Carla Fiorenza Fisioterapista

Carla Fiorenza Fisioterapista Fisioterapia, Riabilitazione

c/o EOSPA

Massoterapia terapeutica o preventiva
Massaggi total body
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Rieducazione posturale
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Diadinamica
Tens
Elettrostimolazione
riabilitazione in acqua
recupero funzionale
ginnastica posturale
riabilitazione post-chirurgica
riabilitazione protesi
riabilitazione sportiva
riabilitazione propriocettiva

26/09/2025

“Devo rinforzare l’addome.”

Ma l’addome non è il centro. È la conseguenza.

Ci hanno insegnato a fare addominali, plank, crunch e vacuum.. ma nessuno ci ha mai spiegato chi tiene davvero in piedi il corpo quando stai fermo.

Spoiler: non è il “six pack”. È una rete profonda, silenziosa, multidirezionale.

Questa immagine, se la guardi bene, mostra il cuore nascosto della postura.

Cosa vediamo?

Multifido: l’anello di sicurezza tra una vertebra e l’altra.
Trasverso dell’addome: la fascia naturale che tiene dentro gli organi e fuori la pressione.
Quadrato dei lombi: il ponte tra torace, pelvi e diaframma.
Ileo-psoas: il cavo di trazione che collega il tronco alle gambe.
Diaframma: il tetto del core.
Pavimento pelvico: il pavimento del core.
Obliqui, interni ed esterni: le guide rotazionali della stabilità.

Questa non è una mappa muscolare.
È l’impalcatura che tiene insieme il tuo respiro, il tuo bacino e il tuo dolore lombare.

Doppia lettura

Livello 1 – per pazienti

Non devi “avere gli addominali”.
Devi attivare il core profondo, quello che non si vede allo specchio ma si sente quando respiri, ti alzi dal letto o resti in piedi per ore.
Allenare solo il retto dell’addome è come mettere un bel tappeto.. in una casa senza fondamenta.

Livello 2 – per clinici

Questa immagine parla chiaro: la stabilità non è una questione di forza ma di integrazione. Il core non è un distretto, è un sistema di gestione pressoria e di continuità mio-fasciale. Parlare di “rinforzo del core” senza coinvolgere diaframma, pavimento pelvico, multifido, trasverso e lavorare sulla strategia pressoria.. è allenamento estetico travestito da posturale.

E quindi?

Quando un paziente ha dolore lombare o instabilità pelvica, chiediti: "quanti di questi muscoli sono coinvolti nella strategia di compenso?" E soprattutto: "gli sto insegnando a lavorare.. o solo a contrarsi?"

“Ma io faccio già gli addominali a fine allenamento.”

Certo.

Come mo***re l’airbag su una macchina senza freni. La vera sicurezza posturale è nascosta, profonda, intelligente.

E si attiva quando respiri, non quando spingi. 🤗

25/09/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli! 🎉

Oggi esploriamo un muscolo piccolo, sfuggente e.. riservato 😌: il muscolo cremastere! Un muscolo esclusivamente maschile (o quasi), che svolge un ruolo protettivo, termoregolatore e riflesso.. tutto attorno al testicolo.

🔍 Dettagli anatomici

Il muscolo cremastere (musculus cremaster) è un sottile nastro muscolare che circonda il funicolo spermatico e riveste il testicolo all’interno dello scroto. È considerato parte del muscolo obliquo interno dell’addome, da cui si origina.

Origina infatti dal margine inferiore del muscolo obliquo interno e trasverso dell’addome e si inserisce sulle guaine del funicolo spermatico e tunica vaginale del testicolo

Innervazione? Ramo genitale del nervo genitofemorale (L1–L2), con possibile contributo del nervo ileoinguinale (detto anche spermatico esterno).

Funzioni principali

Solleva il testicolo verso il canale inguinale e regola la temperatura testicolare (portandolo vicino o lontano dal corpo). Si attiva nel riflesso cremasterico (stimolo tattile sulla coscia con il testicolo che si solleva).

Dà protezione durante lo sport o stimoli improvvisi.

🌡️ Tipi di disfunzione

Il cremastere può essere coinvolto in iperattività riflessa (testicolo ipermobile, si solleva troppo e troppo spesso), dolore inguinale riflesso, talvolta confuso con pubalgia, tensioni post-chirurgiche (es. dopo ernioplastica o varicocele).

