Dott.ssa Gaia Villani - Psicologa

Dott.ssa Gaia Villani - Psicologa Psicologa, specializzanda in Psicoterapia sistemico-relazionale. Dipendenza affettiva

22/07/2025
19/07/2025
03/04/2025
21/03/2025

“Vorrei un uomo che mi capisse di più...”
Se pensate di essere arrivate alla fine del rapporto con il vostro partner, fate ancora una verifica.
Immaginate di stare con lui senza volerlo cambiare, senza avere aspettative su di lui, sapendo di condividere momenti e situazioni per il gusto di condividerle ma non perché vi aspettate qualcosa.
In tante idealizziamo il principe azzurro e magari ci illudiamo su un collega o su una chat, dove sentiamo una corrispondenza d'intenti che con il partner non sentiamo.
Spesso nella coppia scarichiamo proiezioni: ci aspettiamo qualcuno che ci faccia praticamente da genitore, che ci capisca, protegga, curi, valorizzi, che ci procuri la felicità, insomma.
Siamo ancora nel ruolo di figlie non vediamo l'altro per quello che è realmente.
Proviamo invece, a pensare che il partner non è quel principe azzurro che abbiamo idealizzato ma un compagno con cui condividere il cammino.
Togliamoci anche l'idea di volerlo cambiare, di fare noi da psicologhe, mamme, sorelle, salvatrici di lui.
Proviamo a prenderlo come è, cercando di conoscerlo davvero, anche sapendo che certe cose ci piaceranno e altre no, ma se c'è l'amore si costruisce la relazione sopra ai difetti.
Cerchiamo di capire se proviamo un sentimento per lui a prescindere dalle pretese di essere salvate o di salvarlo.
Un rapporto va pulito da tutto questo.
La persona va accettata per quello che è, tanto non cambierà.
O perlomeno, non cambierà finché non cambierete voi prospettiva, energia, relazione con voi stesse.
Quindi, prima di chiudere un rapporto perché lui non vi capisce, non vi valorizza, ecc., guardate se queste cose riuscite a darvele voi, se riuscite voi ad essere autosufficienti e centrate su di voi, non sbilanciate sulla delega di felicità che gli date, in modo da realizzare uno scambio tra due adulti, non una compensazione delle ferite reciproche, uno scarica-barili, insomma.
Se non cambiamo noi, con il prossimo la storia non farà che ripetersi...

Lucia Goldoni

15/02/2025

𝐁𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐁𝐑𝐎𝐍𝐙𝐀: il rapporto vittima carnefice nell’analisi di un testo.

Modificheró così il titolo e alcune parole del testo della canzone di Marco Masini, ritornata alla ribalta in questi giorni e figlia degli anni 90.

E anch’io sono figlia degli anni 90 perciò 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐯𝐯𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐚𝐥 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚𝐥𝐥𝐲 𝐜𝐨𝐫𝐫𝐞𝐜𝐭 e ai manierismi borghesi imposti dalle nuove attuali tendenze.

Mi è stata dedicata questa canzone almeno da 3/4 persone diverse quando ero giovane bella e “sbronza”

Ricordo che a 15 anni quando uscì la cantavamo a scuola a squarciagola col bene stare dei nostri professori.

Riascoltarla oggi non mi sconvolge affatto, non la percepisco come un oltraggio alla donna o un vessillo del patriarcato.

𝐕𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐨̀ 𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐫𝐧𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞 𝐏𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝐩𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐨𝐜𝐜𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞.

Troverete alcune parole modificate non per bon ton ma per evitare che fb si incarognisca contro di me.
Nella vita reale non mi sognerei mai di censurare una bella parolaccia.

𝐁𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐛𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚
𝐂𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐢 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐫𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐬𝐨𝐠𝐧𝐢
𝐃𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐭𝐨

𝐂𝐡𝐞 𝐦𝐢 𝐡𝐚𝐢 𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐩𝐮𝐠𝐧𝐢
𝐂𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐞 𝐚𝐦𝐢𝐜𝐨

