Saverio Sgroi - Psicologo, sessuologo, educatore

Saverio Sgroi - Psicologo, sessuologo, educatore Mi prendo cura della relazione di coppia, della sessualità e del rapporto educativo. Ricevo per appuntamento a Trapani e Palermo

COME MI RACCONTO?"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla"....
06/21/2025

COME MI RACCONTO?
"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla".
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in queste parole di Gabriel Garcia Marquez, che mi hanno fatto riflettere a lungo. Avevo appena finito di salutare una persona che era venuta a trovarmi per parlarmi di una sua difficoltà relazionale. Ci eravamo lasciati con una convinzione condivisa: il nostro rapporto con una persona è condizionato da ciò che ci è accaduto nella vita, non solo dal modo in cui viviamo quella specifica relazione o dal modo di essere di quella determinata persona.
"Le tue difficoltà non sono colpa tua", le avevo ricordato. "Prima di giudicare gli altri e soprattutto di giudicare noi stessi - cosa che facciamo più spesso e con più cattiveria di quanto noi stessi non facciamo con gli altri - dovremmo toglierci le lenti che filtrano il nostro sguardo e ci tolgono la lucidità nel valutare correttamente quello che ci accade".

Le parole del premio Nobel colombiano ci dovrebbero aprire gli occhi su una verità che molto spesso dimentichiamo. Se vogliamo richiamare ancora una volta la musica - un amico mi ha fatto notare che i miei ultimi articoli hanno come fil rouge il riferimento alla musica - potremmo ricordare le parole di un tormentone estivo che ha chiuso lo scorso millennio e che, nonostante non sia recentissimo, sarà sicuramente ricordato anche dai più giovani: Dipende, da che dipende? Da che punto guardi il mondo tutto dipende...
Tutto dipende dal nostro punto di vista, dalla prospettiva con cui ci relazioniamo con il mondo, con gli altri e con noi stessi.
Altrimenti come si spiega che lo stesso evento venga percepito da due persone in due modi completamente diversi? E che a volte accade che una stessa persona guardi ad uno specifico fatto della propria vita con occhi diversi a seconda dello stato emotivo in cui si trova?

"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla". Se i nostri ricordi sono prevalentemente negativi, come potremo pensare di avere uno sguardo positivo su tutta la nostra vita, compresa quella che attendiamo ancora di vivere? Se il racconto della nostra vita è filtrato da esperienze che ci hanno lasciato ferite più o meno profonde e che magari sono ancora aperte, come potremo pensare di guardare al futuro con la speranza e l'ottimismo che le cose possano cambiare in meglio?
A volte non ci spieghiamo il perché di certe difficoltà relazionali che non riusciamo a superare da troppo tempo; il motivo per cui ci prende un'ansia apparentemente immotivata; la ragione per cui certe persone ci irritano prima ancora che abbiano aperto bocca; come mai immaginiamo il futuro con uno sguardo scuro e cupo.
Eppure la spiegazione c'è e quasi sempre affonda le sue radici nella nostra storia.
Basterebbe guardarla con occhi diversi e probabilmente tornerebbe la luce.
Che cosa ci impedisce di cambiare lo sguardo?

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"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla". Qualche giorno fa mi sono imbattuto in queste parole di Gabriel Garcia Marquez, che mi hanno fatto riflettere a lungo. Avevo appena finito di salutare una

OLTRE L'ORROREAncora una volta. E chissà quante altre volte dovremo leggere o sentire dell'ennesima violenza mortale ver...
05/31/2025

OLTRE L'ORRORE
Ancora una volta. E chissà quante altre volte dovremo leggere o sentire dell'ennesima violenza mortale verso una donna. Solo nei primi cinque mesi di quest'anno sono già diciotto le donne uccise, quasi tutte dai loro ex compagni. Diciotto, quasi quattro al mese. Quasi una alla settimana.
Non possiamo abituarci a questi numeri. Che Dio ci salvi dal farci cadere nel fatalismo, dal pensare che "ormai è così che va il mondo".
Ma quando la vittima è una ragazzina appena adolescente, nenche la persona più imperturbabile può rimanere indifferente.
La morte di Martina Carbonaro però mi porta a fare due riflessioni che vanno oltre l'orrore.

