Dott.ssa Lucia Filetti Psicologa

Dott.ssa Lucia Filetti Psicologa Psicologa, esperta in psicodiagnostica, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico.

Sono la dott.ssa Lucia Filetti psicologa, esperta in psicodiagnostica, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico, specializzata in terapia di gruppo. Lavoro in ambito scolastico ove mi occupo di Disturbi del Neurosviluppo ed esercito la libera professione a Zelo Buon Persico (LO) e Gorgonzola (MI). Ho scelto l'approccio psicoanalitico come metodo di cura per adulti ed adolescenti. Mi occupo di

consulenza e sostegno psicologico, valutazione psicodiagnostica, psicoterapia individuale, di coppia e di gruppo per coloro che vivono situazioni di disagio, difficoltà socio-relazionali, malessere psicologico e/o fisico (stress, ansia, depressione, somatizzazioni, difficoltà relazionali, attacchi di panico).

06/07/2025

Come vive chi è imprigionato nei propri schemi?
Avere delle routine può farci sentire al sicuro. Ci dà l’illusione di controllo, di ordine. Ma quando gli schemi diventano troppo rigidi, non proteggono più: imprigionano. Possono togliere ossigeno alla vita, rendendola un susseguirsi di doveri più che un fluire di possibilità.
È proprio questo che ci invita a osservare Edgar, il protagonista dell’ albo illustrato “Un tempo per ogni cosa”, di Davide Calì e Isabella Labate.

“Tutta la vita di Edgar era stata, da sempre, regolata dagli orologi. Un orologio gli aveva detto quando alzarsi e quando mangiare, quando chiamare sua madre e quando uscire per una passeggiata, ogni giorno della sua vita.”

Gli orologi lo rassicuravano. Gli toglievano il peso dell’imprevisto, della decisione, della novità. Ma, al tempo stesso, gli toglievano anche la libertà.

“Edgar viveva una vita regolata dal tic tac dei suoi orologi, ma in realtà nessuno gli aveva imposto di vivere così.”

Poi, un giorno, qualcosa si incrina: uno degli orologi si rompe. È un piccolo evento, ma diventa una grande occasione. Per ripararlo, Edgar dovrà partire, affrontare un viaggio inaspettato verso l’America e, con esso, nuovi ritmi, nuove esperienze. Una nuova vita.
Al ritorno, Edgar non è più lo stesso. I suoi vecchi schemi non lo contengono più. Ha assaporato la libertà, e qualcosa dentro di lui è cambiato.

“Forse, dopotutto, non gli servivano degli orologi che gli ricordassero di fare le cose che gli piacevano. Gli sarebbe bastato farle quando voleva.”

Uso spesso questo libro con le persone che, come Edgar, vivono incastrate dentro regole rigide, rituali quotidiani, che se da un lato tranquillizzano, dall’altro limitano profondamente la spontaneità e la gioia.
Insieme, leggiamo ogni pagina, e ogni volta ci soffermiamo su quella frase finale, scritta nella quarta di copertina, che mi emoziona sempre e che auguro con tutto il cuore a chi sente di vivere in una gabbia fatta di abitudini:
“SEI ANCORA IN TEMPO.”

22/06/2025

C’è una forma di silenzio che non nasce dalla timidezza, ma dalla paura: quella di esprimere chi siamo veramente, di dire cosa desideriamo, cosa ci manca, cosa non vogliamo più. Una paura spesso antica, che affonda le radici nell’infanzia, quando impariamo – per amore o per necessità – che è meglio adattarsi che disturbare.

Quel bambino che tace per non creare conflitti, da adulto rischia di portarsi dietro la stessa strategia. Solo che ora il prezzo è più alto: da un lato, mette da parte i propri bisogni, li considera meno importanti, li minimizza. Dall’altro, presume che l’altro non sia in grado di tollerare un confronto, di reggere una frustrazione, di accettare una differenza.

Così, per evitare di ferire, ci si ferisce. Per non creare onde, si annega sott’acqua.

Ma scegliere di dire “questo è ciò che voglio” non è un atto aggressivo. È un atto adulto, sano, relazionale. Significa riconoscere che l’altro ha le risorse per affrontare il vero, anche quando è scomodo. E significa riconoscere che noi abbiamo diritto a esistere per intero, non solo nella versione comoda per gli altri.

Definirsi non allontana: chiarisce. E a volte, proprio quando smettiamo di adattarci, iniziamo davvero a incontrarci.

© Dr. Maurizio Sgambati
www.psicosgambati.it

22/06/2025

I disturbi psicologici o mentali, per quanto dolorosi e disfunzionali, spesso svolgono una funzione protettiva per chi li sperimenta. Non sono semplicemente "problemi da eliminare", ma risposte complesse che la mente mette in atto per adattarsi a contesti interni o relazionali difficili da gestire in altro modo.

Ogni sintomo ha una sua coerenza: è una forma di linguaggio che il corpo e la psiche usano per proteggersi da ciò che viene percepito come troppo minaccioso o ingestibile.

Ad esempio è l’ansia, che spesso segnala un sovraccarico emotivo o la difficoltà a tollerare l’incertezza. Nei disturbi ossessivo-compulsivi, i rituali (come lavarsi ripetutamente le mani, controllare più volte una serratura, contare mentalmente) hanno la funzione di contenere l’angoscia e ridurre simbolicamente un pericolo percepito. Anche se questi comportamenti diventano rigidi e interferiscono con la vita quotidiana, inizialmente servono a mantenere un fragile senso di controllo.