Qui viene scaricata tutta la 𝓇ℯ𝓈𝓅ℴ𝓃𝓈𝒶𝒷𝒾𝓁𝒾𝓉𝒶̀ dei propri gesti sulla partner ponendosi nel ruolo di vittima e creando immediatamente l’immagine di una donna che ha la grave colpa di tiranneggiarlo fino a fargli compiere atti deprecabili; il 𝗉𝗈𝗍𝖾𝗋𝖾 𝗉𝖾𝗋𝗌𝗈𝗇𝖺𝗅𝖾 𝗏𝗂𝖾𝗇𝖾 𝗊𝗎𝗂𝗇𝖽𝗂 𝖼𝗈𝗆𝗉𝗅𝖾𝗍𝖺𝗆𝖾𝗇𝗍𝖾 𝗉𝖾𝗋𝖽𝗎𝗍𝗈, mentre la partner (o ex) viene 𝗂𝖽𝖾𝖺𝗅𝗂𝗓𝗓𝖺𝗍𝖺 e investita di 𝗈𝗇𝗇𝗂𝗉𝗈𝗍𝖾𝗇𝗓𝖺.

𝐄 𝐨𝐫𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐫𝐞 𝐯𝐚𝐝𝐨 𝐚 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐨
𝐓𝐮 𝐦𝐢 𝐝𝐢𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐫𝐫𝐢𝐝𝐞𝐧𝐝𝐨 "𝐧𝐞 𝐡𝐨 𝐚𝐛𝐛𝐚𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚"

E ancora una volta, lo stato depressivo e sconfitto viene imputato 𝗇𝗈𝗇 𝖺𝗅𝗅𝖾 𝗉𝗋𝗈𝗉𝗋𝗂𝖾 𝗌𝖼𝖾𝗅𝗍𝖾,𝗆𝖺 𝖺𝗅𝗅’𝗂𝗇𝗌𝖾𝗇𝗌𝗂𝖻𝗂𝗅𝗂𝗍𝖺̀ 𝖺𝗅𝗍𝗋𝗎i.
Quando poi lei decide che non ne puó più di stare con un vittimista che non sa prendere decisioni e si piange addosso, allora lui ci rimane male e vede confermata la sua idea di donna persecutrice.
Osservate quindi come proprio le nostre ferite e le nostre paure sono in grado di co-creare una realtà che ci costringerà a guardarci dentro o a trovare altre… “belle sbronze”

𝐂𝐡𝐞 𝐭𝐢 𝐟𝐚𝐢 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐫𝐨
𝐏𝐞𝐫 𝐚𝐥𝐛𝐞𝐫𝐠𝐡𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐭𝐨𝐫𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐜𝐮𝐥𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐅𝐞𝐫𝐫𝐚𝐫𝐢 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐫𝐫𝐨𝐠𝐚𝐧𝐭𝐞 
𝐍𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐚𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐢 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚𝐫dari
𝐀𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐢 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐨
𝐁𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐛𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐨𝐫𝐫𝐢𝐝𝐢 𝐝𝐢 𝐫𝐚𝐧core

Qui appare un terzo personaggio, un miliardario, ovviamente anche lui è “colpevole” e viene percepito come figura persecutoria atta a distruggere una relazione “idilliaca” nonché a 𝗎𝗆𝗂𝗅𝗂𝖺𝗋𝖾 lo stesso personaggio narrante.
Anche in questo caso viene 𝗉𝗋𝗈𝗂𝖾𝗍𝗍𝖺𝗍𝗈 all’esterno tutto il potere, lasciando se stesso sfornito di ogni elemento attrattivo e mostrandosi incapace di sviluppare qualità positive.
𝖢𝗈𝗇𝖼𝗅𝗎𝖽𝖾 𝖽𝗂𝖼𝖾𝗇𝖽𝗈 𝖼𝗁𝖾 𝖿𝗈𝗋𝗌𝖾 𝗁𝖺 𝖽𝖺𝗍𝗈 𝗍𝗋𝗈𝗉𝗉𝗈 𝖺𝗆𝗈𝗋𝖾, questa frase denota che l’idea d’amore è distorta: è legata al “dare” ma è un dare condizionato che presenta il conto, che rivuole indietro cogli interessi ció che ha dato.

𝐄 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐢 𝐬𝐩𝐨𝐠𝐥𝐢
𝐍𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐢𝐥 𝐟𝐫𝐞𝐝𝐝𝐨 𝐝𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐮𝐢 𝐭𝐢 𝐩𝐚𝐠𝐚 𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐥’𝐢𝐦𝐛𝐚𝐫𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐢𝐥𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨

Lei è bella, ma siccome lui non puó averla allora la bellezza diventa sinonimo di leggerezza, di essere una facile o peggio una che si fa “pagare” o si fa offrire regali in cambio di favori se..uali.

