10/07/2025
"[...] 𝘎. 𝘰𝘳𝘢 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢, 𝘧𝘢 𝘭𝘦 𝘴𝘤𝘢𝘭𝘦, 𝘨𝘪𝘰𝘤𝘢 𝘢 𝘤𝘢𝘭𝘤𝘪𝘰, 𝘴𝘤𝘳𝘪𝘷𝘦 𝘢 𝘮𝘢𝘤𝘤𝘩𝘪𝘯𝘢, 𝘦 𝘤𝘪 𝘧𝘢 𝘶𝘯 𝘴𝘰𝘳𝘳𝘪𝘴𝘰 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘤𝘰𝘴𝘪̀... 𝘐 𝘮𝘦𝘥𝘪𝘤𝘪 𝘢𝘷𝘦𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘥𝘢𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘦𝘯𝘻𝘢: 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘦𝘳𝘢̀, 𝘯𝘰𝘯 𝘷𝘦𝘥𝘳𝘢̀, 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘪𝘳𝘢̀; 𝘦 𝘪𝘯𝘷𝘦𝘤𝘦 𝘎., 𝘤𝘰𝘯 𝘭'𝘢𝘪𝘶𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘮𝘢𝘮𝘮𝘢 𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘴𝘶𝘰 𝘱𝘢𝘱𝘢̀, 𝘤𝘦 𝘭'𝘩𝘢 𝘧𝘢𝘵𝘵𝘢! [...]"
Sfogliando in questi giorni un vecchio raccoglitore trovato in sede, contenente testimonianze, articoli e testi di AGOR prodotti nei quarant'anni di lavoro con bambini disabili e le loro famiglie, mi è saltata agli occhi questa frase presa da 𝘓𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘎., che la sua famiglia tanti anni fa ha scritto per essere di aiuto e dare coraggio a tante altre famiglie che si trovano in situazioni analoghe alla loro. È una storia lunga ma molto toccante. Ve la racconto.
G. è nato sano, ma dal primo giorno di vita la sua pelle ha iniziato a diventare sempre più gialla per l'ittero neonatale, tanto che fu necessario un trasferimento in un ospedale più attrezzato, per le dovute cure. È rimasto in osservazione per quasi un mese, fino a quando i medici constatarono che l'ittero aveva provocato una grave cerebrolesione, che avrebbe impedito qualsiasi movimento volontario di G. e molto probabilmente portato anche cecità e sordità.
Nonostante l'enorme dolore, la famiglia non si è data per vinta, tentando di fare il possibile e l'impossibile, per cercare di "𝘳𝘪𝘥𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘢 𝘎.", tanto che ha stravolto le proprie dinamiche per trasferirsi in una Casa Famiglia, dove, tra tanti altri bambini, terapisti e assistenti con pazienza dal lunedì al sabato cercavano di stimolare G. con esercizi di ginnastica e di linguaggio.
Il tempo passava, G. cresceva ed era sempre felice e socievole con tutti, e nonostante non riuscisse a parlare, aveva imparato a farsi capire con i gesti. La situazione quindi procedeva, ma l'intera famiglia aveva bisogno di "tornare alla normalità" a casa, e così i genitori, con tanti dubbi ma con anche tante speranze, decisero di rientrare al loro paese, e di seguire con G. un nuovo metodo, studiato in America e insegnato a Verona (in AGOR): la terapia per la riorganizzazione neurologica.
Iniziarono così questo percorso fatto di insegnamenti precisi, con esercizi specifici da ripetere un certo numero di volte durante la giornata, con sequenze specifiche, per la stimolazione di udito, vista, motricità e anche per l'apprendimento e la lettura.
Chi tuttora segue il progetto di AGOR sa che si tratta di un enorme lavoro, che richiede fatica, costanza, sacrificio e concentrazione, per il bambino in primis che deve eseguire gli esercizi, ma anche per i familiari che devono accompagnarlo: la famiglia di G. si rese presto conto che avrebbero fatto molta fatica loro soli a far seguire al figlio questo programma, e così chiesero aiuto ad amici e volontari, che iniziarono a supportare G. con gli esercizi, garantendo e portando avanti in questo modo tutto il lavoro richiesto.
