07/08/2019
Ricevo e volentieri pubblico la recensione di Daniele Agostini, il mitico “postino” dei Nograzie, movimento come noi da anni schierato nella lotta per una medicina pulita, priva di conflitti di interesse. Sono onorato di essere stato gratificato addirittura da una seconda lettura. Grazie Daniele!
RECENSIONE: Come far leggere un trattato sulla degenerazione della medicina moderna? Mascherandolo da avvincente romanzo.
Avvincente. La prima lettura è gradevole, si sorvola, per l'ansia di procedere, sul troppo pepe.
Interessante la costruzione finale che alterna una pagina di “storia” del protagonista con quadri dell'evoluzione sociale conseguente allo “scandalo Rinaldi”
Immancabile lieto fine (non è, appunto, quello che aspettiamo in un romanzo?) che ci fa scordare tutti i dissidi e le filosofie.
Alla seconda lettura si capisce meglio e si vedono dettagli sfuggiti.
Secondo me è un romanzo di fantascienza. L'ipotesi fantascientifica sta nello sviluppo sociopolitico del “dopo Rinaldi”.
Didascalico: l'intento traspare in diverse parti e nell'insistenza a riproporre alcuni pensieri dell'Autore.
Il romanzo di fantascienza può raggiungere un ampio pubblico. Ma i destinatari veri sono i medici, i quali possono trovare qualche indicazione su un “paradigma” clinico noto, la medicina del sintomo sbrigativa e spersonalizzata; e su un approccio diverso assunto dai Medici di Segnale, con un accenno al loro armamentario culturale e tecnico. Certo quanto basta perché i medici che ne sono digiuni siano invogliati a approfondire.
Ma soprattutto, il medico che non lo conosce scoprirà il mondo oscuro degli interessi dell'industria, gli intrecci con le istituzioni e il conflitto che grava su di lui, medico, nel momento in cui accetta le cortesi proposte dei mediatori, che sfidano la sua coscienza di terapeuta e prescrittore.
Interessante l'elenco delle letture dei due compagni di studi, all'inizio del libro: Goetzsche, Goldacre, Angell ecc., sono un suggerimento per il lettore. Una pagina un po' prolissa, ma certamente utile, per chi la legga come suggerimento e non solo come cronaca dei nostri due protagonisti.
Temi in evidenza: primo, il consumismo. Iperprescrizione e abuso di farmaci, di alimenti, di comodità. La definizione di medicina sintomatica è il cuore del problema: abbattere il sintomo. Anche al di fuori dell'ambito clinico lo stesso atteggiamento si ripropone nel tentativo di rimuovere ogni scomodità, disagio, ostacolo materiale o organizzativo, filosofia che ha i suoi campioni nei capi delle industrie citate, più ancora che nei medici iperprescrittori.
Secondo tema in evidenza: il conflitto d'interesse: non la corruzione, presente dove vige accordo colpevole tra controllori pubblici e controllati, o nelle incompatibilità di chi ha troppi cappelli sulla testa. Quelli sono già comportamenti fuori legge e sono stigmatizzati. Il conflitto è, e il romanzo lo dice, nel piccolo regalo, nella cena, nella formazione donata a chi vi è obbligato. Nella promessa o solo nella speranza di un aiuto alla carriera. Cose che vincolano chi lo riceve a un atteggiamento riconoscente verso chi “dona”.
L'altro trucco letterario è quello dei sogni, che tra premonizioni e memorie sono presenti in larghe parti del racconto.
Complessivamente bene scritto, comprende tuttavia il bocconiano “piuttosto che” usato al posto di “o”, “oppure”, “ovvero” (pagg. 32, 61); e usa anglismi non necessari (p.es.: no-car-zone, junk food. Era impossibile dirlo in italiano?).
In molte parti il vocabolario è da medici oltre il necessario.
Un problema. Sono un po’ troppo riconoscibili nomi e attività di persone e di aziende. Sarebbe bello poterli gridare fuori dalla finzione letteraria. Se loro stessi dovessero riconoscersi potrebbero trattarti come... Guarda cos'hanno fatto a Rinaldi!
Anche i NoGrazie sono riconoscibili, e questo ci lusinga, benché il nome menzionato (No_Grazie_Pago_Io) sia abbandonato da una decina d'anni. (Rimane peraltro nel mio indirizzo di posta perché risale a quei tempi là).
Ministri burattino, cronicizzazione intenzionale... Non vorrei che qualcuno se ne avesse a male
L'ultima osservazione che farei è sul titolo: è un medico che non ha scelto di morire, tutt'altro. Ha scelto di rimanere morto, dato che la sua presunta morte aveva cambiato le cose: “Il medico che scelse di restare morto”
Terrò conto, Daniele, dei tuoi preziosi consigli, per l’ormai prossima seconda edizione!