
05/09/2025
“Qualche tempo fa incontrai, al termine di una mia conferenza su Lacan, un mio vecchio professore di filosofia che mi abbracciò dicendomi: «Allora è vero quello che ho sentito dire di te, che sai spiegare Lacan anche ai sassi!» Fu un complimento che mi rivelò una verità che solo in quel momento mi balzò agli occhi in tutta la sua evidenza. Perché riuscivo a spiegare Lacan ai sassi?
Ero stato un bambino considerato id**ta. Fui bocciato in seconda elementare perché giudicato incapace di apprendere. Quando parlo, cercando di insegnare qualcosa, è sempre a lui che mi rivolgo, al bambino id**ta che sono stato. È per lui che riduco, sminuzzo, – mastico le cose sino all’osso. Nelle persone alle quali mi rivolgo mentre insegno, cerco sempre il volto annoiato e un po’ ebete del bambino che sono stato. Io parlo a lui che è il mio testimone. Distillo le parole, ripeto lo stesso concetto in forme leggermente differenziate, ci giro attorno, lo spremo come fosse un limone per provare a estrarne tutto il succo. Parlo a lui.
Questo è il mio segreto. Devo rendere accessibile l’oggetto di cui parlo oltre che a me stesso a quell’altro me che mi ascolta e non capisce. Parlo a lui. Lo cerco nei volti sconosciuti degli altri. È il mio partner invisibile, l’uditore per eccellenza, il mio test permanente”.
Massimo Recalcati, "L’ora di lezione", 2014 Einaudi