La prima è prettamente educativa. Molti hanno gridato allo scandalo per le parole di chi si è interrogato su come sia possibile considerare normale fidanzarsi a soli 12 anni o restare fuori casa fino a tarda notte a 14 anni senza che i genitori riescano o vogliano opporsi.
Forse parole del genere potevano essere dette più in là o con minore acredine, per non infierire - anche se involontariamente - sui genitori della povera Martina, che probabilmente in questi giorni dovranno confrontarsi con i loro sensi di colpa.
Ma non possiamo ignorare che quanto accade ai nostri ragazzi è in buona parte frutto della nostra presenza educativa.
Stamattina ho letto di qualche politico che propone di abbassare l'imputabilità a 12 anni. Ma davvero continuiamo a voler tenere la testa sotto terra come gli struzzi? Veramente vogliamo immaginare un mondo di carceri piene di giovanissimi disperati?
Vogliamo invece tornare a parlare con forza di come aiutare i genitori a educare i loro figli?

Ma c'è un'altra considerazione che vorrei fare. Quando accadono fatti del genere cerchiamo di convincerci che il male, questo tipo di male, non può appartenerci. Forse anche questa volta abbiamo ascoltato le interviste ai genitori della vittima e del carnefice per esorcizzare la paura di essere come loro. Per rassicurarci sulla certezza che a noi non può accadere, perché noi i nostri figli li abbiamo saputi educare.
E invece no, non funziona così, perché ciascuno di noi è capace di commettere i peggiori errori ed orrori che si possano immaginare. Chi non ne è convinto si vada a leggere "La banalità del male" di Hannah Harendt. Scoprirà che gran parte dei nazisti erano uomini comuni tutt'altro che intrinsecamente malvagi.
Allora non ci resta che essere rassegnati? No. Consapevoli? Sì, per fare la nostra parte, che non è poco. Perché se è vero che il male è banalmente alla portata di tutti, è ancora più vero che possiamo annegarlo nell'abbondanza di bene.
E questo sì che dipende da noi.

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LA FORZA DELLA VITA- Che titolo possiamo dare al tuo intervento?Ci penso un momento...- Come ti pare "La forza della vit...
05/27/2025

LA FORZA DELLA VITA
- Che titolo possiamo dare al tuo intervento?
Ci penso un momento...
- Come ti pare "La forza della vita?"
- Bello, mi piace!
Mi hanno chiesto di intervenire in occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione del Centro Aiuto alla Vita di una cittadina siciliana. E come accade quasi sempre, tutte le volte che devo pensare al titolo di un mio intervento, fatico così tanto a trovare quello giusto che quasi mi pento di aver accettato l'invito.
Questa volta mi è venuta in aiuto la memoria. Era il 1992 quando Paolo Vallesi cantava forse il suo brano più famoso, “La forza della vita”. Mi sono tornate in mente le parole intense e commoventi di quella canzone, impossibili da dimenticare: Quando toccherai il fondo con le dita, a un tratto sentirai la forza della vita che ti trascinerà con sé.

Se c'è una cosa che accomuna la vita di ogni essere umano, di qualsiasi età, razza, religione, cultura, è l'esperienza del dolore. Nessuno di noi lo desidera, tutti cerchiamo di fuggirlo ma, inevitabilmente, prima o poi il dolore bussa alla porta della nostra esistenza. Che si tratti di una delusione, di un fallimento personale o di una malattia, il dolore ci chiede il conto e non va via senza obbligarci a confrontarci con la sua presenza ingombrante.
Eppure esso provoca in noi una reazione che spesso è proporzionale alla sua intensità e che rende sempre attuali le parole del cantante fiorentino.
La forza della vita è così grande che, qualunque cosa accada, ci trascina con sé. Anzi, essa viene fuori più forte che mai proprio quando tocchiamo il fondo.

"Tutte le cose piene di grazie e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri”, ci ricorda lo scrittore americano Cormac McCarthy.
La fragilità, il dolore, la sofferenza, il limite, sono realtà per noi misteriose. Misteriose perché incomprensibili fino in fondo e perché, paradossalmente, costituiscono spesso la genesi di ciò che di più bello custodiamo nel cuore.
Accade nelle relazioni, segnate da limiti e imperfezioni anche quando avessimo accanto la persona migliore che possiamo desiderare.
Lo sperimentiamo nei successi personali o professionali, dietro i quali ci stanno spesso ostacoli e difficoltà che solo noi sappiamo quanto ci hanno fatto penare.
Accade sempre tutte le volte che la vita sembra sfuggirci di mano ed è proprio la sua fragilità che ci permette di coglierne tutto il suo immenso valore.