Un riflesso cremasterico assente può indicare lesioni neurologiche (es. lesioni L1–L2 o testicolo retratto)

Funzione quotidiana

Si attiva in modo automatico e riflesso in molti momenti della vita quotidiana, per esempio in caso di freddo intenso, per proteggere la temperatura del testicolo. Ma anche durante l’attività fisica intensa, in risposta a stimoli come tocco o sfregamento della coscia interna o ancora in situazioni di stress, paura o contrazione muscolare globale.

È una sorta di “guardiano automatico del testicolo”.

🏋️ Esercizio di rilassamento (Respiro e allungamento pelvico supino)

1. Sdraiati supino, ginocchia piegate, piedi a terra
2. Appoggia una mano sull’addome e l’altra sulla parte bassa del bacino
3. Inspira profondamente, cercando di rilassare il pavimento pelvico
4. Durante l’espirazione, immagina di “lasciare andare” il testicolo verso il basso
5. Ripeti per 10 respiri lenti

Aiuta in casi di iperattività cremasterica riflessa, tensione pelvica o dolore inguinale.

🏋️ Esercizio di attivazione (stimolo riflesso e consapevolezza)

1. Da in piedi, sfiora con un cotton fioc o con le dita pulite la parte interna della coscia (verso l’alto)
2. Nota la risposta automatica del sollevamento testicolare
3. Ripeti 3–4 volte per lato, osservando simmetria e risposta
4. Utile anche in neurologia o riabilitazione funzionale pelvica

Migliora la consapevolezza del riflesso cremasterico e può essere parte di una valutazione clinica.

🔬 Curiosità scientifica

Il cremastere ha una funzione vitale nella termoregolazione testicolare, perché gli spermatozoi maturano correttamente solo a circa 2–3°C sotto la temperatura corporea. Il suo ruolo protettivo si estende anche alla risposta emotiva: si attiva in modo riflesso durante stress o paura, come una reazione di “chiusura difensiva”.

Conclusione

Il muscolo cremastere è uno dei più sottovalutati e specifici del corpo maschile. Agisce in silenzio per proteggere, regolare e rispondere agli stimoli del mondo esterno. Conoscerlo aiuta a comprendere meglio il legame tra corpo, sistema nervoso autonomo e salute riproduttiva.

Ci vediamo giovedì prossimo per un nuovo episodio di Muscolandia, dove anche i muscoli più discreti.. fanno la loro parte! 😀

23/09/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti al nono episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi ci occupiamo di un nervo piccolo, profondo e.. essenziale. È grazie a lui se puoi alzare il braccio per salutare, per prendere una cosa dallo scaffale, o per dire "presente!" in aula. È il nervo ascellare, il comandante del deltoide e il guardiano della sensibilità sulla spalla.

Quando funziona, tutto fila liscio. Quando smette.. il braccio resta giù.

Dove sta?

Il nervo ascellare nasce dal plesso brachiale, in particolare dal fascicolo posteriore (C5–C6). Esce attraverso lo spazio quadrilatero (o spazio laterale della spalla), insieme all’arteria circonflessa posteriore. Passa dietro al collo chirurgico dell’omero, in stretta relazione con la capsula articolare.

Si divide in un ramo motorio, che innerva deltoide e piccolo rotondo, e in un ramo sensitivo, il nervo cutaneo laterale superiore del braccio.

È un nervo compatto, ma nel posto giusto per fare.. tanta differenza.

Che cosa fa?

A livello motorio innerva il muscolo deltoide (tutte le sue porzioni), e il muscolo piccolo rotondo (rotazione laterale dell’omero). A livello sensitivo fornisce la sensibilità alla parte laterale della spalla e del braccio, tramite il ramo cutaneo superiore.

In pratica: abduzione del braccio, rotazione esterna, stabilità della testa omerale, e percezione del contatto sulla spalla. Piccolo nervo, grandi responsabilità!

Come si lamenta?

Quando il nervo ascellare è leso o compresso, può dare debolezza nell’abduzione del braccio (soprattutto tra 15° e 90°), atrofia del deltoide con profilo spalla “piatto”, dolore sordo o urente nella regione laterale della spalla, alterazioni della sensibilità cutanea sulla porzione laterale del braccio, difficoltà a portare oggetti in alto, vestirsi e in tutti i gesti sopra la testa.

Le lesioni avvengono spesso post-trauma, soprattutto lussazione anteriore della spalla o frattura del collo chirurgico dell’omero.