"[...] 𝘎. 𝘦𝘳𝘢 𝘶𝘯 𝘣𝘢𝘮𝘣𝘪𝘯𝘰 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪𝘨𝘦𝘯𝘵𝘦: 𝘢𝘷𝘦𝘷𝘢 𝘭𝘢 𝘴𝘦𝘯𝘴𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘤𝘪𝘴𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘭𝘢𝘷𝘰𝘳𝘰 𝘨𝘭𝘪 𝘧𝘢𝘤𝘦𝘷𝘢 𝘣𝘦𝘯𝘦, 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘦 𝘨𝘭𝘪 𝘤𝘰𝘴𝘵𝘢𝘷𝘢 𝘵𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘴𝘢𝘤𝘳𝘪𝘧𝘪𝘤𝘪𝘰.
𝘌 𝘶𝘯 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰 𝘷𝘰𝘭𝘭𝘦 𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘳𝘦 𝘢 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢𝘳𝘦, 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢 𝘵𝘦𝘯𝘦𝘯𝘥𝘰𝘴𝘪 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘮𝘢𝘯𝘰, 𝘦 𝘱𝘰𝘪 𝘥𝘢 𝘴𝘰𝘭𝘰. 𝘊𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢𝘷𝘢, 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢𝘷𝘢 𝘦 𝘤𝘢𝘮𝘮𝘪𝘯𝘢𝘷𝘢, 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘷𝘰𝘭𝘭𝘦 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘷𝘦𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘭𝘢 𝘤𝘢𝘳𝘳𝘰𝘻𝘻𝘪𝘯𝘢. 𝘋𝘰𝘱𝘰 𝘢𝘭𝘤𝘶𝘯𝘪 𝘮𝘦𝘴𝘪 𝘷𝘰𝘭𝘭𝘦 𝘧𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘴𝘤𝘢𝘭𝘦! 𝘊𝘩𝘦 𝘴𝘱𝘢𝘷𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰: 𝘢𝘥 𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘪𝘴𝘵𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘱𝘰𝘵𝘦𝘷𝘢 𝘤𝘢𝘥𝘦𝘳𝘦, 𝘮𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘪𝘯𝘶𝘰̀ 𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘳𝘤𝘪! 𝘓𝘦 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘦 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘦 𝘴𝘪 𝘵𝘦𝘯𝘦𝘷𝘢 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘳𝘪𝘯𝘨𝘩𝘪𝘦𝘳𝘢, 𝘮𝘢 𝘱𝘰𝘪 𝘪𝘮𝘱𝘢𝘳𝘰̀ 𝘢 𝘴𝘢𝘭𝘪𝘳𝘦 𝘦 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘥𝘦𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘱𝘦𝘳𝘧𝘦𝘵𝘵𝘰 𝘦𝘲𝘶𝘪𝘭𝘪𝘣𝘳𝘪𝘰. [...]"
G. frequentava le scuole normali (con l'insegnante di sostegno) e il suo sogno più grande era quello di riuscire a dare un calcio alla palla, come tutti i suoi compagni. E un giorno ci riuscì, con tanta gioia di tutti i suoi amici, e quello divenne il suo gioco preferito!