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- Che titolo possiamo dare al tuo intervento? Ci penso un momento... - Come ti pare "La forza della vita?" - Bello, mi piace! Mi hanno chiesto di intervenire in occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione del Centro Aiuto alla Vita di una cittadina siciliana. E come accade quasi semp...

Oggi il CAV di Castelvetrano festeggia i suoi 25 anni. Sono stato invitato a parlare della "Forza della vita".In attesa ...
05/23/2025

Oggi il CAV di Castelvetrano festeggia i suoi 25 anni.
Sono stato invitato a parlare della "Forza della vita".
In attesa di iniziare , osservo la vita presente in sala.

IL TONO GIUSTODa alcuni mesi sono alle prese con una delle tante "pazzie" della mia vita: imparare a suonare il pianofor...
05/20/2025

IL TONO GIUSTO
Da alcuni mesi sono alle prese con una delle tante "pazzie" della mia vita: imparare a suonare il pianoforte. O meglio, l'organo, uno strumento musicale che mi ha sempre affascinato. Molto bello, starete pensando. E lo penso anch'io. Il punto è che imparare a farlo quasi da zero quando non hai più l'elasticità mentale di un ragazzino e soprattutto ti devi barcamenare tra mille altre cose che riguardano il lavoro e la famiglia è qualcosa che richiede una buona dose di coraggio e soprattutto di pazzia, come scrivevo all'inizio.

Qualche giorno fa sono tornato a sperimentare una delle sensazioni più belle che provo quando leggo gli spartiti e li traduco in suoni. Sto parlando di quando alcune note, che apparentemente sembrano slegate tra loro se suonate singolarmente, si trasformano in un'armonia incredibilmente bella nel momento in cui i tasti vengono suonati contemporaneamente con entrambe le mani sulla tastiera.
Non è facile. Ci vuole pazienza, caparbietà, umiltà e tempo. Bisogna provare e riprovare fino a quando il suono diventa magia.
Esattamente come quando parliamo a qualcun altro: non è sempre facile farci capire, trasmettere il messaggio così come lo abbiamo pensato, senza ferire l'altro e trattandolo con rispetto, soprattutto quando si tratta di comunicare qualcosa di brutto o di impegnativo.

"Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono". Queste parole di George Bernard Shaw, scrittore irlandese del secolo scorso, ci ricordano che quando non ci siamo capiti con un'altra persona, quasi sempre abbiamo sbagliato qualcosa nel modo in cui ci siamo espressi. Nel modo in cui abbiamo usato le parole. Nel modo in cui lo abbiamo guardato, nel tono con cui gli abbiamo parlato, nei gesti che hanno accompagnato le nostre parole.
A volte basterebbe rivederci o riascoltarci per capire il motivo per cui la persona con cui abbiamo parlato si è sentita ferita. Ovviamente non è possibile, perché nessuno di noi si registra mentre parla. Una cosa però possiamo farla: chiedere che cosa del nostro messaggio non ha funzionato. Se sapremo farlo nel modo giusto, anzi, col tono giusto, è difficile che chi ci ascolta risponda con rabbia e stizza.
Anzi, quasi certamente si riavvicinerà.
E noi avremo imparato a suonare meglio.

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Da alcuni mesi sono alle prese con una delle tante "follie" della mia vita: imparare a suonare il pianoforte. O meglio, l'organo, uno strumento musicale che mi ha sempre affascinato. Molto bello, starete pensando. E lo penso anch'io. Il punto è che imparare a farlo quasi da

RITROVARE IL SAPORE"Ho trovato il suo numero cercando su internet un professionista che si occupasse di problemi di copp...
05/13/2025

RITROVARE IL SAPORE
"Ho trovato il suo numero cercando su internet un professionista che si occupasse di problemi di coppia. Ma ho già detto a mio marito che la prossima ricerca sarà quella di un avvocato".
Mi capita spesso di essere contattato da persone che mi chiedono un aiuto per dare un cambio di rotta alla propria vita di coppia, spenta dalla routine o, all'opposto, esasperata da una conflittualità irriducibile. Di solito si tratta di situazioni che si sono deteriorate progressivamente diventando insostenibili. E che, poco alla volta, dopo una inevitabile fatica iniziale riusciamo spesso a recuperare in un tempo relativamente breve.
Qualche volta però il tono e le parole di chi mi cerca lasciano poco spazio alla speranza di rivitalizzare certe relazioni quando esse sono troppo compromesse.

