07/01/2021
VIDEOGIOCHI: STRUMENTO DI AGGREGAZIONE O FONTE DI ISOLAMENTO?
Oggi il fenomeno del gaming, in particolare quello online (che permette di interagire con chiunque, in qualsiasi momento e in qualsiasi parte del mondo), ha assunto proporzioni senza precedenti. Basti pensare che solo nel 2019 il mercato videoludico si stima abbia raggiunto i 152 miliardi di $ di fatturato. Le recenti misure restrittive non hanno fatto altro che mettere i genitori e gli adulti in generale nelle condizioni di non poterlo più ignorare.
È così che oggi si costituiscono due fronti contrapposti: da un lato c’è chi osserva, preoccupato che le ore trascorse “davanti ai videogiochi” possano rapidamente portare ad un impoverimento della vita sociale e ad una qualche forma di dipendenza; dall’altro c’è chi gioca, quelli che “dentro ai videogiochi” abbattono le distanze, costruiscono mondi e coltivano relazioni.
Il dibattito è più che mai aperto, tanto che nel maggio del 2013 l’APA (American Psychiatric Association) ha definito i criteri per identificare la dipendenza da videogiochi. È probabile che nei prossimi anni questa tematica diventi qualcosa di davvero urgente con cui fare i conti.
Forse hanno ragione sia i detrattori che i sostenitori dei videogiochi, o forse si sbagliano entrambi. Prendere una posizione netta sembra difficile. Potrebbe essere più utile, però, farsi qualche domanda: che cosa spinge i giovani e i giovanissimi verso la dimensione virtuale? Cosa c’è alla base di questa scelta? Quale alternativa oggi offre loro il “reale” e perché sembrano rifiutarla sempre più spesso?