
09/09/2025
Fisioterapista e osteopata: le risposte alle domande che arrivano quotidianamente. Pochi minuti di lettura per fare finalmente chiarezza
OSTEOPATIA E BAMBINI: QUANDO LA CHIAREZZA DIVENTA UN DOVERE
Quando un medico, per strada, assiste a un incidente, ha il diritto, ma soprattutto il dovere morale, etico e deontologico, di fermarsi e prestare soccorso.
Allo stesso modo, anche i professionisti sanitari (inclusi i fisioterapisti), hanno l’obbligo di non voltarsi dall’altra parte quando vedono che le persone vengono trattate per problematiche cliniche e patologie da chi non è abilitato a farlo.
È qui che inizia la nostra responsabilità: fare chiarezza.
BREVE INTRODUZIONE
Mesi fa avevamo scritto un post in collaborazione con il presidente dei fisiatri interventisti. Lì, ricordavamo un punto semplice ma fondamentale.
“L’osteopatia non è ancora una professione sanitaria ufficialmente operativa in Italia. Chi la esercita deve essere già un sanitario (medico, fisioterapista, ecc.). In caso contrario, il rischio è quello dell’abuso di professione (art. 348 C.P.).”
Dal 2018 esiste un percorso legislativo per il riconoscimento dell’osteopatia come professione sanitaria, ma ad oggi non è ancora completato né tradotto in percorsi universitari abilitanti.
Questo significa che chi si presenta come solo osteopata, senza un titolo sanitario di base, non è autorizzato a trattare clinicamente dolore o patologie.
DETTO QUESTO..
Pochi giorni fa un pediatra molto seguito ha sollevato lo stesso tema, riportando l’attenzione sull’uso dell’osteopatia nei neonati e nei bambini. E anche noi, come fisioterapisti, sentiamo il dovere di aggiungere un tassello di chiarezza.
Oggi, tutti gli osteopati che sono esclusivamente osteopati, e si presentano come tali, non sono abilitati a trattare adulti o bambini con problematiche di salute.
Diverso è il caso di chi è anche fisioterapista: in quel contesto, è la laurea in fisioterapia che consente un certo tipo di presa in carico, non il titolo di osteopata in sé.
Molti osteopati non hanno una laurea sanitaria: provengono da percorsi diversi, e questo ha generato confusione. Solo con la recente istituzione della laurea in osteopatia, i cui primi laureati usciranno tra qualche anno, il perimetro sarà definito con chiarezza: un ruolo limitato all’ambito preventivo, non clinico.
FAI QUESTA DOMANDA!
Per questo oggi, chi porta il proprio bambino da un osteopata dovrebbe fare una domanda semplice e diretta:
“Quale titolo di studio hai, oltre l’osteopatia, che ti abilita a prenderti cura della salute di mio figlio?”
E aggiungiamo un chiarimento che spesso manca: se la risposta è, osteopata, chinesiologo clinico, o l’elenco di vari master.. sappiate che nessuno di questi titoli abilita a trattare patologie.
Non è una questione di sminuire la competenza, la passione o l’empatia, qualità che molti osteopati indubbiamente hanno. È una questione di responsabilità, di leggi, di diritti dei genitori e di doveri del professionista nel rispondere con chiarezza.
E qui vogliamo essere ancora più chiari: umanamente ci mettiamo dalla parte dei genitori.
Troppo spesso i genitori non vengono ascoltati come meritano. I pediatri, spesso sommersi da tempi stretti e carichi di lavoro enormi, finiscono per visitare in fretta. E così situazioni che si risolverebbero spontaneamente spingono le famiglie a cercare altrove rassicurazioni.
PRIMO PROBLEMA
Ed è qui che nasce il primo problema: quando professionisti sanitari, spesso per mancanza di aggiornamento o per abitudine, finiscono per inviare i genitori all’osteopata. Lo fanno convinti di aiutare, ma senza rendersi conto che così si alimenta ulteriore disinformazione.
Chi appartiene al perimetro sanitario non può e non deve consigliare una figura che non è abilitata a trattare patologie cliniche. E in futuro lo sarà ancora meno, perché la laurea in osteopatia definirà un ambito esclusivamente preventivo.
Qui sta la vera criticità: tanta disinformazione, anche dentro la classe medica e sanitaria. E proprio per questo riteniamo fondamentale ribadire che la chiarezza non è un dettaglio: è un dovere verso i genitori.
Da oltre dieci anni consigliamo ai colleghi fisioterapisti che sono anche osteopati di non presentarsi esclusivamente come osteopati. Perché cavalcare l’onda oggi può sembrare conveniente, ma quando l’onda si abbatterà sulla riva resterà solo un titolo che, agli occhi dei pazienti, non restituirà il valore e la competenza che deriva dall’essere fisioterapisti.
E con lo stesso spirito cerchiamo di sensibilizzare la classe medica: se decidete di inviare a un osteopata, che sia almeno un professionista sanitario (medico, fisioterapista, ecc.), perché solo così valgono obblighi normativi e deontologici.
SECONDO PROBLEMA
C’è un altro rischio enorme: senza chiarezza, l’etichetta “osteopata” diventa un contenitore indistinto. Il genitore non sa se dietro c’è un sanitario.. o persino un medico che sceglie di presentarsi solo come osteopata.
Il risultato? Ancora più confusione.
Al genitore rimane soltanto l’idea che “l’osteopata ha trattato mio figlio” e sarà portato a consigliare l’osteopata ad altri, senza distinguere se dietro ci sia o meno un titolo sanitario.
Non è una battaglia di ruoli. È un invito alla responsabilità e alla trasparenza. Perché scegliere consapevolmente è un diritto che ogni genitore merita. E questa chiarezza deve partire proprio da chi, in medicina e in sanità, ha scelto di prendersi cura delle persone.
Nel primo commento troverete la traduzione integrale del comunicato della Société Française de Pédiatrie, che ha ufficialmente controindicato l’osteopatia neonatale, con il supporto dell’Unione Francese di Medicina Manuale e Osteopatia.
Grazie per l'attenzione.