E' vero che la speranza è l'ultima a morire, si dice. Ma quando ricevo telefonate come quella dell'altra mattina mi chiedo perché una coppia in crisi debba aspettare il momento in cui non ci sono più alternative se non quella di contattare un avvocato per avviare la separazione. Anche perché molto spesso a morire, prima della speranza, è proprio la coppia. Spesso quando si arriva a quel punto, infatti, la frattura è diventata così profonda e duratura da provocare un dolore costante per la coppia e, se ci sono, anche per i figli.
Perché certe volte non si riesce più a tornare indietro e provare a ricucire lo strappo? Perché non si fa più nulla per evitare che lo strappo si estenda in dimensione e intensità?
A volte si ha paura di rimettersi in gioco.
Altre volte si spera che le cose si risolvano da sole.
Oppure ci si limita ad ignorare i problemi e ci si convince che tutto sommato c'è chi sta peggio.
A volte, per non affrontare questioni che comunque fanno male, ci si stordisce buttandosi a capofitto su altre realtà che aiutano a dimenticare il dolore: i figli, il lavoro, gli hobbies, gli amici. Realtà che, come ho già scritto, diventano dei veri e propri tradimenti se si trasformano in una via per fuggire dalla relazione di coppia.
Altre volte ancora, si mantiene in vita una parvenza di relazione ma in parallelo se ne porta avanti un'altra clandestinamente.

Qualunque sia il motivo, due persone che si sono rassegnate a rimanere in crisi tra loro, perdono ogni giorno che passa la possibilità di gustare l'unica cosa che riempie di senso la loro esistenza: amare. Amare se stessi, amare gli altri, amare la vita.
Potrebbero - e vorrebbero - farlo ma forse la stanchezza, lo scoraggiamento e la fatica hanno preso il sopravvento fino a far dimenticare il sapore dall'amore.
Uno dei momenti più intensi che le coppie vivono nel mio studio è quando chiedo loro di raccontarmi l'inizio della loro relazione. Molto spesso vedo tornare nei loro occhi la luce, quando ricordano come si sono conosciuti, innamorati, scelti. Come si sono amati.
È chiaro che non basta ricordare questo momento per risolvere tutto. Ma permette loro di riscoprire un sapore dimenticato da tanto tempo e soprattutto sperimentare che, anche se solo per qualche istante, il gusto del loro amore si può ancora sentire.
E spesso è sufficiente per tornare a sperare.
E per provare a ripartire.

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PUNTI DI VISTA"Non sono gli eventi ma il nostro punto di vista riguardante gli eventi che è il fattore determinante", sc...
05/17/2024

PUNTI DI VISTA
"Non sono gli eventi ma il nostro punto di vista riguardante gli eventi che è il fattore determinante", scriveva il filosofo greco Epitteto. Non so se ne siete convinti anche voi ma credo che la possibilità di stare bene con noi stessi e con gli altri dipenda in buona parte da queste parole.
Pensiamoci bene: che cosa ci permette di stare bene? Quello che ci accade o il modo in cui leggiamo quello che ci accade?
Sarà forse la saggezza acquisita col passare degli anni - perdonatemi questa apparente immodestia se cerco almeno di vedere un lato positivo nell'inesorabile avanzata della mia età - ma più divento "maturo" e più mi convinco che il potere di essere felici risieda nella nostra mente e nel nostro cuore prima ancora che negli eventi che ci accadono. E che diventarne consapevoli sia uno degli obiettivi più importanti da raggiungere nella vita.

