15/03/2021
LA BIODANZA
Articolo di Angelo Lo Verme
La Biodanza favorisce l’integrazione dei due emisferi, fisiologicamente collegati dal corpo calloso, ma psicologicamente separati da una cultura occidentale prevalentemente razionale, analitica, cognitiva-verbale, riequilibrando lo scompenso che tale cultura comporta. Simile integrazione sviluppa le facoltà creative dell’individuo. Nel tempo inoltre, mediante la stimolazione controllata di cui si è già detto dell’identità e della regressione, dello stato dell’attività e del rilassamento, si può giungere a un buon equilibrio tra questi due estremi, favorendo l’omeostasi, l’equilibrio neurovegetativo, e di conseguenza la riduzione dell’ansia e degli stress negativi.
A proposito di stress è utile esporre brevemente i meccanismi che lo regolano. Nel 1936 Hans Selye, biologo viennese all’università di Montreal (Canada), introdusse il termine di stress, che in inglese significa pressione, sollecitazione, sforzo, per indicare la risposta degli organismi agli stimoli interni o esterni che tendevano a modificarne lo stato di equilibrio, od omeostasi. Egli, lavorando su alcuni topi, si accorse che l’iniezione di diversi preparati ghiandolari provocava nel loro organismo sempre la stessa risposta: l’ingrossamento e l’iperattività della corteccia surrenale, l’atrofia del timo e dei nodi linfatici e ulcere gastrointestinali.
Successivamente notò che la stessa risposta si aveva anche in seguito a infezioni, fratture ossee, fatiche pesanti e prolungate, sbalzi di temperatura ambientale, esposizione a raggi X, ecc.. Da ciò ne dedusse che l’organismo reagiva con lo stesso sistema di adattamento ai diversi fattori, chiamati agenti stressanti o stressori. Lo stress è, dunque, la condizione aspecifica e sempre uguale in cui si trova l’organismo quando deve adattarsi a qualunque novità. La reazione allo stress coinvolge tre sistemi: quello endocrino, quello neurovegetativo e quello immunologico.
Il sistema endocrino od ormonale è costituito dalle ghiandole a secrezione interna di specifici ormoni. Quello neurovegetativo comprende le due sezioni, ortosimpatico e parasimpatico, che hanno funzioni opposte. La prima, detta anche sistema adrenergico in quanto il suo mediatore chimico è l’adrenalina, eccita l’organismo, comportando l’aumento della frequenza cardiaca, la dilatazione dei bronchi e l’aumento degli atti respiratori per introdurre più ossigeno, l’accelerazione del metabolismo, l’aumento della temperatura interna e il rialzo della pressione. Insomma, il sistema adrenergico prepara l’organismo alla reazione, alla resistenza, alla lotta, oppure alla fuga qualora si rendesse necessario.
La seconda sezione invece, detta anche sistema colinergico in quanto il suo mediatore chimico è l’acetilcolina, ha funzioni opposte che riconducono l’organismo al riposo, al recupero, al rinnovamento organico.
Lo svizzero Walter R. Hesse, premio Nobel per la medicina e la fisiologia, riguardo alla naturale alternanza tra i due sistemi ha dimostrato che nell’ipotalamo vi sono due zone distinte: una è chiamata ergotropica (ergon = lavoro + tropos = orientato), la cui stimolazione determina la comparsa di fenomeni regolati dal sistema ortosimpatico; l’altra è chiamata trofotropica (dal greco trophe = nutrimento). L’alternanza tra i due sistemi costituisce la naturale predisposizione dell’organismo all’attività e al necessario riposo.
Lo stress entro certi limiti è indispensabile. D’altronde, se esso non esistesse, l’organismo resterebbe inerme nei confronti delle aggressioni, esterne ma anche interne (va ricordato che possono agire da stressori anche gli stimoli di natura psicologica, emotiva e sociale). In fondo lo stress, come amava dire Hans Selye, in un sistema in equilibrio è il sale della vita, la carica che ci permette di andare avanti e di risolvere le continue sfide che ci propone la quotidianità e la vita in generale.
