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A Torino la Giornata dell’Atlante dei Cimiteri Italiani24/06/2025Segreteria redazioneRiceviamo e volentieri pubblichiamo...
30/06/2025

A Torino la Giornata dell’Atlante dei Cimiteri Italiani
24/06/2025Segreteria redazione
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato stampa Utilitalia Sefit – Attività del GdL di valorizzazione storico-artistica e turistica dei cimiteri italiani – in merito alla Giornata dell’Atlante dei Cimiteri Italiani 2025, che ha avuto luogo a Torino lo scorso 20 giugno 2025.

Roma, 24 giugno 2025

La prima Giornata dell’Atlante dei cimiteri, è stata organizzata a Torino dall’associata AFC Torino SpA, gestore dei cimiteri della Città per Utilitalia SEFIT.
Per l’evento si è scelto Palazzo Barolo, una sede aulica seicentesca che è stata la residenza del Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo che donò le prime trecento mila lire per la costruzione del cimitero Generale, ora Monumentale di Torino.
Dopo i saluti di apertura di Valeria Leotta Responsabile SEFIT, di Andrea Araldi Presidente di AFC Torino, del Presidente della Commissione per la qualità delle opere cimiteriali Marco Devecchi e l’Assessora comunale Chiara Foglietta, c’è stato l’appassionato intervento del Vice Presidente del Consiglio Regione Piemonte Domenico Ravetti.
Importanti le novità portate sull’iter della proposta di legge regionale 58/2024 per il “Riconoscimento e valorizzazione dei cimiteri monumentali e storici del Piemonte”, sottolineate anche dagli interventi successivi della funzionaria della Soprintendenza di Torino e della Sapab di Alessandria, che ben conoscono le necessità di manutenzione e di restauro nei cimiteri.
Il generoso e completo programma della mattinata ha permesso ai cento invitati di apprezzare il Progetto di costituire un coordinamento regionale degli itinerari culturali del Piemonte anche con la Prof. Silvia Beltramo, entrando nel merito degli itinerari culturali europei tra patrimonio e turismo culturale con alcuni esempi di didattica sul patrimonio cimiteriale.
Con la Nuova edizione dell’Atlante pubblicata su www.sefit.org, l’elenco delle città aderenti al progetto italiano si è arricchito di altri cinque cimiteri: Bastia Umbra, Borgo Tossignano, Perugia, Trieste e Torre Pellice.
Si sono collegate in videocollegamento con la Sala d’Onore di Palazzo Falletti di Barolo a Torino l’Assessore alle Politiche dei Servizi Generali, Sandra Savino per il cimitero Monumentale di Sant’Anna di Trieste e per il Monumentale di Perugia l’Assessora Francesca Tizi.
Era invece presente la Responsabile dell’area Demografico e Cimiteriale Lorella Capezzali di Bastia Umbra e il Consigliere Matteo Del Pero per il cimitero di Torre Pellice accompagnato da Federica Tammarazio, Referente per l’Archivio della Tavola Valdese.
Si è proiettato anche un video inviato dal dott. Mauro Felicori già Assessore alla cultura dell’Emilia Romagna, regione in cui si è promulgata la prima legge regionale per la valorizzazione dei cimiteri.
La curatrice e responsabile dell’Atlante, Renata Santoro, ha spiegato come l’Atlante nasca da un progetto sviluppato dal Gruppo di Lavoro di Valorizzazione storico-artistica dei cimiteri di Utilitalia SEFIT di cui lei è coordinatrice, all’interno di un Protocollo d’Intesa firmato da Utilitalia con il Ministero della cultura nel 2016 a Caserta.
L’intesa sottoscritta ha la finalità di valorizzare il patrimonio culturale italiano minore, incentivare il turismo lento, diffuso e sostenibile, che decongestioni le grandi città e i grandi attrattori in favore di destinazioni meno conosciute, ma altrettanto ricche di fascino.
Si ricorda che l’intento dell’Atlante è di promozione culturale e turistica e pertanto l’adesione non si limita a contenere solo i cimiteri degli associati SEFIT ma è aperta gratuitamente a chiunque sia interessato.
La Giornata dell’Atlante, che a Torino ha avuto grandi apprezzamenti, avrà cadenza biennale e si organizzerà ogni volta in una diversa città.
Fonte funerali.org

di SEFIT Utilitalia

05/02/2025

Paura della morte, paura della vita, di Marina Sozzi4 Febbraio 2025/0 Commenti/in Riflessioni/da sipuodiremorteNoi tutti abbiamo, in dosi variabili, paura della morte. Non voglio parlare della tanatofobia, che comporta sintomi paralizzanti e un terrore ossessivo. Vorrei parlare della paura che abbia...