Una delle prime difficoltà che incontro con le coppie che varcano la porta del mio studio è quella di aiutare i due partner a relativizzare ciò che li fa entrare in conflitto. E' il primo obiettivo che mi pongo: quello di cambiare la prospettiva di chi entra in studio con la ferrea convinzione che "c'è qualcosa di importante da cambiare nell'altro" e che dovrei essere io a favorire questa metamorfosi, visto che lui (o lei) non è riuscito a farglielo capire.
Di fronte a questo genere di richiesta cerco di orientare subito il lavoro sulla necessità di relativizzare gli eventi: "è il mio punto di vista ad essere determinante", dovrebbe ripetersi ciascuno ricordando le parole di Epitteto.
Provo a spiegarmi meglio.
Se ti accorgi che il tuo partner è scuro in volto potresti pensare che forse ce l'ha con te e che da lì a poco ti tratterà male; magari sarai preso da una forte ansia. Ma potresti anche credere che è un egoista perché dovrebbe pensare meno a se stesso e di più a te; potresti quindi provare una forte rabbia piuttosto che ansia. O ancora, il tuo partner è scuro in volto perché tu non corrispondi alle sue aspettative, e questo potrebbe farti provare senso di colpa o tristezza. Ma può darsi pure che la causa del suo malumore non dipenda affatto da te - magari ha ricevuto una cattiva notizia che riguarda il suo lavoro - e quindi nessuna delle tue reazioni precedenti sarebbe giustificata. Anzi, forse la cosa di cui ha più bisogno in questo momento è la tua vicinanza e la tua comprensione.
Il tuo punto di vista può cambiare tutto: farti litigare col tuo partner oppure aiutarlo a superare un momento difficile.

Sgombriamo il campo dagli equivoci: è chiaro che non basta cambiare il proprio punto di vista perché i conflitti di coppia lascino magicamente spazio alla gioia ed all'armonia. Se fosse così semplice ci sarebbero molte più coppie felici, meno separazioni ed io probabilmente dovrei cercarmi un altro lavoro.
Su una cosa però è difficile non essere d’accordo: il cambiamento più efficace per cominciare a stare meglio è quello che parte da noi stessi. Anche perché è l'unico su cui possiamo intervenire.
Sono in molti a dire che cambiare noi stessi porta spesso anche al cambiamento degli altri. Non possiamo essere sicuri che sia veramente così, ma se anche il nostro partner rimanesse lo stesso, avremo comunque cambiato il nostro sguardo e la nostra prospettiva. Molte volte basterà questo per scoprire di avere accanto un'altra persona.
E ritrovare la pace.

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L'ABBRACCIO MIRACOLOSO"Prima capitava che a volte dormivamo pure separati, adesso se anche non ci addormentiamo abbracci...
05/11/2024

L'ABBRACCIO MIRACOLOSO
"Prima capitava che a volte dormivamo pure separati, adesso se anche non ci addormentiamo abbracciati il desiderio di contatto fisico è molto forte. E non riusciamo a immaginare come fino a qualche tempo potessimo essere così distanti senza soffrire..."
E' la seconda volta in poche settimane che mi sento raccontare da alcune coppie che sto seguendo la loro riscoperta dell'abbraccio fisico. L'ultima volta è accaduto proprio l'altra mattina, con le parole che avete appena letto e che mi ha detto una persona che tempo fa veniva a trovarmi con suo marito per sistemare alcune cose della loro relazione. Prima di lei era stata la volta di un uomo che, in studio assieme alla moglie, mi raccontava come avessero preso l'abitudine di addormentarsi la sera sempre abbracciati; una cosa che non avevano mai avuto l'abitudine di fare prima di allora.
E mentre li ascoltavo pensavo che mai avevo parlato loro di quanto possa essere appagante l'abitudine di addormentarsi ogni sera abbracciati l'uno all'altra. Si trattava di una conquista autonoma della loro ritrovata intesa.

Ho già parlato in questo articolo della forza di un abbraccio e di come l'amore fisico sia capace di unire due persone che vivono una relazione di coppia. Quell'amore fisico che in molte coppie è stato sostituito, nel migliore dei casi, dal vivere "come fratello e sorella" perché non ci sono più le condizioni - o si pensa che non ci siano più - per immaginare un amore che coinvolga il corpo nella sua totalità e in tutta la sua passionalità.
Ma saper coinvolgere il corpo in una relazione di coppia non è assolutamente una prerogativa delle persone giovani. Anche di questo parlavo ormai più di tre anni fa, quando citando un sessuologo americano sostenevo che il sesso migliore è quello che si vive tra i cinquanta ed i sessant'anni. A distanza di tempo non posso che confermare che è così, non solo per le difficoltà che mi sento raccontare proprio da persone giovani, schiacciate da un'ansia da prestazione che molte volte anestetizza l'intimità sessuale. Lo penso anche perché sento molto vicine le parole del sessuologo americano, dato che in quella fascia di età mi ci ritrovo ormai da qualche anno...

