Mi chiamo Federica Casari, psicologa e psicoterapeuta di orientamento sistemico-relazionale.
Mi laureo in Psicologia Clinica nel 2007 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e mi iscrivo all’Ordine degli Psicologi della regione Lombardia nel 2008. Nel 2008-2009 seguo il master di secondo livello in Psicologia Scolastica, presso il Centro Studi Bruner (MI). Nel medesimo periodo, lavoro come educatrice presso associazioni e centri aggregativi, e con adolescenti disabili nell’ambito di un ente di formazione e orientamento al lavoro del territorio (Centro Formazione Professionale del Comune di Vigevano, Agenzia per lo Sviluppo del Territorio).
Dal 2011 al 2014 frequento il corso di specializzazione in Psicoterapia a indirizzo Sistemico-Relazionale presso il Centro Milanese di Terapia Familiare (Associazione Culturale Episteme, Torino), insieme a Paolo Bertrando e Marco Bianciardi. Svolgo il tirocinio di specializzazione presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL 13 Novara Sud, occupandomi – in supervisione costante con la dott.ssa Donatella De Luca – di attività clinico-psicoterapica rivolta a individui adulti, coppie e famiglie.
Dal 2015 al 2017 lavoro in qualità di psicologa nell’ambito di una comunità educativa comprendente sia minori sia mamme con bambini (situazioni segnalate ai servizi sociali competenti e al Tribunale dei Minorenni per abbandono, incuria/trascuratezza, maltrattamento fisico e psicologico, violenza assistita). In tale contesto vengo ad occuparmi di spazi di ascolto e supporto psicologico dedicati ai minori ospiti e alle utenti adulte, gruppi di parola con gli ospiti adolescenti, laboratori ludico-espressivi con i bambini in età scolare e pre-scolare, attività di coordinamento (stesura dei Piani Educativi Individualizzati, delle relazioni da condividere con Tribunale dei Minori e con i servizi invianti, partecipazione agli incontri di rete con enti/servizi ed alle udienze presso il TM).
La mia personale formazione sistemica si è poi proficuamente “contaminata” (2017-2019) con il lavoro sul campo nell’ambito dell’ascolto e dell’accompagnamento psicologico di persone straniere e richiedenti asilo ospiti dei centri di accoglienza: un lavoro transculturale di ulteriore apertura alla complessità, di riconoscimento e valorizzazione di differenze e somiglianze che caratterizzano l’Umano, nei suoi movimenti, nei modi di esprimere le emozioni e la sofferenza psicologica, nei modi di stare-con l’Altro e gli altri.
Il 2019 ha rappresentato per me l’inizio di una nuova avventura, la collaborazione con Sportello TiAscolto! nella sua sede di Milano: un servizio sostenibile di sostegno psicologico accessibile a tutti, senza discriminazioni di sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, orientamento sessuale, lingua, religione, convinzioni personali, opinioni politiche, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio e disabilità fisica o mentale, “diagnosi”. Il fine è di permettere ad ognuno, in base alle proprie possibilità, di superare i propri momenti di naturale difficoltà e di crisi e contribuire tramite questo a costruire una società più libera e giusta. La mission dello Sportello TiAscolto! è la partecipazione alla lotta collettiva per il contrasto alle disuguaglianze sociali attraverso la diffusione di pratiche, saperi e relazioni che promuovano il benessere collettivo.
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Ho sempre cercato e voluto, nel mio lavoro, tenere vive e in dialogo l’anima clinica e quella sociale: credo che il ruolo dello psicologo si concretizzi all’interno e all’esterno delle pratiche cliniche, a partire da una concezione di salute e malattia soprattutto come risultato storicamente determinato di una diseguale distribuzione di potere e sapere, vincoli e opportunità, risorse materiali e immateriali, tra diversi individui e gruppi sociali.
L’approccio teorico nell’ambito del quale ho svolto la mia formazione, quello sistemico-relazionale, mi è molto utile nel leggere e accogliere la realtà nella sua complessità, nell’interdipendenza dei suoi livelli di funzionamento, dal ‘micro’ al ‘macro’ e viceversa. Sul piano clinico, ciò mi consente di accogliere e considerare la persona entro il suo contesto affettivo e relazionale, la famiglia, il lavoro, la scuola, i gruppi informali e sociali. Il riferimento all’epistemologia della complessità (E. Morin) rappresenta per me una sorta di “bussola auto-riflessiva”, risorsa preziosa che mi aiuta a leggere e comprendere le situazioni di disagio psichico inquadrandole e contestualizzandole nel più ampio contesto micro e macro sociale, reso ancor più complesso e ricco dall’incontro con persone provenienti da culture e luoghi “altri”. Qualunque tipo di malessere e di sintomo viene visto e compreso entro la rete di relazioni e significati di cui è intessuta la vita delle persone: relazioni presenti, passate e immaginate; relazioni con eventi, luoghi, vissuti emotivi, valori, pensieri, convinzioni personali e socio-culturali. La persona viene accolta nella sua sofferenza e al contempo considerata come portatrice di risorse, che andranno individuate, valorizzate e rinforzate.
Alla clinica, affianco da sempre il lavoro in contesti psico-educativi e di formazione, vedendo nella dimensione del ‘gruppo’ – l’equipe multidisciplinare e il gruppo di lavoro/di formazione – un contesto di apprendimento e di trasformazione potente.
Negli ultimi anni, spinta da interessi personali e grazie al lavoro di tesi di specializzazione compiuto sotto la supervisione del Dott. Paolo Bertrando (“Musica e Modello Sistemico: alcuni spunti per un dialogo”), vengo ad occuparmi su un piano teorico e clinico delle connessioni tra arte, musica nello specifico, e psicologia. In modo particolare, esploro e approfondisco alcune metafore tratte dall’ambito della musica – come l’ascolto, l’improvvisazione, il silenzio, il suono, il rumore – e le contamino con la mia formazione ed esperienza come psicologa e psicoterapeuta.
Esito di questo percorso di analisi e riflessione è stata la consapevolezza delle grandi potenzialità generative e trasformative che l’arte, la musica nel caso specifico, può offrire non soltanto come strumento espressivo-riabilitativo (es.: musicoterapia), ma anche come bacino di possibili spunti narrativi e metafore per narrare – de-costruendo e ri-costruendo – la propria storia, individuale e di gruppo (coppia, famiglia, gruppi amicali, gruppi classe, contesti lavorativi, etc.).