Ruolo nella vita quotidiana

Il nervo ascellare è protagonista ogni volta che alzi il braccio, tieni un peso sopra la testa, ti sistemi i capelli, indossi una giacca, apri lo sportello alto dell’auto. Se il deltoide non lavora.. te ne accorgi ogni giorno.

Patologie e disfunzioni

Lesione da lussazione della spalla (trauma antero-inferiore con trazione del nervo),
frattura del collo chirurgico dell’omero, compressione nello spazio quadrilatero (entrapment o sindrome del quadrilatero), cause iatrogene (interventi ortopedici sulla spalla), sindrome da uso eccessivo in atleti overhead (pallavolo, nuoto, baseball).

Curiosità neurologica

La sindrome dello spazio quadrilatero è poco conosciuta ma reale: può colpire atleti che eseguono movimenti ripetuti sopra la testa. Il nervo ascellare viene “schiacciato” tra i bordi muscolari, causando dolore posteriore alla spalla e debolezza progressiva.
E spesso, una banale lussazione può lasciare una compromissione cronica, non sempre riconosciuta.

Approccio fisioterapico

La riabilitazione deve essere precisa, graduale e funzionale: valutazione selettiva del deltoide (confronto attivo e passivo), esercizi di reclutamento deltoideo in isometria e in catena cinetica chiusa, tecniche di neurodinamica del plesso brachiale posteriore (sliding del nervo ascellare), lavoro sul controllo scapolare e postura, rinforzo del piccolo rotondo per supportare la cuffia dei rotatori e propriocezione della spalla (soprattutto in overhead athletes).

In caso di lesione cronica: strategie di compenso e prevenzione instabilità gleno-omerale.

Conclusione

Il nervo ascellare non fa notizia.. finché non ti accorgi che alzare il braccio non è più automatico. È il braccio destro del deltoide, il compagno silenzioso della spalla,
quello che ti aiuta a dire “ciao”, “su le mani”.. o semplicemente a mettere il sale in dispensa.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 👋

Nota bene
Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

22/09/2025

È lunedì, ed è tempo di.. "Anatomia Spassosa! Esploriamo il corpo umano con un sorriso!" 😄

Oggi parliamo di una vera “linea di confine” del piede, nota a chirurghi, ortopedici e.. a chi ama i dettagli anatomici: l’interlinea di Chopart, o meglio articolazione trasversa del tarso!

Sembra il nome di un taglio di carne pregiato, ma è in realtà una linea articolare fondamentale che separa due blocchi ossei del piede.

Chopart non era un calzolaio, ma un chirurgo francese del XIX secolo.. e ci ha lasciato questa linea che ancora oggi ci aiuta a capire, curare e operare il piede!

Cos’è e dov’è?

L’interlinea di Chopart è l’articolazione che divide il mesopiede (parte centrale) dal retropiede (zona posteriore del piede). È formata da due articolazioni principali: articolazione talo-navicolare e articolazione calcaneo-cuboidea.

In pratica da un lato abbiamo astragalo e calcagno, dall’altro scafoide e cuboide. E Chopart.. sta in mezzo!

Cosa fa?

Questa linea articolare permette al piede di adattarsi alle superfici, assorbire le rotazioni ed essere flessibile nella camminata e nella corsa.

È fondamentale nei movimenti di pronazione e supinazione del piede.

Curiosità divertente

Se il piede fosse un libro, Chopart sarebbe la piega centrale: quella che ti permette di aprirlo bene senza strapparlo! E sai una cosa? In passato veniva utilizzata per amputazioni “alte” del piede, perché consente di salvare buona parte del retropiede!

Funzionamento buffo

Immagina di avere un telecomando flessibile con due tasti che ruotano: uno per spingere il piede all’interno, uno per spingerlo all’esterno.. e la linea di Chopart è la cerniera centrale che permette a tutto di muoversi!

Nella vita di tutti i giorni

Quando fai un cambio di direzione improvviso, un salto e atterri male, una rotazione del piede sul terreno.. stai chiedendo collaborazione proprio a lei: la linea di Chopart.

Parole complicate, spiegate semplici

Retropiede: tallone e astragalo.
Mesopiede: parte centrale (cuboide, scafoide, cuneiformi).
Linea di Chopart: linea articolare tra retropiede e mesopiede.
Talo-navicolare: tra astragalo e scafoide.
Calcaneo-cuboidea: tra calcagno e cuboide.

Come può soffrire?

Traumi articolari: distorsioni, lussazioni.