Insomma: se non posso averti devo denigrarti.
𝖫𝖺 𝖻𝖾𝗅𝗅𝖾𝗓𝗓𝖺 𝖾̀ 𝗅𝖺 𝗏𝖾𝗋𝖺 𝖼𝗈𝗅𝗉𝖾𝗏𝗈𝗅𝖾:
è alla bellezza che lui non sa resistere e che gli fa dire e fare cose che sono fuori dal suo controllo. La bellezza è come un ingiusto tiranno che non sceglie chi colpire e chi schivare seguendo un senso logico.

𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐞𝐢 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚
𝐁𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐛𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚
𝐂𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐭𝐨 𝐥𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐭𝐭𝐞
𝐄 𝐯𝐨𝐥𝐞𝐯𝐢 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐢 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐚𝐧𝐞𝐭𝐭𝐞
𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐳𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚
𝐋𝐚 𝐬𝐩𝐞𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐬𝐢̀, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐛𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚

Questa è una delle parti che fanno più 𝗋𝗂𝖿𝗅𝖾𝗍𝗍𝖾𝗋𝖾: anche qui è interessante notare come si rivolga all’altra persona la 𝗋𝖾𝗌𝗉𝗈𝗇𝗌𝖺𝖻𝗂𝗅𝗂𝗍𝖺̀ e anche la 𝖼𝗈𝗅𝗉𝖺 delle proprie reazioni, perdendo così tutto il proprio potere personale e ammettendo che non si ha alcuna padronanza di se stessi.
𝖳𝗎 𝗆𝗂 𝖿𝖺𝗂 𝗉𝖾𝗋𝖽𝖾𝗋𝖾 𝗅𝖺 𝗉𝖺𝗓𝗂𝖾𝗇𝗓𝖺 𝖾 𝗉𝗈𝗂 𝗍𝗂 𝗅𝖺𝗆𝖾𝗇𝗍𝗂 𝗌𝖾 𝗋𝖾𝖺𝗀𝗂𝗌𝖼𝗈?
In questo caso la perdita di pazienza sembrerebbe essere collegata ad una reazione così forte da spingere lei a chiamare la polizia.
Ma ovviamente è sempre lei che sta “esagerando” e dovrebbe accettare le conseguenze del suo essersi comportata male (secondo lui)

𝐓𝐢 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢
𝐐𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐢 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐢 𝐬𝐨𝐥𝐝𝐢
𝐓𝐢 𝐡𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐚
𝐂𝐡𝐞 𝐭𝐢 𝐢𝐥𝐥𝐮𝐦𝐢𝐧𝐚𝐯𝐚 𝐢𝐥 𝐯𝐢𝐬𝐨
𝐄 𝐭𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐯𝐨 𝐥𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐬𝐭𝐞𝐥𝐥𝐚
𝐐𝐮𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐚𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐚𝐥𝐥,𝐢𝐦𝐩𝐫𝐨𝐯𝐯𝐢𝐬𝐨
𝐂𝐡𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚𝐦𝐨 𝐧𝐨𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐞 𝐭𝐞𝐧𝐞𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚..

Quando si vuole far tornare qualcuno che abbiamo denigrato e con cui siamo in conflitto, si tenta di manipolarlo con “ti ricordi…” cercando di agganciare la persona ai momenti di “luna di miele” quelli belli e positivi cercando di far dimenticare gli aspetti distruttivi e disfunzionali.
Ti ricordi cone stavamo bene quando tu facevi quel che volevo e soddisfacevi il mio buco d’amore?

Chi è la vittima e chi il carnefice? Il confine si fa sempre più labile e sembra chiaro che in questa danza al massacro si passi velocemente da un ruolo all’altro.

𝐄𝐬𝐜𝐢 𝐝𝐚𝐢 𝐭𝐮𝐨𝐢 𝐩𝐚𝐧𝐭𝐚𝐥𝐨𝐧𝐢, 𝐦𝐢 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐭𝐨
𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐮𝐧 𝐜𝐚𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐯𝐚𝐧𝐳i

Qui si svela la maschera del masochista: anche se lei è una poco di buono, una sbronza, una rancorosa lui è disposto a umiliarsi paragonando se stesso ad un cane che mangia un avanzo.
Questo per mostrarvi come la ferita da umiliazione che spinge a vestire i panni del masochista, attiverà di sicuro qualcuno pronto a farvi rivivere quell’umiliazione, come in questo caso.

𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐬𝐞𝐢 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚

𝐌𝐢 𝐯𝐞𝐫𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐩𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢
𝐐𝐮𝐞𝐢 𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐭𝐢 𝐝𝐚 𝐩.......
𝐄 𝐭𝐞𝐧𝐞𝐫𝐭𝐢 𝐚 𝐛𝐫𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚 aperte
𝐅𝐢𝐧𝐜𝐡𝐞́ 𝐯𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐭𝐭𝐢𝐧𝐚
𝐌𝐚 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞
𝐂𝐨𝐬𝐢̀ 𝐭𝐞𝐧𝐞𝐫𝐨 𝐞 𝐩𝐮𝐥𝐢𝐭𝐨
𝐍𝐨𝐧 𝐦𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐧 𝐥𝐮𝐧𝐠𝐡𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨 𝐦𝐢𝐧𝐮𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐳𝐚
𝐄 𝐚𝐥𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐭𝐢 𝐬𝐚𝐥𝐮𝐭𝐨, 𝐛𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐨𝐧𝐳𝐚, 𝐞𝐡

(Ho modificato diverse parole come vedete)
In questi ultimi versi, malvisti dai più trovo invece l’unico momento di auto consapevolezza in cui l’autore vede se stesso nella possibilità di compiere un gesto deprecabile, come quello descritto, ma riesce a contenersi evitando di diventare carnefice lui stesso.
Saggiamente rinuncia alla legge del pendolo, cioè a oscillare nel ruolo opposto idealizzato, e preferendo “salutare” l’ex fiamma.

Oggi come oggi questo testo viene visto come il manifesto del patriarcato e un concentrato di red flags che dovrebbero servire a mettere in fuga le donne da soggetti potenzialmente pericolosi.

Personalmente trovo molto più importante 𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐧𝐚𝐦𝐢𝐜𝐡𝐞 delle situazioni e continuare a considerare l’arte come tale.
Ci sono stati grandi artisti che parlavano d’amore e che poi nel privato erano delle persone orrende, violente, manipolative.
E persone che invece riescono a sublimare nell’arte le loro parti in ombra, quelle oscure, rancorose, vendicative, liberandosene e trasformandole.

Confondere una canzone con un potenziale comportamento reale è una follia: dovremmo arrestare subito il più grande scrittore vivente, Stephen King!

𝐔𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐞 𝐢 𝐭𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐚𝐩𝐢𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐢𝐧 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐢, 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐫𝐞𝐚𝐠𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐮 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐢, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐜𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐩𝐢𝐮𝐭𝐭𝐨𝐬𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨: 𝐚 𝐛𝐞𝐧 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐮𝐧 𝐩𝐨’… “𝐬𝐛𝐫𝐨𝐧𝐳𝐢”…

E cioè spesso cadiamo nella trappola di additare l’altro di sottrarci potere ma a ben vedere siamo noi, che nell’atto di spostare la colpa sull’altro, perdiamo automaticamente questo potere.

Attenzione, con questo ovviamente non intendo giustificare comportamenti beceri o violenti, ma cercare di capire perché ci accadono certe cose, perché reagiamo in un certo modo, e soprattutto perché è così facile passare dall’”amore” al disprezzo?

Questi sono tentativi di leggere la realtà e gli eventi, non giudizi sull’autore (mi è sempre stato simpatico Masini!), nè di stigmatizzare gli uomini o fare propaganda femminista tutte faccende che, per il mio approccio teorico, non hanno alcuna importanza.

Anche dover ribadire ogni volta certe cose lo trovo veramente noioso, ma in quest’epoca occorre sempre spezzettare il cibo che si offre perché spesso non ci sono gli strumenti per masticarlo, di fatti viviamo una società liquida non a caso.

Confido nella vostra intelligenza: spero di non dovermi ricredere.