02/02/2025
02/02/2025
04/11/2024

I cimiteri devono restare spazi pubblici, offrono oasi di silenzio uniche al mondo
01/11/2024Redazione
Nella sezione Cultura de La Stampa del 1 novembre 2024 è stato pubblicato l’articolo di Giovanni De Luna, che di seguito viene sintetizzato.

L’articolo di Giovanni De Luna affronta con sensibilità e profondità la funzione dei cimiteri come spazi pubblici, luoghi di memoria e simboli di una cultura collettiva che sta gradualmente scomparendo. Secondo l’autore, i cimiteri non sono solo luoghi di sepoltura, ma rappresentano un’importante connessione tra i vivi e i morti, mantenendo vive le radici della nostra identità comunitaria. Questa dimensione pubblica, legata al rituale e alla tradizione, sembra oggi minacciata da tendenze verso la privatizzazione e la secolarizzazione, che portano a considerare il cimitero come un mero “servizio” o, peggio, un onere economico per lo Stato e i comuni.

De Luna sottolinea come i cambiamenti culturali e sociali abbiano modificato profondamente il rapporto della società con la morte. L’idea tradizionale del cimitero come luogo di raccoglimento collettivo e rituale sta cedendo il passo a una visione individualistica, dove prevale la dispersione delle ceneri e la cremazione, spesso senza una destinazione fisica e tangibile come il cimitero. A questo si aggiunge un progressivo processo di secolarizzazione che ha indebolito il valore simbolico dei cimiteri, riducendo la loro importanza come luoghi di memoria storica e culturale.

Il cimitero, secondo l’autore, è stato in passato uno spazio di “sacralità laica,” in cui tutte le classi sociali e gli orientamenti religiosi potevano trovare un senso di pace e riconoscimento. Questa funzione pubblica ha garantito che il lutto e la memoria dei defunti fossero preservati in un contesto di solidarietà collettiva, indipendentemente da divisioni sociali e politiche. De Luna fa un parallelo con il welfare, spiegando come la cura dei cimiteri sia ormai vista come un peso amministrativo, proprio come succede per altri servizi pubblici che in passato costituivano il cuore dell’intervento statale nel supportare la comunità. Questo processo di privatizzazione e riduzione dei costi minaccia di trasformare i cimiteri in meri “luoghi di consumo,” come accade in altri ambiti della vita sociale.

Nel contesto di questa riflessione, De Luna esprime preoccupazione per il crescente ruolo di operatori privati e logiche aziendali nella gestione dei cimiteri. Il rischio è che lo spazio pubblico del cimitero venga subordinato alle logiche di profitto, perdendo la sua funzione originaria di luogo di raccoglimento e ricordo accessibile a tutti. L’articolo cita anche le difficoltà legislative e amministrative che si frappongono alla gestione e manutenzione dei cimiteri, enfatizzando come il carico economico ricada sui bilanci comunali, ormai spesso in difficoltà a sostenere i costi di gestione ordinaria.

Interessante è anche il richiamo alla poesia di Emily Dickinson, che riflette sulla natura universale del lutto e sulla “parentela vitale” che si crea tra l’anima dei defunti e quella dei vivi. Questo sentimento di connessione tra generazioni è un tema centrale nell’articolo e rappresenta una critica alla modernità, che tende a frammentare e privatizzare ogni aspetto della vita, inclusa la morte.

Infine, De Luna propone una riflessione su come preservare la dimensione pubblica e collettiva dei cimiteri. Suggerisce che lo Stato dovrebbe farsi garante di questi spazi, impedendo che diventino oggetti di speculazione commerciale e invece promuovendo politiche di tutela e valorizzazione. In Parlamento, accenna, sono state avanzate proposte per considerare il cimitero un “verde di servizio pubblico”, consentendo ai comuni di ottenere finanziamenti per la loro manutenzione. Questa proposta mira a riconoscere il valore sociale dei cimiteri e a rafforzare la loro funzione di luoghi sacri e silenziosi, indispensabili alla memoria collettiva.