Artrosi: invecchiamento articolare precoce nei piedi molto pronati.

Rigidità o instabilità: nei piedi piatti o cavi.

Dolore plantare mediale: sovraccarico della zona del mesopiede.

Fratture miste o complesse in pazienti con traumi ad alta energia (es. moto, cadute).

Momento educativo leggero

Il movimento del piede non è solo “su e giù”! C’è un mondo di articolazioni trasversali, rotazioni e assorbimento! Esercizi di equilibrio, mobilità del mesopiede e consapevolezza del passo sono fondamentali per proteggere Chopart e amiche!

Curiosità scientifica

L’interlinea di Chopart è fondamentale in ortopedia perché rappresenta un “piano naturale” per amputazioni parziali, protesi e resezioni tumorali.

È strettamente correlata con l’articolazione di Lisfranc (che invece separa mesopiede e avampiede).. insomma, il piede è un puzzle sofisticato!

Conclusione con sorriso

Dalla linea di Chopart in giù.. ogni passo è una sinfonia biomeccanica! E anche se non la vedi, questa articolazione lavora ogni giorno per farti camminare, correre, saltare.. o semplicemente stare in piedi.

Quindi oggi, mentre metti le scarpe, mandale un pensiero: grazie, Chopart, per ogni rotazione elegante che ci regali! 😅

Ci vediamo lunedì prossimo per una nuova esplorazione.. sempre con il sorriso! 🤗

21/09/2025

“È solo una tendinite alla spalla.”

Peccato che la spalla non esista. O meglio: non esiste una sola spalla, né un solo modo in cui può fare male. Quello che chiamiamo “spalla” è una giunzione articolare complessa, un sistema che unisce: cinque articolazioni, più di venti muscoli, una catena di adattamenti che parte dal rachide e finisce nella mano.

E in mezzo a tutto questo.. sì, ci sono anche quei quattro muscoli famosi:
sovraspinato, infraspinato, sottoscapolare e piccolo rotondo.

Ma ridurre il dolore di spalla a “tendinite della cuffia” è come dire che un’orchestra stona perché il primo violino ha preso una nota sbagliata.

Doppia lettura

Livello 1 – per pazienti

Quando ti dicono che hai un problema alla spalla, spesso è solo la punta dell’iceberg. Il dolore non è (solo) dove lo senti, ma dove il tuo corpo ha smesso di compensare in silenzio. E nella spalla, le compensazioni sono quotidiane, invisibili.. e potentissime.

Un muscolo tira troppo, uno tira troppo poco.
La scapola ruota male, il torace è rigido, il core non sostiene.
Il dolore è la somma finale di tutte queste micro-disfunzioni.

Livello 2 – per clinici

Chiamarla “cuffia dei rotatori” è corretto.
Ma ragionare solo sulla cuffia.. è riduttivo.
Qui si parla di neuromeccanica fine, non solo di RMN.

Ogni muscolo della cuffia modula l’allineamento omerale in co-attivazione con scapola e core, lavora in feedforward su base motoria appresa, diventa sintomatico quando il carico supera la sua funzione di “stabilizzatore silenzioso”.

Sovraccarico da sottoscapolare dominante uguale a perdita di rotazione esterna.
Sovraccarico del sovraspinato uguale a riduzione dello spazio subacromiale.
Infraspinato ipoattivo uguale ad un omero che sale senza freni.
Dominanza del deltoide uguale ad una “spalla forte che fa male”.

Non è infiammazione.
È fallimento di sistema.

In breve, il sovraspinato inizia l’abduzione e guida la centratura omerale, l'infraspinato ruota esternamente e frena il movimento, il sottoscapolare ruota internamente e protegge anteriormente, il piccolo rotondo garantisce il fine tuning della rotazione esterna e stabilità posteriore.

Quattro muscoli. Ma inseriti in un sistema con il core (per pre-attivazione e controllo pressorio), colonna toracica (per escursione scapolare), scapola (per orientamento e ritmo scapolo-omerale), arto superiore (per continuità di movimento e scarico del carico distale)

E quindi?

Ogni volta che dici “spalla dolorosa”, non chiederti solo “quale tendine?”,
ma “quale equilibrio è saltato?” Chi lavora troppo per coprire gli altri? Chi ha smesso di collaborare? Il dolore è un allarme o un abbandono?

“Allora devo rinforzare la cuffia?”
No.
Devi rieducare il sistema.