"[...] 𝘎. 𝘰𝘳𝘢 𝘧𝘳𝘦𝘲𝘶𝘦𝘯𝘵𝘢 𝘭𝘢 𝘐𝘐𝘐 𝘮𝘦𝘥𝘪𝘢, 𝘪𝘯 𝘶𝘯𝘢 𝘴𝘤𝘶𝘰𝘭𝘢 𝘯𝘰𝘳𝘮𝘢𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘶𝘯𝘢 𝘷𝘢𝘭𝘪𝘥𝘢 𝘢𝘴𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘳𝘪𝘦𝘴𝘤𝘦 𝘢 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘳𝘭𝘰. 𝘏𝘢 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘨𝘳𝘰𝘴𝘴𝘦 𝘥𝘪𝘧𝘧𝘪𝘤𝘰𝘭𝘵𝘢̀ 𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘮𝘶𝘯𝘪𝘤𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘥𝘦𝘷𝘦 𝘶𝘴𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘢 𝘮𝘢𝘤𝘤𝘩𝘪𝘯𝘢 𝘥𝘢 𝘴𝘤𝘳𝘪𝘷𝘦𝘳𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘪 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘪𝘵𝘪 𝘮𝘢 𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘦 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘳𝘰𝘨𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪. 𝘌 𝘱𝘰𝘪𝘤𝘩𝘦́ 𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘤𝘰𝘰𝘳𝘥𝘪𝘯𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘪 𝘣𝘳𝘢𝘤𝘤𝘪𝘢 𝘦 𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘯𝘰𝘯 𝘦̀ 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘱𝘦𝘳𝘧𝘦𝘵𝘵𝘢, 𝘦̀ 𝘴𝘵𝘢𝘵𝘢 𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘢𝘤𝘤𝘩𝘪𝘯𝘢 𝘥𝘢 𝘴𝘤𝘳𝘪𝘷𝘦𝘳𝘦 𝘶𝘯𝘢 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘪𝘭𝘦 𝘴𝘵𝘳𝘪𝘴𝘤𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘮𝘦𝘵𝘢𝘭𝘭𝘰, 𝘤𝘰𝘯 𝘥𝘦𝘪 𝘣𝘶𝘤𝘩𝘪 𝘪𝘯 𝘤𝘰𝘳𝘳𝘪𝘴𝘱𝘰𝘯𝘥𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘦𝘳𝘦, 𝘤𝘰𝘴𝘪̀ 𝘭𝘦 𝘥𝘪𝘵𝘢, 𝘣𝘢𝘵𝘵𝘦𝘯𝘥𝘰, 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘵𝘳𝘢𝘵𝘵𝘦𝘯𝘶𝘵𝘦 𝘥𝘢𝘭 𝘮𝘦𝘵𝘢𝘭𝘭𝘰 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘴𝘤𝘪𝘷𝘰𝘭𝘢𝘯𝘰 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘴𝘶𝘪 𝘵𝘢𝘴𝘵𝘪 𝘥𝘪 𝘱𝘭𝘢𝘴𝘵𝘪𝘤𝘢.[...]"
Credo che in queste ultime righe ci sia la più grande forma di amore verso il figlio, e tutta l'enorme forza di una famiglia che, senza arrendersi, ha cercato l'aiuto giusto per migliorare la vita del figlio.
Ed è proprio questo che fa AGOR: insegna ai genitori cosa fare e li forma, per renderli sempre più consapevoli che, anche se il danno cerebrale riscontrato è gravissimo e sembra irreversibile, si possono "fare cose" e attivare quei processi per offrire al bambino la "miglior vita possibile".
"[...] 𝘌 𝘥𝘰𝘱𝘰, 𝘎. 𝘤𝘰𝘴𝘢 𝘧𝘢𝘳𝘢̀? 𝘌̀ 𝘶𝘯 𝘨𝘳𝘰𝘴𝘴𝘰 𝘱𝘳𝘰𝘣𝘭𝘦𝘮𝘢 𝘦𝘥 𝘶𝘯 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪𝘦𝘳𝘰. 𝘔𝘢 𝘴𝘱𝘦𝘴𝘴𝘰 𝘭𝘶𝘪 𝘳𝘪𝘦𝘴𝘤𝘦 𝘢 𝘴𝘵𝘦𝘮𝘱𝘦𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘭𝘦 𝘯𝘰𝘴𝘵𝘳𝘦 𝘱𝘳𝘦𝘰𝘤𝘤𝘶𝘱𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘢𝘭𝘭𝘦𝘨𝘳𝘪𝘢 𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘭𝘢 𝘴𝘶𝘢 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘷𝘰𝘨𝘭𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘷𝘪𝘷𝘦𝘳𝘦."
Foto: CF - foto d'archivio - Giacomo Albertini