L’articolo, nel complesso, invita a riflettere sulla necessità di preservare i cimiteri come luoghi di memoria condivisa e silenzio, unici al mondo per la loro capacità di coniugare sacro e profano, individuale e collettivo.
fonte funerali.org

L’importanza della gentilezza, di Cristina Vargas7 Ottobre 2024/0 Commenti/in /da sipuodiremorteLa parola gentilezza, ne...
07/10/2024

L’importanza della gentilezza, di Cristina Vargas
7 Ottobre 2024/0 Commenti/in /da sipuodiremorte
La parola gentilezza, nell’uso quotidiano, è riferita soprattutto ad una modalità relazionale caratterizzata dall’amabilità, dalla cortesia, dal garbo e dalla delicatezza. Questo tipo di approccio interpersonale è sempre stato considerato in modo genericamente favorevole, ma solo negli ultimi anni, il concetto di “gentilezza”, in inglese kindness, è entrato a pieno titolo nelle riflessioni e nelle ricerche che riguardano la cura.

Ma che cos’è esattamente la gentilezza nell’ambito sanitario-assistenziale? Diversi autori hanno cercato di dare una risposta esaustiva a questo quesito, scontrandosi però con il fatto che essa è intuitivamente semplice da percepire, ma difficilmente si può incasellare in un concetto univoco o in un costrutto da misurare con un test.

Nel 2011, John Ballat e Penelope Campling pubblicarono il volume Intelligent Kindness. Reforming the culture of healthcare, che fornì un importante contributo alla riflessione sul tema della gentilezza, ancorandolo al contesto sanitario pubblico e a uno dei valori più profondi alla base di un approccio universalistico al diritto alla salute, ovvero il riconoscimento del legame che ci unisce in quanto esseri umani. Da questo riconoscimento derivano il diritto e il dovere di occuparci gli uni degli altri attraverso una relazione di cura fondata sul rispetto, sulla compassione, sull’interconnessione reciproca e, appunto, sulla gentilezza.

La valorizzazione della “gentilezza intelligente”, per i due medici britannici, è strettamente collegata alla critica di un approccio mercificato alla salute, che nel Regno Unito – come in molti altri paesi – è diventato dominante, trasformando la relazione terapeutica in una transazione commerciale in cui “il tempo è denaro”. La gentilezza, in quest’ottica, non è solo un appello ad usare le buone maniere né, per citare gli autori, una “crociata sentimentale”, ma una filosofia della cura fondata sul riconoscimento dell’altro e un invito a ripensare la cultura organizzativa ospedaliera ponendo al centro la qualità dell’assistenza.

Fra le caratteristiche di un approccio fondato sulla gentilezza c’è il coinvolgimento autentico (opposto al distacco difensivo); la personalizzazione dell’assistenza (che si contrappone alla fretta e alla spersonalizzazione); un’attenzione costante alle modalità di comunicazione e alla relazione fra professionisti e utenti.

Per Austin Hake e i suoi collaboratori, tutti ricercatori impegnati nel campo delle Medical Humanities, l’empatia e la compassione sono competenze relazionali fondamentali per i clinici, ma sono anche difficili da tradurre in comportamenti concreti. La gentilezza invece ha il vantaggio della semplicità poiché si esprime innanzitutto attraverso l’azione. Sono gentili gesti come il salutare la persona malata con un sorriso; ascoltare con attenzione le sue parole; fare domande più ampie rispetto alla mera anamnesi clinica o al monitoraggio dei sintomi; mostrare interesse; avere pazienza.

Questi atti che hanno un effetto benefico globale ben documentato sul benessere del paziente (si veda a questo proposito il volume The rabbit effect, di Kely Harding) e risultano irrinunciabili nelle cure palliative, nell’assistenza geriatrica, nell’accompagnamento alla cronicità avanzata e in tutti gli altri campi in cui ci si confronta con la vulnerabilità, la sofferenza e la fragilità.

Perché queste azioni, apparentemente banali, talvolta mancano? Rimanendo nell’ambito del servizio pubblico sulla scia degli autori sopra menzionati, il primo pensiero va al disinvestimento economico e a politiche che hanno generato una situazione di sovraccarico e affaticamento tanto del sistema quanto del personale. Tuttavia, pur consci dei limiti che ciascun servizio affronta, la presenza di reparti o istituzioni che adottano una cultura orientata alla gentilezza dimostra che un approccio diverso è possibile. Come da tempo è assodato in cure palliative, un incontro clinico efficace, ma frettoloso e freddo, è del tutto inadeguato quando la persona è vicina alla fine o sta affrontando la fase avanzata della sua malattia ed è fondamentale porre al centro la qualità del tempo che resta, lungo o breve che sia.