Devi ripristinare le sinergie tra scapola, core e arto. Devi restituire timing, feedforward, controllo fine. Devi far tornare la spalla quello che è davvero: una staffetta di funzioni, non una somma di muscoli.

La spalla non si infiamma per caso. Si ribella quando smette di essere un'orchestra e diventa un assolo stonato. Non curare il violino. Riaccorda l’intera sinfonia. 🥰

20/09/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli! 🎉

Oggi risaliamo lungo la parte posteriore del collo e del dorso per scoprire due muscoli affascinanti, forti e spesso sottovalutati: gli spleni, appartenenti al gruppo spinotrasversale.

Parliamo dello splenio della testa (splenius capitis)
e dello splenio del collo (splenius cervicis). Due muscoli che danno.. un bel colpo di reni alla tua cervicale!

Dettagli anatomici

Gli spleni sono muscoli profondi della regione cervicale e toracica alta. Fanno parte del gruppo spinotrasversale: originano da strutture spinali (processi spinosi) e si inseriscono su strutture trasversali o laterali (processi trasversi e osso occipitale).

Lo splenio della testa origina dal legamento nucale e dai processi spinosi di C7–T3/4, inserendosi sul processo mastoideo dell’osso temporale e sulla parte laterale della linea nucale superiore dell’occipite.

Lo splenio del collo origina dai processi spinosi di T3–T6 e si inserisce sui processi trasversi di C1–C3/C4.

Sono innervati dai nervi spinali cervicali posteriori (rami dorsali).

Funzioni principali (entrambi)

Estensione del collo e della testa (bilaterale), rotazione e inclinazione omolaterale (unilaterale) e stabilizzazione dinamica della colonna cervicale e toracica alta.

🌡️ Tipi di dolore

Gli spleni sono frequentemente coinvolti in tensioni cervicali e possono dare origine a cefalee miotensive (soprattutto lo splenio della testa), rigidità cervicale con difficoltà nei movimenti di rotazione e dolore tra scapola e collo, spesso unilaterale.

Trigger point con irradiazione alla tempia, nuca o regione occipitale e compensi in posture protratte (PC, guida, smartphone) possono riguardarli.

💪 Funzione quotidiana

Entrano in azione ogni volta che guardi in alto o ruoti la testa per dire “sì” o “no”, mantieni la testa eretta durante la camminata o la corsa, sostieni la postura cervicale in attività prolungate (lettura, computer) e ti volti di scatto, magari per controllare uno specchietto in auto.

Sono i guardiani silenziosi della tua cervicale.

🏋️ Esercizio di allungamento (Stretching spleni in rotazione opposta)

1. Siediti eretto, spalle rilassate
2. Ruota lentamente la testa verso destra
3. Inclina il mento leggermente verso il basso (come per guardare la spalla opposta)
4. Usa la mano destra per guidare delicatamente il movimento (non ti**re!)
5. Mantieni 20–30 secondi, poi cambia lato

Allunga lo splenio della testa e del collo in modo controllato, migliorando la mobilità cervicale.

🏋️ Esercizio di rinforzo (Estensione isometrica laterale)

1. Siediti dritto con il mento in posizione neutra
2. Appoggia la mano destra sul lato destro della testa
3. Premi leggermente la testa contro la mano (inclinazione destra) senza muovere il collo
4. Mantieni 5 secondi, rilassa
5. Ripeti 5 volte per lato

Rinforza gli spleni nel loro ruolo di stabilizzatori laterali cervicali.

🔬 Curiosità scientifica

Gli spleni hanno un’elevata densità di fusi neuromuscolari, che li rendono fondamentali nella propriocezione cervicale. Per questo motivo, sono spesso coinvolti nei programmi di riabilitazione post-colpo di frusta e nei disturbi dell’equilibrio legati al rachide cervicale.

Conclusione

Gli spleni sono muscoli profondi ma potenti, che sostengono il collo e guidano i tuoi movimenti ogni giorno. Prendersene cura significa prevenire cervicalgie, migliorare la postura e ridurre le tensioni alla base del cranio.

Ci vediamo giovedì prossimo per un nuovo episodio di Muscolandia, dove ogni vertebra ha il suo muscolo alleato! 🤭

19/09/2025

La cisti di Baker, o cisti poplitea, è una raccolta di liquido sinoviale che si forma nella parte posteriore del ginocchio, tipicamente tra il muscolo gastrocnemio e il muscolo semimembranoso. Sebbene spesso asintomatica, in alcuni casi può causare dolore, tensione e limitazione funzionale.