Un altro esempio, la depressione può emergere in ambienti familiari molto conflittuali: il soggetto depresso, assumendo un ruolo passivo o di ritiro, tende a ridurre il rischio di attacchi. In alcuni casi, può addirittura indurre l’intero sistema familiare a rallentare, attenuare i contrasti e modificare i propri equilibri.

In molti casi, il sintomo non è solo personale, ma si colloca all’interno di una dinamica familiare: la persona che manifesta il disagio viene definita “paziente designato”. È colui o colei che, inconsapevolmente, esprime un disagio collettivo o sistemico, fungendo da valvola di sfogo per tensioni più ampie. Il suo sintomo può mantenere un equilibrio nel gruppo, evitando rotture, conflitti o verità difficili da affrontare.

Questi meccanismi, pur non essendo sani nel lungo periodo, permettono alla persona – e talvolta al sistema di cui fa parte – di sopravvivere psicologicamente a situazioni critiche. In ambito clinico, il lavoro terapeutico non si limita a rimuovere i sintomi, ma si orienta a comprenderne il significato e ad accompagnare la persona (e, se possibile, il contesto) verso forme più funzionali e consapevoli di equilibrio.

© Dr. Maurizio Sgambati
www.psicosgambati.it

08/05/2025
07/05/2025

In occasione della Giornata della Salute Mentale Materna, l'Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana intende richiamare l’attenzione sull’importanza di riconoscere, prevenire e trattare il disagio psicologico che può insorgere durante la gravidanza e nel periodo perinatale.
Occorre promuovere una cultura della salute mentale che riconosca la pluralità dei vissuti legati alla maternità, un’esperienza profonda e trasformativa, ma spesso idealizzata.
Dietro al sorriso di una madre, possono celarsi emozioni complesse: ansia, tristezza, senso di inadeguatezza, solitudine. Disturbi come la depressione post-partum, l’ansia perinatale e le difficoltà di adattamento alla genitorialità rappresentano condizioni ad alta prevalenza, spesso sottodiagnosticate o ancor peggio taciute, con conseguenze significative sul benessere della madre, del bambino e del nucleo familiare.
Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di forza.
È tempo di abbattere lo stigma, riconoscere il carico invisibile che molte madri portano e garantire un accesso equo al supporto psicologico in ogni fase della maternità auspicando un approccio integrato tra servizi sanitari, sociali e psicologici.
L'idealizzazione della maternità e lo stereotipo della “madre perfetta” spesso impediscono un ascolto autentico del vissuto materno, contribuendo a silenziare il disagio e ad alimentare il senso di colpa.
È fondamentale che partner, familiari, operatori sanitari e la società tutta imparino ad ascoltare le donne, senza giudizio, senza minimizzare la loro sofferenza, riconoscendo il diritto di ogni madre a essere accolta nella propria vulnerabilità.
Lo psicologo può offrire uno spazio di contenimento, prevenzione e supporto qualificato svolgendo un ruolo cruciale nella presa in carico e nel sostegno per la tutela della salute della madre, dell’intero sistema familiare e per la prevenzione del rischio evolutivo nei figli.

Una società che tutela la salute mentale delle madri è una società che investe nel proprio futuro.

28/03/2025

"Le parole sono come dei vasi di fiori che cadono dai balconi. Se sei fortunato li schivi e vai avanti sulla tua strada, ma se invece sei un po' più lento, ti centrano in pieno e ti uccidono"

Il ragazzo dai pantaloni rosa

07/03/2025

"Non sono quello che mi è successo, sono quello che ho scelto di essere."
(Carl Gustav Jung)

05/03/2025

GUARDARSI. SENZA PAURA.

Ci hanno sempre insegnato a cercare la luce, come se il buio fosse un errore, ma nessuno ci ha insegnato a restare quando la notte si posa dentro.

L’ombra che eviti non scompare. Si insinua nei gesti, nei silenzi, nelle scelte che fai senza capire perché. È nelle paure che ti governano, nelle reazioni che non controlli, nei legami che ti tengono stretto anche quando dovresti lasciar andare.

È nelle ombre che abita tutto ciò che sei e non hai mai voluto vedere. Lì si nascondono le verità scomode, le ferite che hai coperto, le parti di te che hai sepolto per essere accettato.

Puoi riempirti di parole rassicuranti. Puoi convincerti che basti voltarti dall’altra parte. Puoi costruire una vita intera evitando lo sguardo di ciò che ti spaventa.

Ma prima o poi l’ombra chiede il conto.

E lo fa con i silenzi che non comprendi. Con gli amori sbagliati che non sai lasciar andare. Con il vuoto che ti prende allo stomaco senza un motivo preciso.

Perché il dolore che eviti non sparisce. Ti aspetta.

Non si guarisce coprendo il buio con illusioni di luce. Si guarisce scendendo fino in fondo.

Sapendo che non c’è luce più autentica di quella che nasce dopo aver visto ogni tua ombra, e aver scelto di non fuggire più. Anche quando fa male. Anche quando fa paura.



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08/01/2025
08/01/2025

“La scopo della vita non è diventare perfetti, ma completi”, diceva Jung. Vi auguro un anno imperfetto e completo!

Enrico Damiani Editore

12/10/2024

"Spesso si pensa che la soluzione al dolore sia altrove, ma è nel dolore la soluzione del dolore, sentendolo, abitandolo, assaporandolo, a poco a poco diventa parte di noi, non più un estraneo, ma un ospite scomodo, irruente, tempestoso e infine un amante e dopo la fine, un pezzo di noi".

Chandra Livia Candiani, da "Il silenzio è cosa viva"

Illustrazione di Silvia Pattaro

Indirizzo

Zelo Buon Persico

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