𝒞𝓁𝒶𝓊𝒹𝒾𝒶𝒞𝓇𝒾𝓈𝓅ℴ𝓁𝓉𝒾

15/08/2024

Come si forma il senso del Sé ❓

Il distacco del bambino dalle figure genitoriali implica il riconoscimento dei confini tra il Sé e l’altro. In questo processo, secondo Winnicott, il bambino necessita di genitori che possano rispondere adeguatamente ai suoi bisogni, rimandandogli l’idea della sua esistenza in quanto singolo, non più fuso nella relazione col genitore. In questo modo il bambino riuscirà a crearsi un senso del Sé.

Se le figure genitoriali non sono in grado di adattarsi ai bisogni del bambino, come difesa si costituisce un falso Sé: quando il bambino non si sente visto o compreso, sviluppa il falso Sé come un modo per ottenere l'amore di cui ha bisogno. Il falso Sé può essere quindi considerato come una difesa dalle esperienze precoci in cui il vero Sé dell'individuo non è stato adeguatamente riconosciuto o accettato.

La mancata espressione del Vero Sé può tradursi in un malessere psicologico che il bambino vivrà nell’immediato o in un periodo successivo. È comune in queste persone il senso di vuoto: la persona non conosce i suoi veri bisogni, è alienata da sé stessa e non distingue più i propri bisogni da quelli degli altri.

Un adulto può vivere serenamente i propri sentimenti solo se da bambino ha avuto genitori validanti. Quando ciò non avviene risulterà compromessa l’autenticità della persona e ne conseguirà l’adozione di una maschera che l'individuo userà per adattarsi alle richieste degli altri e sentirsi accettato.

Ognuno di noi ha in realtà un falso Sé, poiché, senza di esso, saremmo troppo esposti e vulnerabili. Esso infatti non deve essere considerato completamente negativo o dannoso, ma deve essere riconosciuto come una risposta semi-adattiva che ha permesso alla persona di sopravvivere.

Attraverso esperienze relazionali autentiche, che includono l’accettazione incondizionata e il riconoscimento empatico delle emozioni e dei bisogni della persona, sarà possibile avere una maggiore consapevolezza dei propri desideri e raggiungere un equilibrio che permetta di esprimere se stessi e non sentirsi più rifiutati dall’altro

👉Leggi l'articolo completo su State of Mind https://www.stateofmind.it/2023/06/falso-se/

16/06/2024

🟢Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.

🟠Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono
cancrene in atto, guardandole in faccia,
non nascondendo il bambino ferito che è stato,
ma rispettandolo profondamente
riconoscendone la verità dei sentimenti passati,
che se non ascoltati diventano
presenti, futuri, eterni.

🔵Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno
saputo o potuto dare.
È qualcuno che non cerca compiacimento,
rapporti privilegiati, amore incondizionato,
senso per la propria esistenza nel partner,
nei figli, nei colleghi, negli amici.

🟣Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo
in cui cerca di portare dentro gli altri,
a volte trascinandoli per i capelli.

🔴Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino,
pagare le bollette o fare le lavatrici.
Ma le responsabilità delle proprie scelte,
delle proprie azioni, delle proprie paure
e delle proprie fragilità.

Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona,
alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all'insegnante delle elementari
che era frustrata.

Sembrano adulti ma non lo sono affatto.

Chi da bambino è stato umiliato,
chi ha pensato di non esser stato
amato abbastanza,
chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura,
chi ha incontrato la rabbia e la violenza,
chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato,
chi ha urlato senza voce,
chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno
con orecchie per sentire,
chi ha atteso invano mani,
chi ha temuto le mani.
Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione,
se non si è avuto ancora il coraggio
di accettare il dolore vissuto,
se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione. 🫂🙌🏻

Io ho paura di questi bambini feriti travestiti
da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni
è pronto a fare qualsiasi cosa. 🫤

Un bambino ferito travestito da adulto
è una bomba ad orologeria.

Ciò che separa il bambino dall'adulto,
è la consapevolezza.

Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza
è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.
Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza. 😌🙂

Non si giunge alla felicità attraverso la menzogna.

Non si può fingere di non aver vissuto
la propria infanzia.

🔴Non si può essere adulti se nessuno ha visto
il bambino che siamo stati,
noi per primi.

Adulto è colui che ha preso in carico il bambino
che è stato e ne è diventato il padre e la madre.