Meccanismo di formazione

Il ginocchio è un’articolazione sinoviale caratterizzata da un’abbondante produzione di liquido sinoviale per lubrificare le superfici articolari e ridurre l’attrito durante il movimento. Tuttavia, in presenza di un’infiammazione articolare o di un sovraccarico meccanico, la produzione di liquido sinoviale può aumentare in modo anomalo, portando alla formazione della cisti. Questa comunicazione tra la borsa poplitea e l’articolazione avviene attraverso una valvola unidirezionale, impedendo il riassorbimento del liquido e causando un rigonfiamento nella fossa poplitea.

Cause e fattori di rischio

La cisti di Baker non è una patologia primaria, ma una manifestazione secondaria di una condizione preesistente del ginocchio, tra cui artrosi (deterioramento cartilagineo che porta a un’infiammazione cronica con aumento del liquido sinoviale), artrite reumatoide o altre patologie infiammatorie (il processo infiammatorio stimola una produzione esagerata di liquido sinoviale), lesioni meniscali (la rottura di un menisco può alterare la biomeccanica del ginocchio e favorire un accumulo di liquido sinoviale), tendinopatie o sovraccarico funzionale, sport di impatto, corsa o attività lavorative con carichi elevati, tutte condizioni che possono predisporre alla formazione della cisti.

Sintomi e segni clinici

Molte cisti di Baker sono asintomatiche e vengono scoperte casualmente durante esami per altre problematiche. Tuttavia, quando la cisti cresce, può manifestarsi con un gonfiore nella fossa poplitea (un rigonfiamento visibile o palpabile dietro il ginocchio, spesso più evidente in estensione), con rigidità e tensione (un senso di pressione posteriore, soprattutto dopo sforzi prolungati), con dolore (che peggiora con il movimento, la flessione e l’estensione completa del ginocchio) e con una ridotta mobilità articolare (la flessione del ginocchio può risultare limitata nei casi più avanzati).

Attenzione: se la cisti si rompe, il liquido sinoviale può diffondersi nei tessuti circostanti, simulando una trombosi venosa profonda con dolore acuto e gonfiore diffuso al polpaccio (Segno di pseudotrombosi di Baker).

Diagnosi e imaging

L'ecografia muscoloscheletrica è l'esame di primo livello per valutare le dimensioni della cisti e la presenza di liquido. La risonanza magnetica (RMN) è utile per individuare eventuali patologie intra-articolari concomitanti (lesioni meniscali, artrosi, sinovite).

Trattamento e approccio riabilitativo

Gestione conservativa

Il trattamento dipende dalla causa sottostante e dalla sintomatologia. In generale riposo funzionale e gestione del carico, riducendo attività ad alto impatto per alleviare la pressione articolare.

La fisioterapia mira alla mobilizzazione dell’anca e del ginocchio per migliorare la biomeccanica e ridurre il sovraccarico. Gli esercizi di rinforzo e stabilizzazione con focus su quadricipiti, ischiocrurali e core stability possono migliorare la distribuzione delle forze sul ginocchio.

Terapie fisiche strumentali possono favorire il drenaggio della cisti e ridurre l’infiammazione.

Taping decompressivo può essere utilizzato per migliorare il drenaggio linfatico.

Opzioni invasive

Nei casi più gravi si procede ad una aspirazione ecoguidata, con rimozione del liquido in eccesso con ago, spesso associata a infiltrazione di cortisone. La chirurgia è indicata nei rari casi di cisti di grandi dimensioni che comprimono strutture vascolari o nervose.

Conclusione

La cisti di Baker è un segnale che il ginocchio sta lavorando in modo anomalo. Identificare e trattare la causa sottostante è fondamentale per prevenire la recidiva. Un approccio fisioterapico mirato e un’adeguata gestione del carico articolare possono essere la chiave per mantenere il ginocchio sano e funzionale.

18/09/2025

IL DOPPIO GIOCO DELL’ILEOPSOAS: TRA POSTURA E POTENZA

Guarda bene questa immagine.
Non è solo una rappresentazione anatomica.
È una confessione posturale.

L’ileopsoas non è solo un flessore dell’anca. E questo ormai lo sappiamo, vero?
È anche uno stabilizzatore profondo, attivatore anticipatorio e modificatore della curvatura lombare.
E proprio lì si gioca la sua ambiguità funzionale.

Cosa ci mostra l’immagine?