La gentilezza, in sintesi, non è solo una competenza individuale, ma richiede una riflessione sul contesto, sociale, culturale e normativo in cui si esplica. Non è quindi un caso che la portata di questo concetto si sia sempre più allargata e abbia investito il campo della bioetica e del biodiritto,

Nel 2012 si è costituita a Padova la rete nazionale di studio “Per un diritto gentile”, che raccoglie un gruppo interdisciplinare di esperti nel campo del diritto, della salute e della relazione di cura. Questo gruppo, inizialmente incentrato sulla dignità del morire, ha successivamente ampliato i propri obiettivi a tutto l’ambito della cura, nonché al monitoraggio dell’attuazione della Legge 219 del 2017 (anche attraverso degli Osservatori a Bologna, Padova, Trento e Palermo).

Uno dei principali ambiti di applicazione di un approccio fondato sulla gentilezza – nella medicina e nel diritto – è appunto quello della Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC), a cui è stato dedicato un interessante Workshop all’interno del Convegno Un diritto gentile per la persona anziana (Padova 3-4 novembre 2023). In quel contesto è emersa la necessità di continuare a promuovere la pianificazione condivisa, per favorirne la diffusione in tutti gli ambiti di cura che si occupano della cronicità avanzata: dagli ospedali agli ambulatori per pazienti dializzati; dalle RSA agli hospice.

Trattandosi di uno strumento ancora relativamente nuovo, che durante il Covid è stato poco usato, si è rivelato particolarmente utile il confronto sulle buone pratiche, anche intorno a questioni molto concrete: come viene organizzato il momento in cui si pianificano le cure? Chi è presente al/ai colloqui? Dove si svolgono? Qual è il momento giusto per proporlo alla persona malata? Quali strumenti possono essere usati per supportare il paziente (le tracce di intervista; carte che stimolano a riflettere sulle proprie priorità, supporti audiovisivi, ecc)?

Parallelamente è stata sottolineata la necessità di continuare a interrogarsi tanto sul piano clinico/operativo, quanto sul piano giuridico, sulla possibilità di attuare una pianificazione condivisa delle cure con pazienti in situazioni complesse: le persone con disturbi psichiatrici o demenze; i minori; i grandi anziani non più autosufficienti e non del tutto lucidi; gli stranieri in presenza di barriere linguistico-culturali significative e altri ancora. La sfida, in tutti questi casi, è quella di affinare le nostre competenze relazionali perché si crei una buona alleanza di cura e si possa procedere nel modo più condiviso, gentile e rispettoso possibile.
fonte www.sipuodiremorte.it

I cimiteri militari della grande guerra nel vicentino04/05/2024Segreteria redazioneLa Soprintendenza Archeologia Belle A...
06/05/2024

I cimiteri militari della grande guerra nel vicentino
04/05/2024Segreteria redazione
La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Verona, Rovigo e Vicenza, in collaborazione con la Provincia di Vicenza, il Palladio Museum e il Museo Storico Italiano della Guerra, ha presentato il libro “Cimiteri militari della grande guerra. Sepolture nell’area Pasubio-Cimone e Altopiano dei Sette Comuni” di Giulia Campanini, Silvia Dandria e Paola Salzani , con contributi di Giovanna Battista, Nicola Cappellozza, Francesco Frizzera, Manuel Grotto, Giulia Pelucchini e Andrea Simionato (Collana , Documenti di archeologia n. 72 – Edito da SAP Società Archeologica srl).
La pubblicazione presenta il progetto di ricerca realizzato con il “Bando 2021 per l’assegnazione di contributi a progetti ed iniziative relativi al patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale del Ministero della Cultura”, finalizzato alla catalogazione dei luoghi di prima e seconda sepoltura della Prima guerra mondiale nel territorio vicentino.
La raccolta di dati è avvenuta con ricognizioni sul campo utilizzando metodologie archeologiche, ricerche bibliografiche e d’archivio, in un percorso di oltre 200 km che unisce i quattro sacrari militari di Pasubio, Cimone, Asiago, Grappa.
fonte funerali.org🎩🖤

Indirizzo

Via Ragazzi Del 99, 9
Vicenza
36100

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