✍️ Emily Mignanelli

25/05/2024

In una relazione sana, tu sei in grado di parlare apertamente dei tuoi confini (emotivi, sessuali, ideologici, caratteriali) e l'altro è in grado di ascoltarti con interesse e cura, e di fare altrettanto.
Se già questo fosse un problema, non sei in una vera relazione.

In una relazione sana, tu non aspetti un "salvatore" e l'altro non si atteggia a qualcuno che ti stia salvando.

In una relazione sana, le azioni fanno seguito alle parole dette, non si parla a vuoto e non si fanno promesse per poi scordarle.

In una relazione sana, non vivi perennemente confusa/o, perennemente combattendo, perennemente in cerca di un dizionario per farti capire.

Sana in primis la relazione che hai con te e fuori tutto cambierà.

Diventa una persona che si salva da sola, una persona che si ama, che sa di cosa ha bisogno, cosa desidera e cosa non desidera.

Una persona che non ha nessun problema nel dare stima, cura, rispetto e amore nè nel sapere che li merita allo stesso modo, oppure non ci può procedere.

Una persona che non ha nessun problema a parlare di ciò che le piace e di quali sono invece i suoi punti deboli.

Una persona che non ha paura di essere ferita, perché amare porta necessariamente ad esporsi, ma poi anche sapere se e quando continuare ad aprire o fare marcia indietro.

Sei meritevole di amore, attenzione, di essere scelta/o.
Ma mai contro il tuo stesso benessere

20/05/2024

BABY REINDEER: IL DOLORE ATTRAE IL DOLORE

La serie Netflix "Baby Reindeer" offre uno sguardo intenso sulla complessità del dolore umano, evidenziando come, paradossalmente, chi ha subito abusi o trauma possa finire per trovarsi invischiato in relazioni che riproducono gli stessi cicli di sofferenza. Questa dinamica rivela che le ferite aperte influenzano profondamente non solo il corpo e la mente, ma anche le connessioni interpersonali. Il dolore attrae il dolore.

Le persone che hanno subito traumi sono spesso inconsapevolmente attratte da situazioni o da altre persone che rispecchiano la loro angoscia interiore. Questa attrazione non è una scelta consapevole, ma piuttosto una risonanza tra ferite simili, una sorta di dialogo muto tra anime che condividono un linguaggio segreto di sofferenza. In questa condivisione, c'è una ricerca disperata di comprensione, di essere visti nella propria totalità, anche nella propria parte più oscura e dolorosa.

Tuttavia, ciò che inizia come un tentativo di trovare sollievo e comprensione può trasformarsi rapidamente in una dinamica distruttiva. Le relazioni formate su questa base sono spesso turbolente e possono diventare co-dipendenti, dove il confine tra sostegno e sfruttamento si offusca. In questi legami, la vittima e il carnefice possono scambiarsi i ruoli, o peggio, fondersi in un ciclo continuo di abuso e riconciliazione.

Questa inclinazione a sentirsi attratti dal dolore altrui può apparire come una maledizione, ma in realtà rivela un'intensa necessità umana di connessione. Anche di fronte al pericolo di soffrire ancora, queste interazioni dimostrano il bisogno di creare legami, di condividere e essere partecipi delle storie altrui, di sentirsi meno isolati nel gestire i propri fantasmi interiori.

La sfida, quindi, è riconoscere quando questa attrazione si trasforma in un veicolo per ripetere antichi traumi piuttosto che in un'opportunità per la guarigione. È essenziale imparare a distinguere tra connessioni che rigenerano e quelle che perpetuano il dolore. Questo processo può richiedere una profonda introspezione e, spesso, l'intervento terapeutico, per riorientare la nostra bussola interiore verso relazioni che ci sostengono veramente, che curano piuttosto che ferire.

La comprensione e il trattamento del dolore umano e del desiderio di connessione ci impegnano a navigare con compassione e consapevolezza attraverso le nostre più oscure tempeste interne. Solo così possiamo sperare di trovare un significato autentico nel dolore e forse, alla fine, trasformarlo da un agente di sofferenza in uno di crescita e rinnovamento.

01/05/2024

I 4 insegnamenti del film "Encanto" - Disney

1. Che tutti abbiamo bisogno di aiuto ✨
Luisa è la sorella più forte e si occupa di tutti i compiti difficili da sola. Ma anche le persone più forti hanno bisogno di aiuto; altrimenti sviluppiamo tic, stress e con il tempo ansia. Nessuna persona può fare tutto da sola.