L’ileopsoas origina dalla colonna lombare (corpi vertebrali e processi trasversi di L1–L5). Si inserisce sul piccolo trocantere del femore. Quando si contrae, esercita una forza che tira anteriormente la colonna lombare. Contemporaneamente, genera una rotazione anteriore del bacino.

Risultato? Aumento della lordosi lombare, carico aumentato sui dischi e sulle faccette articolari, potenziale iperattività compensatoria in soggetti sedentari, ansiosi, o instabili.

Domanda ai colleghi: la persona con lombalgia che stai trattando ha uno psoas “corto” o ha uno psoas iperattivo, retratto, sovrautilizzato perché il diaframma è ipomobile o il trasverso addominale è assente?

Alcuni effetti biomeccanici della retrazione dello psoas sono l'aumento della compressione lombare, la limitazione dell’estensione dell’anca, la rotazione anteriore del bacino, l'inibizione dei glutei (per via della posizione sfavorevole) e alterazioni del cammino e compensi su ginocchio o piede

Lavorare sull’ileopsoas significa quindi ripristinare la mobilità di anca e bacino, ridurre la compressione lombare, migliorare la sinergia con diaframma e addominali profondi e promuovere il controllo neuromotorio, non solo l’allungamento.

Curiosità clinica

Lo psoas ha connessioni fasciali con il diaframma. Un diaframma contratto o disfunzionale può contribuire a mantenere lo psoas in uno stato di tensione cronica.
Il risultato? Respiro corto, instabilità lombopelvica, e dolore.. che non passa con un semplice stretching.

Esercizio di consapevolezza

Prova a sederti in una posizione eretta per qualche minuto.
Rilassa volontariamente lo psoas destro.
Ora inspira profondamente e cerca di attivare il trasverso senza spingere in avanti la colonna lombare.
Lo senti il “rilascio” nella parte anteriore dell’anca?
Benvenuto nel controllo neuro-mio-fasciale.

Lo psoas non è solo un muscolo. È una cerniera tra postura, respiro, emozione e movimento. Ignorarlo significa rincorrere i sintomi. Comprenderlo.. significa finalmente ascoltare la radice del problema.

E come ci insegna la clinica: il corpo non mente. Ma bisogna sapere dove ascoltare.

18/09/2025

IL CORE NON È UN ADDOMINALE: È UN DIAFRAMMA INCONTRATO PER CASO DA TRE VECCHI AMICI.

Guarda bene quest’immagine.
Se ti aspettavi di vedere solo un bel retto dell’addome scolpito.. stai guardando nel posto sbagliato. Qui c’è qualcosa di molto più potente.

Il Core come cilindro funzionale!

In alto: il diaframma.
In basso: il pavimento pelvico.
Davanti: il trasverso dell’addome.
Dietro: il multifido.

Quattro elementi apparentemente lontani, che insieme creano la tua cintura di forza, stabilità e controllo.

Immaginalo come una lattina di alluminio. Resiste a pressioni enormi se chiusa bene. Ma se premi su un lato o la buchi.. collassa. È questo il segreto del core: la pressione intra-addominale ben distribuita.

Non crunch, non addominali alti, non plank infiniti fatti male. Ma equilibrio tra spinta e contenimento.

Test di consapevolezza rapida

Sdraiati supino, gambe flesse, mani sull’addome.
1. Inspira: senti il torace aprirsi lateralmente?
2. Espira lentamente: il ventre si appiattisce da solo o lo stai forzando?
3. Premi leggermente con le dita sotto l’ombelico: riesci a percepire il trasverso che si attiva senza sollevare le coste o contrarre i glutei?
4. Ora pensa al pavimento pelvico: riesci a “chiuderlo” senza stringere le cosce?
5. Infine.. riesci a fare tutto questo senza bloccare il respiro?

Se almeno uno di questi passaggi ti ha fatto sudare.. benvenuto nel vero lavoro sul core.

Il core non serve solo per avere la pancia piatta.

Serve per stabilizzare la colonna, respirare meglio, ridurre il dolore lombare, migliorare l’equilibrio, favorire la mobilità, proteggere il pavimento pelvico e coordinare forza e fluidità nei movimenti quotidiani, per dire alcune funzioni..

Frase che cambia tutto? Non sei tu che devi controllare il core. È il core che dovrebbe controllare te.. silenziosamente, in ogni gesto.

Curiosità: il muscolo trasverso si attiva 200 millisecondi prima di ogni movimento dell’arto superiore in soggetti sani. Nei soggetti con lombalgia cronica.. no. 😅
E questo fa tutta la differenza del mondo.