Per contro, è ugualmente importante che dopo uno stress più o meno prolungato arrivi anche la fase di rilassamento, di riposo, affinché le cellule dell’organismo abbiano la possibilità di ricaricarsi. Uno stato di buona salute ruota anche attorno alla complementarità di queste due sezioni, altrimenti si va incontro a uno squilibrio neurovegetativo
[…] Il terzo sistema, quello immunologico, deputato alla difesa dell’organismo da sostanze estranee (batteri, virus, ecc.), secondo recenti studi, è fortemente influenzato dagli altri due, tanto da adoperarsi ora un termine che indica l’indissolubilità e la reciprocità dei tre sistemi: il sistema neuroendocrinoimmunologico. Studi moderni hanno dimostrato che durante uno stress prolungato il sistema immunitario viene naturalmente depresso, probabilmente perché è in corso una priorità nell’impiego delle energie volte alla reazione a uno stressore, esterno o interno che sia. Oggi capita spesso però che una cultura sempre più separata dalla natura, una società competitiva e materialista e i ritmi frenetici a cui ci sottopongono le innumerevoli esigenze della vita moderna, attivino prevalentemente il sistema adrenergico. Per cui non si riesce più a raggiungere il giusto e naturale equilibrio tra i due sistemi, e conseguentemente nemmeno ad avere la sufficiente ricarica dell’organismo. L’organismo si ritrova ad essere costantemente sotto pressione, sotto continua accelerazione, e ciò può divenire nel tempo una disfunzione cronica che comporta svariati disturbi di tipo psicosomatico, insoddisfazione e la sensazione di essere perennemente “scarichi”.
Si comprende dunque come la Biodanza, agendo sul sistema neuroendocrinoimmunologico attraverso la pratica ripetuta di specifiche vivencia, possa ripristinare l’equilibrio dei meccanismi di autoregolazione e risolvere nel tempo i vari disturbi psicosomatici che allo squilibrio di questo erano associati, oltre a favorire il rinnovamento organico e lo stato di benessere generale. Gli effetti della Biodanza si possono, infatti, collocare su due livelli. Quello di benessere immediato relativo al momento vivenciale del qui e ora, e quello cumulativo di una sempre maggiore acquisizione del vissuto vivenciale come patrimonio interiore da esportare nella vita quotidiana, innescando di fatto un processo di cambiamento duraturo nel rapporto con se stessi, con gli altri e con la natura. Tutto ciò proietta il “biodanzante” verso una crescente maturità psicofisica, verso una sempre più chiara coscienza di sé, dei propri desideri più intimi e della propria identità più autentica, e verso un più alto grado di soddisfazione nel percepirsi definita parte del Tutto cosmico e di conseguenza verso un maggiore senso ecologico.
La pratica della Biodanza può porsi anche come valido strumento di prevenzione di disturbi più seri, se si considerano, da un lato, la responsabilità che l’unità mente-corpo ha nella rinuncia a fronteggiare insulti che possono evolvere, più o meno rapidamente, in malattie, anche gravi, quando essa (l’unità mente-corpo) non è nelle condizioni di equilibrio necessario per combatterle adeguatamente, e, dall’altro, la capacità innata di autoguarigione che essa possiede all’interno di uno stato di equilibrio interiore. Infatti, la Biodanza agisce sulla parte sana e vitale degli individui, stimolandone l’espressione e lo sviluppo; inoltre essa ha importantissimi effetti sullo sviluppo, l’espressione e l’integrazione del Potenziale genetico umano. Quest’ultimo è un potenziale di armonica e varia espressione della vita, iscritto geneticamente in ogni cellula dell’organismo, che Rolando Toro nel suo Modello Teorico di Biodanza ha rappresentato sull’asse cartesiano delle ordinate come cinque linee di vivencia interconnesse a spirale che si retroalimentano e salgono verso lo sviluppo armonico e la naturale integrazione fra di loro. Tali cinque linee rappresentano:
1) La Vitalità
2) La Sessualità
3) La Creatività
4) L’Affettività
5) La Trascendenza
1) La linea della vitalità si genera a partire dall’insieme delle funzioni destinate a mantenere l’omeostasi, e comprende gli istinti di conservazione, di fame, di sete, le risposte di lotta o di fuga, e le funzioni di regolazione dell’attività e del riposo.