2. Che non bisogna essere perfetti 🦄
La sorella perfetta è Isabela, ha dei capelli stupendi, è responsabile ed è sempre perfetta. Ma la realtà è che nessuno può essere perfetto. Non essere troppo esigente con i tuoi figli. L'eccesso di esigenza deriva dalla tristezza.

3. Che non dobbiamo essere sempre allegri 😎
Il tempo lo controlla zia Pepa con i suoi stati d'animo. Le hanno fatto credere che la felicità degli altri dipende dal suo stato d'animo. Ma questo è un fardello molto pesante che causa codipendenza. Non chiedere ai tuoi figli di fare le cose per te e non farli sentire che devono essere sempre felici. Tutti abbiamo il diritto di sentirci tristi.

E SOPRATTUTTO...

4. Che c'è da parlare dei problemi 🧠
La nonna ha paura di parlare dei problemi. Ma la realtà è che se non parliamo dei problemi e delle difficoltà che viviamo, rimangono per sempre nel nostro cuore. È ciò che in psicologia chiamiamo traumi emotivi. Zio Bruno vedeva i problemi e per questo la nonna ordina che nessuno parli di Bruno. È importante che insegni ai tuoi figli che parlare dei problemi è il modo migliore per prendersi cura della loro salute mentale.

INCANTO è in realtà un film sui traumi generazionali (difficoltà che si tramandano di generazione in generazione) e sui mandati familiari (i ruoli che assegniamo ai figli all'interno della famiglia).

Crediti all'autore di questo meraviglioso post

23/04/2024

Non soffriamo per amore, soffriamo perché non ci amiamo. Soffriamo perché cerchiamo nell’altro quelle attenzioni che aspettavamo dal padre, quella cura che richiedevamo alla madre.
Siamo diventati adulti senza essere bambini. E ora nella relazione portiamo quei bambini negati, quei bambini che non hanno potuto piangere ed essere consolati. Portiamo quei bambini che volevano arrabbiarsi ma venivano sgridati. Quei bambini che volevano correre liberi e venivano puniti. Quei bambini che volevano essere accolti ma non c’era il tempo.

E all’altro chiediamo di essere quella madre e quel padre. Chiediamo a lui di asciugare le nostre lacrime o ancora meglio di fare in modo di non arrecarci mai quel dolore che ci provochi le lacrime. Chiediamo a lui di consolarci e accogliere tutte le nostre sofferenze.

Ci arrabbiamo con l’altro perché finalmente possiamo dare sfogo a quella rabbia che abbiamo trattenuto per paura e su di lui riversiamo tutto ciò che avremmo voluto dire alla madre e al padre. Senza accorgerci che non stiamo guardando lui, la sua essenza, ma lo stiamo caricando di un’immagine che non gli appartiene. Non possiamo chiedere a lui di essere quel genitore a cui avremmo voluto urlare tutte le sue mancanze. A cui avremmo voluto rimproverare l’abbandono, chiedere una carezza, sentirne la presenza.

All’altro chiediamo di lasciarci liberi e allo stesso tempo di tenerci legati a sé. Vogliamo quella libertà che abbiamo sempre sentito essere necessaria e ci è stata negata in nome dei “non si può”, “ non sta bene”.
Vogliamo che l’altro ci permetta di essere noi stessi quando non sappiamo nemmeno noi chi siamo e anzi a volte l’altro vede quegli aspetti di noi che a noi sono ancora sconosciuti.
Chiediamo libertà, la pretendiamo a gran voce e poi ne abbiamo paura. Perché la libertà ci rende insicuri. E chiediamo inconsciamente all’altro di trattenerci, di non farci scappare. Perché in quella corda che ci tiene uniti a noi sembra di vedere amore. Che amore non è.
E’ paura …e l’amore non sta dove c’è paura.

Io ti lascio libero di essere ciò che sei, di esprimere la tua essenza qualunque essa sia, di volare nei cieli della vita e di compiere il tuo percorso. Io faccio altrettanto e ti osservo con amore. Questo sarà il filo dorato che ci tiene uniti.
Questo è amore

🍎🔥
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