Mangiare bene per vivere sani

Mangiare bene per vivere sani Prenota la visita dietologica per riprendere il tuo peso ideale e mantenerlo per sempre, con dei semplici accorgimenti, potendo mangiare qualsiasi alimento

ATTENZIONE AD UNA PANCIA GONFIA E DURA.Una pancia importante GONFIA e DURA può nascondere seri problemi di salute. Potre...
14/03/2025

ATTENZIONE AD UNA PANCIA GONFIA E DURA.
Una pancia importante GONFIA e DURA può nascondere seri problemi di salute.
Potrebbe trattarsi di ASCITE.
Che cos’è? La presenza di liquido nella cavità addominale è un fatto normale, che consente di non creare attrito tra gli organi interni e tra gli organi e la parete addominale. Quando la quantità di questo liquido sieroso aumenta in maniera eccessiva si parla di ascite, segnale della presenza di un processo patologico. Questa condizione si verifica nella maggioranza dei casi (fino all'80%) nei pazienti con malattie del fegato, in particolare la cirrosi.
Quindi per ascite si intende la raccolta di liquido nella cavità addominale, che da appunto quell’effetto di pancia GONFIA e DURA.
In condizioni normali, la presenza di liquidi in quantità ridotte (meno di 30 ml) non crea problemi, ma l'accumulo di quantità maggiori è una spia di differenti patologie in corso e può causare rischi gravi per la salute. Le patologie collegate all'ascite sono le malattie del fegato, epatiti virali ed epatopatia alcolica, seguite da cirrosi epatica e ipertensione portale, insufficienza cardiaca, infarto, sindrome di Budd-Chiari, tubercolosi, pancreatite, carcinoma peritoneale.

22/01/2024

Corsa a digiuno
Il digiuno potenzia il consumo dei grassi. Correre a digiuno quindi potenzia la dipendenza dal metabolismo lipidico per la produzione di energia. Ma la questione è da approfondire.
I grassi contenuti nelle cellule adipose vengono mobilizzati (escono dall’adipocita) per poter essere sfruttati come fonte di energia nelle cellule muscolari. Questo, però, non vuol dire che il grasso “uscito dalla cellula adiposa” non si riformerà!
Quello che conta è che poi non rientrino nuovi grassi
Quindi, la corsa a digiuno non ha effettivi e concreti benefici in più rispetto alla corsa non a digiuno!
Cioè, consumare più o meno grassi durante una corsa a digiuno o un qualsiasi altro allenamento è indifferente ai fini dell’effettivo dimagrimento, che è dato da ciò che accade nel lungo periodo (in cronico) e non nel breve periodo, in un’ora, quindi in acuto: quello che conta è il bilancio calorico totale (che comprende quello lipidico) delle 24 ore o ancora meglio della settimana.
I grassi durante l’allenamento è forse meglio non consumarli proprio perché più alleni l’organismo a consumare zuccheri grazie ad attività fisiche intense e più riesci a migliorare il tuo stato di flessibilità metabolica (è il metabolismo glucidico che governa quello lipidico e non viceversa).

18/01/2024

Carboidrati Proteine e Grassi in uno stesso pasto, fanno ingrassare?
Dipende da quante calorie si assumono.
Tra le 400-600 Kcal possiamo mischiare tutto ciò che vogliamo.
Tra 600-800 kcal più massa magra abbiamo, più siamo attivi e meno dobbiamo preoccuparci.
Sopra le 1000-1200 kcal cresce la pancia.

12/01/2024

Quando mangiare i carboidrati?
Si possono mangiare indistintamente a pranzo o a cena. Il momento ideale in cui assumerli dipende solo dall'attività fisica. La sensibilità all'insulina rimane elevata fino a due ore dopo l'allenamento. Conviene quindi introdurre più zuccheri a pranzo se vi allenate al mattino, oppure a cena se vi allenate di pomeriggio. Dopo l'allenamento sono le cellule muscolari ad essere più affamate rispeto a quelle del grasso. Questo vuol dire che gli zuccheri introdotti dopo l'attività fisica, finiranno nei muscoli e nel fegato, evitando le cellule grasse, cioè gli adipociti.

