Daniele Gargano Psicologo Psicoterapeuta

Daniele Gargano Psicologo Psicoterapeuta Daniele Gargano, psicologo e psicoterapeuta Italiano a Varsavia. Mi chiamo Daniele Gargano, psicologo e psicoterapeuta iscritto all'Albo della Regione Marche.

Sono specializzato in psicoterapia cognitivo comportamentale presso l'ITC di Padova, un metodo basato su evidenze scientifiche particolarmente efficace nel trattamento dei disturbi psicologici più diffusi. La mia esperienza lavorativa è eterogenea. In dieci anni di attività mi sono formato nel settore psichiatrico, nel settore scolastico e dell'educazione speciale dove mi sono occupato di autismo

e disabilità presso il servizio sanitario nazionale, scuole pubbliche ed enti privati. Attualmente vivo e lavoro a Varsavia, città cosmopolita ed in forte espansione, dove continuo ad esercitare la professione privatamente, nelle scuole, con adulti e famiglie dove si incontra la multiculturalità. Questa mia esperienza lavorativa e personale mi ha permesso di approfondire le tematiche che riguardano gli espatriati e di ve**re a conoscenza delle difficoltà della vita quotidiana di chi vive in condizioni anche estremamente diverse da quelle di origine, scoprendo le proprie vulnerabilità e debolezze. Attualmente mi occupo di ansia, depressione, attacchi di panico,difficoltà di adattamento, momenti di crisi, difficoltà di coppia, problemi interculturali, lutti, disturbi della condotta, genitorialità ed educazione, handicap, separazioni e divorzi, paternità. Ricevo nel mio studio a Varsavia presso ul. Lekarska 3 ed online con i clienti più lontani.

ROB KENNEY – IL PADRE CHE NON C’ERA (MA CHE ORA C’È)Ci sono uomini che crescono interi. E poi ci sono quelli che crescon...
08/07/2025

ROB KENNEY – IL PADRE CHE NON C’ERA (MA CHE ORA C’È)
Ci sono uomini che crescono interi. E poi ci sono quelli che crescono a metà. Uomini che imparano a radersi guardando il riflesso di un vuoto. Che imparano a tenere duro, ma non a chiedere aiuto. Che diventano adulti… sì, adulti — ma senza una bussola.
Rob Kenney è uno di quelli. Suo padre lo ha abbandonato a 14 anni, lasciandolo lì, con la voce rotta e le tasche piene di domande. Qualcuno dice che il padre sia una figura vacante, una volta se ne andavano, oggi in molti casi vengono estromessi. L’effetto e’ sempre quello. Il vuoto.
Ma Rob non è rimasto in silenzio. Un giorno ha acceso una telecamera e ha fatto quello che tanti padri non hanno fatto mai, o qualcuno lo ha impedito loro: ha cominciato a esserci.
Su YouTube, ha creato il canale “Dad, How Do I?”, nato il 1º aprile 2020
In meno di sei settimane, il canale è esploso, guadagnando oltre 1 milione di iscritti, Ad oggi, Rob conta più di 5,04 milioni di iscritti e circa 25,8 milioni di visualizzazioni totali
Ogni video è un abbraccio:
– “Come si fa il nodo alla cravatta.”
– “Come si cambia l’olio della macchina.”
– “Come si chiede scusa.”
– “Come si ama senza paura.”
Ma non è solo un tutorial. È redenzione. È una voce calma che ti dice: “Tu vali. Non sei rotto. Non sei solo.”
In un mondo dove tanti uomini si trascinano cicatrici invisibili, Rob Kenney è una mano tesa dal passato. Un padre prestato a chi non ne ha avuto uno. Un meccanico dell’anima, che sistema pezzi vecchi con strumenti nuovi: gentilezza, pazienza, dignità.
E chi guarda i suoi video — ragazzi, uomini, padri — spesso non cerca solo come aggiustare qualcosa. Cerca come aggiustarsi.
Perché crescere senza padre è un dramma che si capisce davvero solo da grandi. Quando guardi tuo figlio e non sai come abbracciarlo. Quando ami ma non sai come dirlo. Quando ti accorgi che sei diventato adulto, sì... ma con pezzi mancanti.
Rob Kenney non li sostituisce quei pezzi. Ma ti insegna a ripararli. Con grazia, con onestà. Con l’amore che non ha ricevuto, ma ha scelto di dare.
ROB KENNEY – IL PADRE CHE NON C’ERA (MA CHE ORA C’È)
Ci sono uomini che crescono interi. E poi ci sono quelli che crescono a metà. Uomini che imparano a radersi guardando il riflesso di un vuoto. Che imparano a tenere duro, ma non a chiedere aiuto. Che diventano adulti… sì, adulti — ma senza una bussola.
Rob Kenney è uno di quelli. Suo padre lo ha abbandonato a 14 anni, lasciandolo lì, con la voce rotta e le tasche piene di domande. Qualcuno dice che il padre sia una figura vacante, una volta se ne andavano, oggi in molti casi vengono estromessi. L’effetto e’ sempre quello. Il vuoto.
Ma Rob non è rimasto in silenzio. Un giorno ha acceso una telecamera e ha fatto quello che tanti padri non hanno fatto mai: ha cominciato a esserci.
Su YouTube, ha creato il canale “Dad, How Do I?”, nato il 1º aprile 2020
In meno di sei settimane, il canale è esploso, guadagnando oltre 1 milione di iscritti, Ad oggi, Rob conta più di 5,04 milioni di iscritti e circa 25,8 milioni di visualizzazioni totali
Ogni video è un abbraccio:
– “Come si fa il nodo alla cravatta.”
– “Come si cambia l’olio della macchina.”
– “Come si chiede scusa.”
– “Come si ama senza paura.”
Ma non è solo un tutorial. È redenzione. È una voce calma che ti dice: “Tu vali. Non sei rotto. Non sei solo.”
In un mondo dove tanti uomini si trascinano cicatrici invisibili, Rob Kenney è una mano tesa dal passato. Un padre prestato a chi non ne ha avuto uno. Un meccanico dell’anima, che sistema pezzi vecchi con strumenti nuovi: gentilezza, pazienza, dignità.
E chi guarda i suoi video — ragazzi, uomini, padri — spesso non cerca solo come aggiustare qualcosa. Cerca come aggiustarsi.
Perché crescere senza padre è un dramma che si capisce davvero solo da grandi. Quando guardi tuo figlio e non sai come abbracciarlo. Quando ami ma non sai come dirlo. Quando ti accorgi che sei diventato adulto, sì... ma con pezzi mancanti.
Rob Kenney non li sostituisce quei pezzi. Ma ti insegna a ripararli. Con grazia, con onestà. Con l’amore che non ha ricevuto, ma ha scelto di dare.

