28/06/2025
(…)Vi svelo un antico SEGRETO(…)
Custodito e(…) che “ILLUMINA”….🔞🙄🤐
L’ignoranza, come atto di cecità relazionale, mancanza di illuminata umiltà, chiusura al dubbio spirituale e a trascurare le complessità esistenziali, non è solo mancanza di sapere o cultura; qui ciò non centra affatto, si può non aver mai studiato o letto nella vita. Essere “ignoranti” significa, invece, non essere abbastanza svegli per guardare oltre.
Ciò che esprimo è un atto più profondo, che richiama il suo significato originario: ignorare, cioè non vedere, non cogliere, chiudersi a nuove possibilità che potrebbero cambiare la nostra esperienza. È una chiusura, a volte voluta, spesso inconscia, che ci blocca dentro storie già scritte, identità a cui ci aggrappiamo. Questa forma di ignoranza si traduce in povertà narrativa: non riuscire a immaginare altre trame, altri modi di essere, a fare spazio alla complessità e alla molteplicità che ci abita.
Ri-raccontarsi senza mai ancorarsi a un’identità fissa, dispiegarsi in infinite sfaccettature: questo è il mistero custodito negli antichi templi (…), il sacro fuoco tramandato dai Custodi della Luce, i veri Architetti dell’anima. È il varco oltre il velo d’illusione che avvolge il profano, l’iniziazione che dissolve il sé statico per far emergere l’Artigiano interiore — colui che plasma il tempo e la materia, che forgia mondi dentro mondi. Nel silenzio arcano, tra simboli scolpiti e ritmi antichi, si apre il sentiero del Novizio che osa morire e rinascere, spezzando le catene del Sé limitato, abbandonando l’ombra dell’io per abbracciare la luce del Sé infinito. Qui si compie la vera Alchimia dell’Essere: un Fuoco sacro che arde e trasforma, consumando l’oro di vecchie convinzioni per far brillare la pietra filosofale nascosta dentro ogni coscienza. Non è dottrina da sussurrare ai molti, ma un mandato inciso nell’anima di chi è pronto a varcare la soglia, un richiamo antico che vibra solo per chi osa immergersi nel cuore del mistero. La Luce non è solo luce, è parola viva, è vibrazione, è processo eterno di metamorfosi. Non è delirio o fantasia di spiriti erranti, ma il segreto gelosamente custodito nell’oscurità delle Logge, la forza invisibile che muove l’Architetto del Sé profondo. Non esiste un io unico, monolitico e immutabile, ma un caleidoscopio di potenzialità, un infinito gioco di specchi e ombre, che solo chi percorre con umiltà e coraggio il cammino può svelare e abitare. In questa danza perpetua tra luce e tenebra, il vero potere non sta nella fissità di un’identità, ma nell’apertura continua delle porte del Tempio interiore, oltre le mura di pietra del noto, oltre le maschere e le prigioni del mondo profano. Qui avviene il miracolo supremo: il Sé si fa fluido, molteplice, espande e trasforma i confini dell’esperienza vissuta, spalancando orizzonti segreti, illuminati da una sapienza antica, silenziosa, palpabile come il respiro stesso dell’Universo. Chi ha varcato quella soglia conosce la verità: questa trasformazione è un rito, un cammino iniziatico senza fine, una continua dissoluzione e ricomposizione, un’arte sottile che trasforma il piombo delle convinzioni in oro puro di consapevolezza. Non è un dono per tutti, ma un privilegio per chi accetta di perdersi per ritrovarsi mille volte, in un risveglio perpetuo, oltre ogni forma e nome. Questo è il segreto (…).
Nascosto agli occhi del profano, si rivela solo a chi osa entrare nel Fuoco che brucia nel cuore del proprio essere, là dove luce e ombra si fondono in un’unica danza eterna. Di fronte a tale complessità, il concetto di intelligenza, e in particolare quella sociale e affettivo-emotiva, si lega all’etimologia latina intelligere, che significa “leggere dentro”, “vedere oltre”. Non è accumulare nozioni, ma sviluppare la capacità di leggere le sfumature del contesto sociale e relazionale. È saper aprirsi a nuove prospettive, dialogare con la differenza, integrare ciò che è altro da sé, reinventare l’identità attraverso la relazione.
Ignorare nuove possibilità, quindi, non significa solo non sapere; è soprattutto non riuscire o rifiutare di “leggere dentro” le trame complesse che la vita e le relazioni ci offrono. Questo limite soffoca la crescita personale e la relazione. Al contrario, l’intelligenza sociale rompe queste barriere, riconosce l’inedito, accoglie il cambiamento e tesse nuove narrazioni di sé. Il sé ideografico, semantico e teleopoietico ha il potere di accogliere trame nuove, smontare narrazioni che imprigionano e limitano, e di generare visioni più vaste e autentiche. Lo fa dentro uno scambio affettivo vivo, un dialogo in cui il sé si rinnova ogni volta che si riconosce nell’altro e viene riconosciuto. Non si tratta solo di costruire una storia personale, ma di abitare un tessuto relazionale che modella e trasforma l’identità, facendo emergere parti di sé nascoste o mai esplorate.
La vecchia certezza cartesiana del "Cogito ergo sum", che ha fondato l’idea della soggettività come base dell’essere, appare oggi insufficiente davanti alla prospettiva neurocostruttivista. L’ego cogitans lascia spazio all’ego narrans: il sé è ciò che racconta e si racconta. Così il “cogito” si trasforma: non è più un pensiero isolato, ma un “penso con l’altro”, un’esistenza che prende forma nel confronto e nella condivisione. La soggettività diventa un processo co-costruito, una danza di senso che si muove dentro la relazione. Questa visione richiede di pensare la soggettività solo dentro una cornice di co-costruzione semantica, dove la capacità di narrarci — di mettere in parole e senso la nostra esperienza — è la leva essenziale per sentirci davvero “esseri umani”. La narrazione non riflette semplicemente il sé, ma lo spinge avanti, lo costruisce e lo trasforma. Raccontarsi è aprirsi al cambiamento, usare il linguaggio e la relazione come strumenti concreti di crescita e trasformazione (…)Shhh! 😉