10/01/2024

Per perdere 6-7 chili effettivi ed ottenere un bel risultato, occorrono almeno 5-6 mesi di dieta ipocalorica con altrettanta attività fisica. E poi, non dimentichiamo di rimanere su quel nuovo stile di vita elaborato da un professionista della salute. Altrimenti in poco tempo si ritorna al peso eccessivo di prima. Io infatti non la chiamo dieta, ma appunto, Sano STILE DI VITA. Parola che spaventa molti, ma è molto più semplice di quanto pensiate. Quello stile di vita che ci permetterà poi ogni tanto, di mangiare ciò che vogliamo senza riprendere peso.

Dr.Marco Liotti nutrizionista clinico e sportivo

Centro Fisioterapico SPORT HEALTH via Marco Decumio 31 Tel.0687568066/88 Roma
Centro Polispecialistico Bianalisi Lazio. Via Quinto Sertorio, 27 00174 Roma (RM). 06.87153294
Poliambulatorio ORMOLAB via Gaetano Fugetta 1 (Villa Bonelli) Tel: 0655264753-065501984 Roma

04/01/2024

Pronti per cambiare lo stile di vita, essere sempre attivi, stare in forma fisicamente, essere normopeso, stare in salute con i valori ematici completamente nella norma, non soffrire di malattie come ipercolesterolemia, ipertensione, diabete, steatosi, reflusso, gonfiore addominale, quindi mangiare sano e sentirsi sazi...per sempre. Tutto assolutamente possibile e facilmente raggiungibile.

Dr. Marco Liotti nutrizionista clinico e nutrizionista sportivo:
• DIETA IPOCALORICA dimagrante per: soprappeso, piccola – media - grande obesità con Attività di counseling ed educazione alimentare; Antropometria: analisi dei parametri corporei; Bioimpedenzometria: valutazione dello stato fisico, stime della quantità di massa grassa e massa magra; Valutazione dei fabbisogni nutrizionali; Elaborazione di piani alimentari personalizzati e quindi idonei alle diverse esigenze metaboliche e nutrizionali; Consulenza e terapia nutrizionale.
• ALIMENTAZIONE VEGETARIANA e VEGANA (dimagrimento e sport)
• ALIMENTAZIONE E MALATTIA (diabete, ipertensione, ipercolesterolemie, insulinoresistenza, steatosi epatica, insufficienza renale, etc…)
• ALIMENTAZIONE dello SPORTIVO AGONISTA con scheda allenamento personalizzato a casa e in palestra.
• EDUCAZIONE ALIMENTARE
• DIETA CHETOGENICA
• ALIMENTAZIONE IN GRAVIDANZA e ALLATTAMENTO
• ALIMENTAZIONE DEL BAMBINO
• NUTRIZIONE ONCOLOGICA
Riceve presso:
Il Centro Fisioterapico SPORT HEALTH via Marco Decumio 31 Tel.0687568066/88 Roma
Centro Polispecialistico Bianalisi Lazio. Via Quinto Sertorio, 27 00174 Roma (RM). 06.87153294
Poliambulatorio ORMOLAB via Gaetano Fugetta 1 (Villa Bonelli) Tel: 0655264753-065501984 Roma
Si può prenotare ed effettuare la visita anche ONLINE (per questo potete scrivermi privatamente)
Pietrantonio Giovanni

