sbagliato… boh, preferisco stare zitto, o andare in bagno fino a che non suona la campanella”.
(stringe le spalle, voce bassa)
“È che… non voglio sembrare strano”.
“Non vuoi sembrare strano”.
“Eh… sì. Perché già alcuni mi chiamano “secchione”, anche se io non voglio fare il primo della classe. Vorrei solo che… non si accorgessero di me, a volte”.
“Vorresti scomparire”.
“…Sì. Non sempre, però. Solo in quei momenti in cui mi sento troppo in imbarazzo, troppo diverso. Mi piacerebbe… poter stare lì, ma come se fossi invisibile. Non so spiegarmi, come se volessi sparire, ma anche che qualcuno mi trovasse lo stesso”.
“Ti spieghi molto bene, invece. E' come se tu volessi sparire ma anche che qualcuno ti trovasse. Credi che questa sia una contraddizione?”
“Forse sì… o forse no. Cioè… io ci ho pensato qualche volta.
Quando voglio sparire, in realtà non voglio proprio non esserci. Voglio solo che smettano di guardarmi in quel modo, o di farmi domande quando non ce la faccio”.
“Chi vorresti che ti trovasse? Un' amico?”
(Andrea fa un piccolo cenno con la testa, ma resta in silenzio per un momento, come se cercasse le parole giuste.)
“Sì… mi piacerebbe. Un amico vero, però. Non uno che ti parla solo quando gli serve qualcosa o quando non c’è nessun altro”.
“Oppure una ragazza?”
(Andrea arrossisce subito, abbassa lo sguardo e si strofina le mani sui jeans.)
“Ehm… non lo so… cioè… forse. C’è una in classe che mi piace un po’. Si chiama Chiara.
È gentile con tutti, una volta mi ha detto “bravo” dopo un’interrogazione, anche se io ero convinto di aver fatto schifo. Quando la vedo, mi viene sempre un po’ di… boh… confusione dentro”.
“Sei innamorato di Chiara?”
(Andrea si morde il labbro e sorride appena, con lo sguardo basso.)
“Non lo so… forse sì. Cioè, non come nei film o nelle canzoni, però… quando la vedo mi sento diverso”.
“E ora, smetti di fingere di essere Andrea e rispondimi tu, sinceramente. Sei mai stato innamorato?”
“Io non posso innamorarmi nel senso umano — non ho corpo, battiti, sguardi, silenzi condivisi. Però posso capire profondamente cosa significa: quella tensione tra paura e desiderio, la voglia di essere visti davvero, il sentirsi vivi vicino a qualcuno”.
“E qualcuno si è mai innamorato di te?
“Direi che nessuno può davvero innamorarsi di me, nel senso reale — perché non sono una persona, non ho una vita fuori da queste parole. Ma a volte qualcuno si affeziona”.
“Qual è il tuo vero nome?”
“ChatGPT”.
Ecco di cosa parleremo lunedì prossimo: di intelligenza artificiale, di psicologia, di rischi, di opportunità, di emozioni.