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Clive Barker, regista, scrittore, fumettista e molto altro ancora, è una di quelle personalità da tenere alla larga se v...
04/05/2025

Clive Barker, regista, scrittore, fumettista e molto altro ancora, è una di quelle personalità da tenere alla larga se vuoi dormire sonni tranquilli. Ha creato incubi ben più disturbanti di quelli di Stephen King, il “re” del genere, spingendo la mente dei suoi spettatori verso territori inesplorati della ragione — come forse chi ha studiato filosofia come Barker dovrebbe fare.

Nel 1990 esce Nightbreed, noto anche come Cabal, trasposizione cinematografica dell’omonima novella scritta dallo stesso Barker. Se non lo hai mai visto, forse è meglio così. Ma se in qualche modo conosci l’orrore che scava nell’animo umano, puoi cogliere il messaggio dell'opera. Il film — cupo, visionario, grottesco — è diventato nel tempo un cult, nonostante le molte censure e tagli subiti all’uscita.

La trama ruota attorno a Boone, un giovane in cura da uno psichiatra, il dottor Decker, che lo convince di essere l’autore di orribili delitti. In realtà, il vero assassino è proprio il medico. Boone, sopraffatto dal senso di colpa e dal caos mentale, viene attirato verso un luogo leggendario: Midian, una città sotterranea dove trovano rifugio creature perseguitate dal mondo degli uomini — i cosiddetti "mostri". Convinto di essere uno di loro, Boone cerca asilo a Midian, ma il destino ha in serbo per lui un ruolo ben diverso: non solo rifugiato, ma figura messianica, portatore di una nuova alleanza tra umani e "diversi".

Barker, come pochi altri, sa parlare direttamente a chi ha vissuto esperienze disturbanti. I suoi racconti non sono semplici storie dell’orrore, ma parabole dell’alienazione, dell’abuso, della vergogna e del bisogno di redenzione. Boone, manipolato e soggiogato dal proprio terapeuta, è un simbolo potente di chi ha subito un lavaggio del cervello, un abuso psicologico — come può avve**re, nella vita reale, con il gaslighting esercitato da una persona con disturbo narcisistico di personalità.

In questi casi, la vittima può arrivare a credere di essere colpevole, contaminata, indegna. Può sentirsi un mostro, quando in realtà è solo ferita. E proprio come Boone, si costituisce, cercando la fine dell’incubo, cercando pace. Barker ci ricorda che i veri mostri non sono quelli deformi, ma quelli che manipolano, abusano, controllano.

Sono passati più di trent’anni da quando ho visto quel film ormai datato, con effetti speciali superati. Ma la storia — la metafora — è ancora valida, oggi più che mai. Quando una persona abusata chiede aiuto, lo fa spesso da un luogo interiore devastato, con l’anima avvelenata. Eppure, anche nei suoi occhi c'è la speranza di Midian: un posto dove essere accettati, dove esistere senza paura.

Ho sempre ascoltato chi si definisce un mostro. Perché dietro ogni "zombificato" c’è spesso una mano invisibile che tiene una bambola voodoo. È lì che si trova la chiave. Le porte di Midian, sono sempre aperte.

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