29/10/2022

La pasta a cena NON fa male
La diffusa credenza che mangiare pasta a cena possa “fare ingrassare di più” oppure fare addirittura male alla salute non è del tutto fondata, tant’è che anche un recente studio, pubblicato su Diabetes Care, evidenzia alcuni effetti positivi sulla salute rispetto all’assunzione serale di carboidrati di alta qualità, tra i quali la pasta (in particolar modo quella integrale). Analizzando i dati emerge infatti come la loro assunzione potrebbe ridurre i rischi di patologie cardiovascolari, diabete e mortalità.
Le calorie all’interno della giornata dovrebbero essere suddivise in modo equo ed è fondato il pensiero che nelle ore serali e notturne siano necessarie meno energie al nostro corpo: il metabolismo basale durante il sonno sembra ridursi di circa il 10% rispetto alle ore diurne e, tendenzialmente, anche le attività motorie sono limitate.
Ma, considerando che una porzione da 80 g apporta circa 270 kcal, la pasta non è un alimento di per sé ipercalorico e se corretto in porzioni e modalità di ricettazione, è un alleato all’interno di un regime alimentare sano e corretto, anche a cena.
Quindi, sono i condimenti abbondanti a FAR AUMENTARE le calorie e non la pasta. Spero sia chiaro una volta per tutte.
La pasta di semola di grano duro
La pasta, come in generale i carboidrati complessi, non fa ingrassare. Il consiglio, oltre a limitare gli zuccheri semplici, è di preferire pasta integrale che, dato il ridotto impatto glicemico, pare associata a una riduzione dell’indice di massa corporea, del rapporto vita-fianchi e a una più bassa prevalenza di sovrappeso e obesità.
In 100 g di pasta di semola di frumento integrale sono presenti: carboidrati complessi (64,8 g), per lo più amidi (56,2 g), proteine (13,3 g) e fibre (7,1 g).
La cottura “al dente”, apprezzabile sul piano culinario, sembra preferibile anche da un punto di vista nutrizionale. Gli amidi presenti nella pasta cotta “al dente” non sono completamente gelatinizzati e quindi non totalmente digeribili dagli enzimi: ciò rallenta la velocità di assorbimento dei nutrienti e ne riduce l’indice glicemico. Inoltre, la pasta di semola di grano duro (integrale e non) sembra avere un indice glicemico ridotto rispetto a formulazioni a base di altre tipologie di farine e cereali.
Ancora meglio se la scelta ricade su pasta a base di farina integrale, magari accompagnata da un sugo di verdure. Questo permette di ridurre il contenuto di grassi del condimento e migliorare l’apporto di fibre e micronutrienti.
Inoltre, la pasta integrale ha un elevato potere saziante. Un piatto di pasta può permettere una riduzione del senso di fame, diminuendo il ricorso a dolciumi fuori pasto o spuntini in tarda serata, tendenzialmente caratterizzati da una scarsa qualità nutrizionale.
Conclusione
Cosa portare a casa? Che la pasta non fa assolutamente ingrassare, se mangiata con le dovute porzioni e dovuti condimenti. Sono quest’ultimi che innalzano le calorie della pasta e non la pasta in quanto tale. Quindi potete tranquillamente inserirla nel pasto serale.

Caffè: come e quando berloOltre a essere sinonimo di piacere e pausa, la tazzina di caffè sembra avere diversi benefici ...
01/10/2022

Caffè: come e quando berlo
Oltre a essere sinonimo di piacere e pausa, la tazzina di caffè sembra avere diversi benefici per la salute, grazie alla sua ricchezza in composti bioattivi, quali i composti fenolici. Il tipico binomio caffè-latte potrebbe, però, ridurne la biodisponibilità.

I possibili benefici del caffè sulla salute
Sono sempre più studiati gli aspetti benefici per la salute e la longevità riconducibili al consumo moderato di caffè.
2-3 tazze di caffè al giorno potrebbero ridurre il rischio di malattie cardiache e aumentare le aspettative di vita sia per i soggetti sani, sia per chi già presenta problemi a carico del cuore, riducendo il rischio di mortalità in persone sopravvissute a ictus e infarto. Alcune ricerche mostrano una riduzione del rischio di mortalità anche nelle persone affette da diabete.

Caffè-latte: giusto abbinamento?
Considerando che molti dei benefici attribuiti al caffè sono riconducibili al contenuto di composti bioattivi, una recente ricerca ha indagato proprio come i differenti metodi di preparazione del caffè siano in grado di influenzarne la biodisponibilità (1). Tra i composti bioattivi più rilevanti spiccano soprattutto i composti fenolici, un vasto gruppo di sostanze organiche presenti in frutta, verdura, semi, foglie e radici (e nelle bevande da questi ottenute).