Ma torniamo all'abbraccio ed al suo potere taumaturgico, ossia capace di fare miracoli. E se questo aggettivo vi sembrasse eccessivo, andatevi a leggere l'etimologia di questa parola, che deriva dall'unione di due termini, thâuma, ‘miracolo, meraviglia’, e érgon, ‘opera’: un abbraccio opera miracoli, produce meraviglia.
E se invece di uno solo gli abbracci sono tanti, pensate a quanti miracoli potremmo assistere nella nostra vita. Nella nostra e in quella della persona che amiamo.
Abbracciare un'altra persona in modo autentico non è facile, perché è necessario lasciarsi andare. E' impossibile fingere un abbraccio: il corpo lo dimostrerebbe, con la sua inevitabile rigidità che svelerebbe l'inganno.
Il modo in cui abbracciamo una persona le dice tanto, e ci dice tanto.
Solo se la ammiriamo veramente possiamo abbracciarla con tutto noi stessi e realizzare il miracolo (miracolo deriva dal latino "mirari", che vuol dire ammirare).
Quelle due coppie di cui parlavo all'inizio sono tornate ad ammirarsi. E, inevitabilmente, hanno riscoperto il valore di un gesto bellissimo: quello di abbracciarsi.

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LA LETTERA"E' stato come fare l'amore, anzi, più bello", disse lui. "Già, è proprio vero. Questi momenti fanno tanto ben...
03/28/2024

LA LETTERA
"E' stato come fare l'amore, anzi, più bello", disse lui. "Già, è proprio vero. Questi momenti fanno tanto bene a ciascuno di noi e alla nostra coppia", le rispose lei mentre gli accarezzava i capelli.
Erano rimasti per più di un'ora a parlarsi, abbracciati sul divano, l'uno accanto all'altra. Reduci da un'incomprensione che li aveva portati a litigare e a soffrire molto, avevano cancellato di colpo tutto il male che erano stati capaci - loro malgrado - di tirarsi addosso con quello scontro.
La frattura era stata così dolorosa che per evitare di allargarla ulteriormente avevano capito che l'unica strada possibile era quella di metterci una pietra sopra e non parlarne più. Di non tornare sulla questione, su chi avesse sbagliato e sulle ragioni che ognuno continuava a vantare sull'altro.
Si erano visti incapaci di chiarirsi, come invece erano riusciti a fare tante volte in passato. Erano incapaci di chiedersi scusa. Ogni volta che ci provavano tornavano a litigare. Le ferite erano ancora troppo doloranti per consentire loro di guardare con lucidità a quello che era successo.
Per questo avevano deciso di chiudere la cosa non parlandone più. E di ripartire.

Quello che state leggendo non è il passo di un romanzo rosa ma il racconto di un caro amico che qualche giorno fa mi ha parlato di un diverbio molto forte con la moglie. "Abbiamo passato due giorni così brutti che non li auguro a nessuno, soprattutto a chi, come noi, ha un rapporto molto bello che tanti ci invidiano". E mentre mi raccontava di quella difficoltà a capirsi che li aveva portati a chiudersi sempre di più, vedevo crescere la sua emozione.
"Ieri sera mia moglie mi ha sorpreso. Eravamo già tornati a parlarci e a vivere normalmente la nostra quotidianità quando, dopo aver cenato, mi ha dato due fogli di carta ripiegati, dicendomi: leggila, è una lettera che ti ho scritto questo pomeriggio, non voglio che mi rispondi, è scritta di getto, forse pure male ma ci tenevo a dartela".
E con gli occhi colmi di gioia, mi diceva come quel gesto inaspettato lo avesse colpito così tanto che, invece di fare l'amore quella sera stessa come avevano entrambi immaginato per suggellare l'avvenuta riappacificazione, si erano ritrovati a vivere un momento di intimità straordinariamente più intenso. Quell'ora abbondante passata sul divano, abbracciati l'uno all'altra, a consegnarsi reciprocamente la propria intimità ferita, era riuscita a sanare le ferite ancora aperte dei loro cuori.

