08/07/2025
Ma è vero che cadono più alberi di prima?
MA È VERO CHE CADONO PIÙ ALBERI DI PRIMA?
(testo di Francesco Ferrini, 8 luglio 2025)
Negli ultimi anni, ogni volta che un temporale solleva un po’ di vento, l’allarme corre veloce: “Cadono più alberi di prima!”, “È un’emergenza!”, “Tagliamoli tutti per sicurezza!”. Ma è davvero così? Stiamo davvero assistendo a un aumento generalizzato di schianti e rotture nelle nostre città, oppure siamo semplicemente più esposti — mediaticamente ed emotivamente — a eventi che, fino a poco tempo fa, passavano quasi inosservati? In questo articolo cerco di fare chiarezza tra percezione e dati reali, tra cattiva gestione e cambiamenti climatici, tra gestione del rischio e fobia del verde. Perché a volte, dietro un albero che cade, c’è molto più da capire di quanto sembri.
Partiamo dal fatto che la caduta di caduta di alberi o rottura di branche (in arboricoltura si definisce branca una porzione legnosa di due o più anni di età, anche se nel linguaggio parlato si parla sempre di ramo indipendentemente dalla dimensione) in ambiente urbano è un fenomeno multifattoriale, legato a dinamiche complesse che coinvolgono aspetti ecologici, gestionali, climatici e urbanistici. Ecco una sintesi ragionata delle principali (non tutte chiaramente) cause:
1. Cambiamenti climatici
• Eventi meteorologici estremi: Aumenti di episodi di vento forte, piogge intense, grandinate, o nevicate fuori stagione (spesso su chiome già sviluppate) possono mettere a dura prova la stabilità degli alberi.
• Siccità prolungate che riducono non solo la crescita della chioma, ma anche quella delle radici, seguite da piogge abbondanti rendono il terreno instabile e possono favorire il ribaltamento radicale, specialmente in terreni compattati o saturi d'acqua.
• Stress termico: Ondate di calore possono indebolire la fisiologia dell’albero e aumentare la vulnerabilità meccanica.
2. Condizioni di crescita sfavorevoli
• Radici compromesse: La crescita in spazi ristretti (buche d’impianto troppo piccole, asfalto a ridosso del colletto, scavi), l’asfissia radicale e il taglio delle radici per lavori stradali compromettono l’ancoraggio e l’assorbimento idrico.
• Errata scelta del sito o della specie: Alberi troppo grandi per il contesto urbano, o specie inadatte a sopportare vento, neve o siccità, possono diventare pericolosi col tempo e, nel caso di un potenziale target, determinare un rischio.
• Crescita sbilanciata dovuta a potature drastiche o a condizioni asimmetriche di luce e spazio.
3. Difetti strutturali e senescenza
• Senescenza e decadimento interno: Molti alberi urbani sono in piena senescenza o mostrano carie, cavità o difetti meccanici (tronchi o branche codominanti).
• Difetti genetici o di allevamento: Piante mal formate in vivaio (es. con branche non adeguatamente spaziate o chiome asimmetriche) o soggette a danni precoci non corretti possono sviluppare strutture deboli.
4. Errata gestione arboricola
• Potature scorrette o eccessive: I tagli drastici indeboliscono la struttura e predispongono a rotture, anche perché i cosiddetti ricacci (in arboricoltura di definiscono germogli epicormici) vigorosi mal ancorati.
• Mancanza di monitoraggio: L’assenza di una valutazione regolare dello stato di salute e stabilità impedisce interventi preventivi.
5. Urbanizzazione e pressione antropica
• Compattazione del suolo da traffico veicolare e pedonale riduce l’infiltrazione dell’acqua, gli scambi gassosi con inevitabili conseguenze sulla salute delle radici.
• Lavori infrastrutturali spesso trascurano la presenza dell’apparato radicale, danneggiandolo irreversibilmente.
• Inquinamento atmosferico e del suolo può indebolire la fisiologia della pianta nel lungo periodo.
6. Nuove patologie e insetti alieni
• La diffusione di patogeni e fitofagi esotici può causare un rapido deperimento e morte degli alberi.
In sintesi:
La maggiore incidenza di crolli non è tanto dovuta a un peggioramento improvviso della qualità degli alberi, ma a una combinazione di stress crescenti che ne riduce la resilienza, in un contesto urbano sempre più ostile e spesso gestito con logiche emergenziali e difensive, anziché preventive e scientifiche.
(Foto da La Repubblica. 6 luglio 2025)