Nel caffè, i composti bioattivi costituiscono il 10% del peso secco totale e, tra questi, i più noti per le potenziali proprietà antiossidanti, ipoglicemizzanti e protettive per il sistema cardiovascolare, sono la caffeina e l’acido clorogenico (CGA), composto fenolico responsabile del gusto astringente, amaro e acido. Il loro contenuto può variare in base all’origine dei chicchi di caffè, ai gradi di tostatura e ai metodi di preparazione. La tostatura intensiva ad alte temperature per lungo tempo causa una diminuzione della quantità di CGA, mentre può non avere un effetto significativo sulla quantità di caffeina, che è considerata resistente alla tostatura (1).

Anche il modo di servire e consumare la bevanda, come la tradizionale associazione al latte, potrebbe influire sulla biodisponibilità dei composti bioattivi. È ormai noto, infatti, come le proteine del latte possano inibire l’assorbimento dei composti fenolici del cioccolato o dei mirtilli (2).

La recente review (1) racchiude gli studi sulla biodisponibilità dei composti fenolici del caffè (in particolare il CGA), mettendo in evidenza come questi ultimi possano legarsi alle proteine del latte con conseguente riduzione della loro bioaccessibilità (cioè la frazione di nutrienti rilasciata e assorbibile) e biodisponibilità (cioè la frazione di nutrienti metabolizzabile e distribuibile nell’organismo; è influenzata alla bioaccessibilità).
Tale effetto inibitorio è direttamente dipendente dalla proporzione tra latte e caffè, dalla temperatura della bevanda prima e dopo l’aggiunta di latte e dal contenuto in grassi del latte aggiunto.
I risultati degli studi analizzati dalla review mostrano una migliore risposta al latte intero rispetto a quello scremato. Una ragione potrebbe essere che le interazioni idrofobe (dovute dalla componente lipidica) tra il latte intero e caffè potrebbero aumentare la stabilità dei composti fenolici all’ossidazione e interferire con la formazione di aggregati tra proteine e composti bioattivi.

Limitarne il consumo in gravidanza e allattamento
Esistono fasi della vita in cui è raccomandato ridurre il consumo di caffè e altri prodotti contenenti caffeina (come cacao o cioccolato, cola, tè): la gravidanza e l’allattamento.
È noto come la capacità di metabolizzare la caffeina si riduca in gravidanza, comportando un suo rapido assorbimento e il conseguente passaggio alla placenta. La caffeina, superata la barriera della placenta, sottopone il feto a rischi di sviluppo, come un basso peso alla nascita, con conseguente aumento del rischio di sovrappeso/obesità in età infantile.
EFSA definisce come dose sicura di assunzione di caffeina 200 mg (circa 2 tazzine) al dì. Il consumo moderato di caffè non deve limitarsi alla fase gestazionale ma proseguire durante l’allattamento. In questo caso la caffeina passa al feto attraverso il latte, predisponendolo a ipereccitabilità e difficoltà del sonno (2).

1. Rashidinejad, A., Tarhan, O., Rezaei, A., Capanoglu, E., Boostani, S., Khoshnoudi-Nia, S., … & Jafari, S. M. (2022). Addition of milk to coffee beverages; the effect on functional, nutritional, and sensorial properties. Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 62(22), 6132-6152.
2. CREA, Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (2018)

Alimenti ultra-processati e cancro colon-retto: un rischio superiore per gli uomini?Che gli alimenti processati e ultra-...
10/09/2022