La comunicazione è forse la risorsa più preziosa e al contempo più fragile di cui una coppia dispone. Intendersi, capirsi, parlarsi, perdonarsi, amarsi, sono alcuni tra i mille modi in cui comunicano due persone che si amano.
Ma la comunicazione è anche il compito più difficile che una coppia deve svolgere. E' complessa, imprevedibile, variabile, mai scontata. E se non è creativa, presto o tardi la coppia collassa su se stessa. Oppure esplode.
"Quella lettera mi ha sorpreso - ha concluso il mio amico - . Conosco mia moglie e la sua nobiltà d'animo, ma quel modo di tornare, con umiltà e delicatezza, su quanto qualche giorno prima ci aveva separato dolorosamente, ci ha permesso di riavvicinarci in un modo che non avrei mai immaginato. Di più, ci ha permesso di ritrovarci più vicini di quanto non fossimo prima di quella lite.
Penso di essere un uomo fortunato".
L'ho ascoltato in silenzio.
E, sì, ho pensato che è davvero un uomo fortunato.

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"E' stato come fare l'amore, anzi, più bello", disse lui. "Già, è proprio vero. Questi momenti fanno tanto bene a ciascuno di noi e alla nostra coppia", le rispose lei mentre gli accarezzava i capelli. Erano rimasti per più di un'ora a parlarsi, abbracciati sul divano, l'uno accanto

03/15/2024

INTIMITA' E VITA DI COPPIA
"La cosa più bella di un rapporto di coppia è lo stare pienamente, con tutto il proprio essere, nella relazione con l’altro. Starci col proprio tempo e col proprio spazio che, condivisi con la persona amata, diventano il tempo e lo spazio del noi, il tempo e lo spazio dell'intimità."
Ne parleremo questa sera al terzo incontro del corso per fidanzati, a Borgetto, in provincia di Palermo.

Domani farò un intervento al convegno ED IO AVRO' CURA DI TE. PERCORSI PER EDUCARSI E EDUCARE ALL'AFFETTIVITA'L'appuntam...
03/05/2024

Domani farò un intervento al convegno ED IO AVRO' CURA DI TE. PERCORSI PER EDUCARSI E EDUCARE ALL'AFFETTIVITA'
L'appuntamento è alle ore 16,00 presso il centro "Le Ciminiere" a Catania

02/04/2024

Da oggi fino a venerdì torno in Emilia Romagna.
Incontrerò i ragazzi di terza media di Finale Emilia e Massa Finalese, per parlare di educazione dell'affettivita.
Un lavoro che a qualcuno potrà sembrare inefficace ma che, sempre, porta frutto, anche nei casi più difficili.
Ricordo ancora lo stupore con cui rispose al mio saluto un tredicenne particolarmente provocatorio e oppositivo, dopo diversi giorni dalla conclusione di un percorso simile che avevo fatto in Sicilia e a cui lui aveva preso parte.
Per alcuni giorni si era sentito visto e ascoltato. E a modo suo ringraziava con la risposta sorridente al mio saluto.
Nulla si perde di ciò che si semina.
È uno dei motivi che ci portano a continuare a credere nel lavoro educativo.

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Chi sono?

Educatore, consulente familiare e di coppia, da molti anni lavoro con adolescenti, giovani e adulti, facendo interventi di formazione e consulenza personale. In particolare, da alcuni anni ho ideato e conduco personalmente un progetto di educazione dell’affettività e della sessualità che si rivolge con percorsi differenziati sia ai ragazzi che ai genitori.

Svolgo conferenze e seminari per genitori e per docenti su educazione, adolescenti, affettività, comunicazione tra genitori e figli, social network.

Ho conseguito un master in Consulenza familiare presso l’Istituto Giovanni Paolo II di Roma e l’Università Cattolica di Milano. Ho conseguito inoltre il titolo di Orientatore familiare presso la Italian University Line.

Alla fine del 2015 ho pubblicato il mio primo libro, La sfida educativa giorno per giorno, seguito da Dare senso al cuore. L’educazione affettiva e sessuale degli adolescenti: una guida per i genitori, pubblicato nel novembre del 2018.