Dott. Fulvio Bernini Psicologo-Psicoterapeuta

Dott. Fulvio Bernini Psicologo-Psicoterapeuta Prestazioni professionali di consulenza, sostegno, psicoterapia ad orientamento psicoanalitico.

Entro nel merito di un tema quanto mai attuale data la rivoluzionaria introduzione dell’intelligenza artificiale nel nos...
03/07/2025

Entro nel merito di un tema quanto mai attuale data la rivoluzionaria introduzione dell’intelligenza artificiale nel nostro quotidiano. A onor del vero, bisogna riconoscere che l’IA ha consentito a ciascuno di noi un impiego della stessa con tangibile vantaggio, comodità, dalle più diffuse utilità, funzionalità e applicazioni in ogni ambito, sia concreto sia informativo, spesso pragmatico ma non solo. Sempre più di frequente l’illimitato accesso a questa enorme fonte di conoscenza, vede un utilizzo anche per questioni di ordine emotivo e psicologico. Come puntualmente accade, l’entusiasmo per la novità e per la portata delle innovazioni tecnologiche, soprattutto per la loro facilità d’uso nel privato, induce una sorta di euforizzante annebbiamento lasciando trascurare delle implicazioni che sento qui il dovere di evidenziare in quanto professionista del settore.

Io per primo mi sono rivolto all’intelligenza artificiale per utilità di vario genere e anche a scopo sperimentale proprio per saggiarne la funzione che qui ci è di interesse, cioè propio in ambito psicologico. Con una certa sorpresa, ho avuto positivi riscontri e ho apprezzato delle risposte complessivamente affidabili (nella mia limitata esperienza d’uso) che mi sono state fornite anche davanti a quesiti molto tecnici. Non voglio quindi in senso assoluto, demonizzare uno strumento che, al pari di ogni altro, non è di per sé dannoso né vantaggioso, ma può essere l’una o l’altra cosa in base all’approccio che se ne ha. Ciò vale per ogni mezzo tecnologico così come anche per il cibo, la palestra, il lavoro, o per qualsiasi altra cosa con cui noi veniamo in contatto, compreso l’Altro e le relazioni. Personalmente trovo quindi relativamente utile l’uso di ChatGPT (o simili) anche in campo psicologico se limitato a scopo conoscitivo, informativo, nozionistico; tenendo però sempre presente che le risposte ricevute, generate per algoritmi di apprendimento in base agli stimoli forniti, attingono a fonti di cui non è sempre certa la validità.

Non sono un tecnico informatico nè un esperto del settore, perciò eviteró una descrizione esaustiva di come funziona e di ciò che è una IA perché non ne ho le competenze, posso però certamente dirvi cosa non è.

Non è uno psicologo.

Diagnosi, consulenza, sostegno, psicoterapia sono tra le prime e fondanti funzioni svolte da uno psicoterapeuta.
Per quanto l’intelligenza artificiale sappia fornire, sulla base del materiale personale che gli offriamo, risposte intelligenti e opportunamente confezionate in un lessico emotivo, non può fare nessuna delle cose suddette.
A priori va specificato un errore di base ancora molto diffuso: scopo del terapeuta non è fornire risposte ma indurre un processo di pensiero autonomo. Accompagnato, sostenuto, confrontato, ma autonomo. La psicoterapia punta a promuovere e potenziare capacità autocritiche, riflessive e elaborative riferendosi a risorse interne, non esterne. Diversamente si incorrerebbe in un rischio di continua delega dei propri bisogni, dunque di dipendenza, l’esatto contrario dell’obiettivo terapeutico. È possibile interpellare l’intelligenza artificiale ripetutamente e a qualsiasi ora, surclassando opportunità di cercare e trovare per proprio conto risposte e possibili soluzioni. La tempistica delle sedute e l’intervallo che le separa in un contesto psicoterapeutico, portano invece la persona ad attingere necessariamente a se stesso oltre agli strumenti condivisi con il terapeuta, a piccole esperienze di crisi indispensabili alla crescita delle proprie potenzialità, a tollerare l’attesa, a sperimentare la mancanza, l’incertezza, i propri limiti, cose sgradevoli per tutti, ma altrettanto necessarie a livello psicoeducativo. Quelle esperienze che D. Winnicott ha chiamato appunto “frustrazioni ottimali”.
In assenza di queste, si alimenta in modo crescente nell’animo umano un meccanismo di smaniosa voracità, una pretesa di immediatezza, un desiderio di incessante e continuo appagamento, rendendoci sempre più incapaci di accettare l’eventualità che questo possa non accadere. Ecco perché, quando inevitabilmente poi succede, il disagio e il senso di impotenza in cui si precipita porta a reazioni che possono essere oltre misura, purtroppo riportate anche dai fatti di cronaca. Consegnare al digitale il nostro umano, usarlo per proprio bisogno, non fa che rinforzare il carattere utilitaristico, narcisistico e consumistico di delicati e complessi equilibri emotivi e relazionali, dove invece sono centrali la reciprocità, l’empatia, l’ascolto. Essere “in contatto” è ben diverso dall’essere “connessi”. Trasformazione invece già ampiamente viziata dall’avvento dei social.
La nostra affettività, i nostri dubbi, i nostri conflitti interni e le nostre emozioni, nel profondo non hanno bisogno tanto di una risposta ben elaborata ma di un’esperienza ricettiva, contenitiva, accudente, riparativa per noi stessi evolutiva. Non siamo rebus da risolvere, non riduciamoci a questo. Non solo, il rispecchiamento emotivo, il feedback che riceviamo dal terapeuta anche su un piano non verbale per il solo fatto di essere con lui nella stessa stanza, leggere accoglienza e vicinanza nel suo sguardo e nelle sue espressioni, è qualcosa di non simulabile da una IA. La spessa trama di comunicazione che si crea è l’essenza stessa della psicoterapia ed è importante maestra di come restare in contatto con sè e con l’altro. Tutto ciò anche imparando ad attraversare e superare impaccio, imbarazzo, vergogna, inibizione, qualcosa che ovviamente non sussiste nel riferirsi ad uno schermo, essendo causa di quell’anestesia emotiva che poi consente ben noti fenomeni di aggressività sulle piattaforme e non solo.
Sappiate allora avvicinarvi nel giusto modo alle utilità che il progresso propone, usate gli strumenti come tali, come accessori non come sostituti affettivi. Non semplificate il vostro mondo interno, non mercificatelo. Riconoscetene il valore, la fragilità, consegnandolo al giusto contesto e destinatario.

Se volete vi invito a condividere, non per interesse mediatico nè professionale ma umano.

Quanto avete letto, non è stato prodotto da una intelligenza artificiale ma da una mente.

Dott. Fulvio Bernini
Psicologo-Psicoterapeuta

27/05/2025

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