2) La linea della sessualità trova la sua genesi nei complessi meccanismi della differenziazione sessuale, delle funzioni delle gonadi e degli organi genitali. Essa comprende l’istinto sessuale e la funzione dell’orgasmo, il desiderio e la ricerca del piacere, così come le molteplici emozioni coinvolte nella manifestazione e nella soddisfazione dell’istinto sessuale, la cui finalità biologica è la riproduzione.
3) La linea della creatività è legata all’istinto di esplorazione e agli impulsi di innovazione presenti negli organismi viventi. Questa linea rappresenta la capacità di adattamento creativo alle trasformazioni dell’ambiente.
4) La genesi biologica della linea dell’affettività è in relazione con l’istinto di solidarietà all’interno della specie, che sono gli impulsi gregari, le tendenze altruistiche e i riti associativi. Questi impulsi di cooperazione e di solidarietà culminano in sentimenti altruistici e costituiscono la genesi dell’amore.
5) E per finire, la linea della trascendenza rappresenta la potenziale capacità che l’individuo possiede di superare la forza del proprio Io e di andare più in là dell’autopercezione per identificarsi con l’unità cosmica.
Per esprimersi compiutamente e in reciproca sintonia e integrazione, il potenziale genetico necessita di opportuni eco-fattori insiti nell’ambiente. Spesso succede però che l’ambiente, la cultura, l’educazione producano eco-fattori negativi che inibiscono tale potenziale. Per cui si verificano negli individui dissociazioni tra i vari potenziali in cui alcuni sono più sviluppati rispetto agli altri. La Biodanza favorisce lo sviluppo armonico e l’integrazione del potenziale genetico attraverso specifiche vivencia, sollecitando l’insorgere di determinate emozioni che comportano la secrezione di alcuni ormoni naturali e il rilascio di opportuni neurotrasmettitori. Gli ormoni e i neurotrasmettitori risvegliano e movimentano le funzioni del potenziale genetico, in maniera tale da permetterne l’espressione nel qui e ora vivenciale e lo sviluppo e l’integrazione, laddove erano inibiti, con le altre parti del sistema, in un percorso più o meno lungo nella misura in cui gli isolati benefici vincolati al momento vivenciale si riflettano nella vita di tutti i giorni, e qui rinsaldati da un naturale meccanismo di rinforzo.
Dunque, se le dissociazioni possono definirsi la separazione delle parti all’interno di un’unità, e l’integrazione, invece, l’insieme dei processi che mettono in correlazione le parti con il tutto, si potrebbe dedurre una definizione provvisoria della salute e della malattia, per cui l’organismo sano (mente-corpo) è quello che accoglie gli eco-fattori che rinforzano la sua unità e rifiuta quelli che la compromettono, mentre l’organismo ammalato è quello che si estranea dagli eco-fattori che potrebbero determinare la sua stabilità e accoglie quelli che la dissociano.
Nella considerazione di quanto esposto, si può concludere dicendo che la Biodanza è un sistema che integra e sviluppa tutte le funzioni e le potenzialità rivolte alla vita, alla salute e al benessere psicofisico, che sono insite nell’essere umano. Per ciò una sua pratica continuata nel tempo può determinare un nuovo stile di vita che può produrre benefici effetti preventivi, terapeutici, psicologici e fisiologici nell’individuo moderno o Homo tecnologicus, tutto rivolto alla valorizzazione e considerazione degli aspetti più materiali in una società sempre più competitiva all’interno degli implacabili meccanismi socio-economici e culturali. Effetti che comportano un nuovo stato di buona salute, una nuova percezione di sé e del mondo ove riscoprire il proprio corpo come sana fonte di piacere e poter riacquistare quel senso di pienezza, di forza vitale e di gioia, che oggi non sempre sono assicurati.
Angelo Lo Verme