Rieducare il core significa rieducare il corpo alla vita. Perché il core non è solo un centro anatomico. È un centro di comando.

E oggi, finalmente, lo hai visto per ciò che è: un cilindro intelligente, dinamico e vitale. Proprio come te. 💞

17/09/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti all’ottavo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!”

Oggi parliamo di un nervo che cuce e ricuce, non con ago e filo.. ma con adduzione e controllo. È il nervo otturatorio, il sarto dell’anca e del bacino, quello che mantiene eleganza e precisione nei movimenti delle cosce. Silenzioso, profondo, spesso ignorato.. finché non pizzica!

Dove sta?

Il nervo otturatorio origina dal plesso lombare, precisamente dalle radici L2, L3, L4. Scende medialmente al muscolo psoas e passa attraverso il canale otturatorio (una piccola apertura nell’osso pubico).

Da qui entra nella coscia, dove si divide in un ramo anteriore (tra adduttore lungo e breve) e in un ramo posteriore (dietro all’adduttore breve, vicino al grande adduttore).

Un decorso profondo e strategico, molto vicino a strutture ginecologiche, urologiche e vascolari.

Che cosa fa?

Dal punto di vista motorio, innerva i principali muscoli adduttori della coscia: gracile, adduttore lungo, breve e parte dell’adduttore grande. Partecipa alla stabilità del bacino durante la deambulazione.

Dal punto di vista sensitivo, fornisce sensibilità alla parte mediale della coscia, tramite il ramo cutaneo anteriore.

In sintesi: porta la gamba verso la linea mediana e ti fa “stringere le gambe” con forza e controllo. Non poco, vero?

Come si lamenta?

Quando è irritato o compresso, il nervo otturatorio può causare dolore nella parte interna della coscia, spesso profondo e difficile da localizzare.
Può portare a debolezza negli adduttori, con instabilità o difficoltà a stringere le gambe. Intorpidimento o parestesie lungo la faccia mediale della coscia e dolore irradiato verso inguine o ginocchio, soprattutto nella deambulazione o durante il passo laterale.

A volte può simulare problemi muscolari.. ma la causa è neurologica.

Ruolo nella vita quotidiana

Il nervo otturatorio lavora quando cammini, soprattutto nella fase di contatto iniziale, stabilizzi il bacino su una gamba sola, fai movimenti di adduzione, mantieni la postura eretta in equilibrio, o ti alzi da una sedia senza le gambe che si aprono a papera.

Senza di lui, il gesto si fa incerto. E il ginocchio.. “sfugge verso l’esterno”.

Patologie e disfunzioni

Neuropatia da compressione durante interventi chirurgici pelvici (es. ginecologici, urologici).

Lesione ostetrica (durante parti complicati o forcipe).

Ernia otturatoria (rara, ma da tenere in considerazione soprattutto negli anziani).

Traumi pelvici o fratture del bacino.

Sindrome del canale otturatorio: entrapment diretto del nervo nel passaggio osteo-fasciale.

Curiosità neurologica

Lo sapevi che in caso di ernia otturatoria, uno dei segni clinici può essere il segno di Howship-Romberg?

Un dolore alla coscia mediale che peggiora con l’estensione, abduzione e rotazione interna dell’anca, proprio perché il nervo viene stirato dal contenuto erniario nel canale otturatorio.

Approccio fisioterapico

La gestione fisioterapica (dopo diagnosi medica) si orienta sulla valutazione selettiva degli adduttori e dei compensi motori. Sono utili tecniche di neurodinamica (scivolamento del nervo otturatorio) e un percorso di rieducazione motoria funzionale per il recupero della stabilità dinamica del bacino.

Rinforzo mirato degli adduttori e muscoli sinergici e tecniche manuali su muscolo psoas, parete addominale, adduttori e fascia iliaca. Recupero propriocettivo e allenamento alla simmetria.

In caso di ipertono o retrazione adduttoria, stretching neuromodulato e gestione del carico.

Conclusione

Il nervo otturatorio non ama la ribalta,
ma senza di lui la camminata perde precisione e il bacino si fa traballante. È il nervo dell’equilibrio elegante.. e se si irrita, anche un semplice passo può diventare un disagio interno, difficile da spiegare ma impossibile da ignorare.

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

Indirizzo

Via Edmondo Vicentini, 67
L'Aquila
67100

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