Alimenti ultra-processati e cancro colon-retto: un rischio superiore per gli uomini?
Che gli alimenti processati e ultra-processati (lavorati con aggiunta di additivi conservanti zuccheri e altre sostanze) non siano sinonimo di alimentazione sana è ormai noto ma la comodità dei prodotti pronti al consumo mette alla prova le scelte alimentari.
Cibi processati: verdure e legumi in scatola, carni lavorate, il pane, la birra e il vino.
Ultraprocessati: bibite gassate, succhi di frutta, merendine, zuppe pronte, cibi precotti o veg-burger, largamente presenti sugli scaffali dei negozi alimentari e nei supermercati.
La recente ricerca condotta da Tufts University evidenzia, ancora una volta, come gli alimenti ultra-processati possano mettere a repentaglio lo stato di salute. A dover prestare più attenzione sono gli uomini, che sembrano più propensi a sviluppare cancro colon-rettale (1).
Cancro colon-rettale: i numeri
Il cancro colon-retto è considerato la seconda causa di morte, dovuta a tumori, a livello mondiale.
In Italia, l’incidenza di cancro al colon-retto è del 12% tra gli uomini e dell’11,2% nelle donne (2). Nel 2020, sono state stimate circa 43.700 nuove diagnosi di cui uomini 23.400 e donne 20.300, con una quota di 21.700 decessi stimati nel 2021 (3). Tra i primi elementi di rischio una scorretta alimentazione e uno stato di sovrappeso e obesità.
Cosa emerge dallo studio?
Lo studio di coorte è stato condotto su 200.000 partecipanti(159.907 donne e 46.341 uomini) e durato 28 anni, diviso in tre grandi studi prospettici. A seguito dell’analisi statistica è emerso un fattore di rischio maggiore del 29% per gli uomini, di ammalarsi.
Studi meno recenti correlano un’alimentazione eccessivamente ricca di prodotti industriali ad un’aumentata mortalità. Quest’ultima è tendenzialmente dipendente da un maggiore rischio di sviluppare ipertensione (4), diabete di tipo 2 (5), obesità, stress ossidativo e squilibri psico-fisici. Tutti fenomeni riconducibili ad un’alimentazione ricca in grassi, principalmente idrogenati e trans, zuccheri semplici e consumo eccessivo sale, a discapito di fibre e micronutrienti alleati al benessere (6).
Tra gli alimenti ultra-processati, ritenuti maggiormente responsabili di concorrere al rischio oncologico emergono soprattutto alimenti di origine animale quali burger, insaccati e prepararti a base di pesce, così come bevande eccessivamente zuccherate.
Nonostante questi solitamente concorrano all’aumento di sovrappeso e obesità, i risultati del follow up mettono in evidenza come non si tratti solo di un problema legato al peso corporeo; gli alimenti ultra-processati contengono comunemente additivi alimentari come emulsionanti e dolcificanti artificiali, che possono alterare il microbiota intestinale, promuovendo l’infiammazione e la carcinogenesi (7,8,9,10), in particolar modo, del colon, e come anticipato principalmente nella componente maschile.
Perché gli uomini hanno un rischio aumentato?
Le motivazioni sono riconducibili sia a parametri ormonali, quanto a stili di vita e scelte alimentari.
Rispetto ai parametri ormonali, lo studio evidenzia come gli estrogeni detengano un ruolo fondamentale del manifestarsi della patologia. Nelle donne, una maggiore concentrazione di estrogeni, rispetto al testosterone, sembra ridurre il rischio di cancro del colon-retto. Invece negli uomini, dove il rapporto è invertito, può aumentare il rischio in questione.
Le scelte alimentari, tra i prodotti industriali, risultano un elemento differenziante. Per esempio, dallo studio emerge come le donne siano più propense a fare scelte più sane. Considerando, ad esempio, la categoria “yogurt e dessert a base di latticini” gli effetti protettivi (come quelli dovuti al contenuto più elevato di calcio) che potrebbero superare gli effetti dannosi (per esempio, dovuti al contenuto più elevato di zucchero).
Questi risultati supportano la raccomandazione del World Cancer Research Fund International/American Institute for Cancer Research di limitare l’assunzione di “fast food” per la prevenzione primaria del cancro.
1. Wang L, Du M, Wang K, Khandpur N, Rossato S L, Drouin-Chartier J et al. (2022) Association of ultra-processed food consumption with colorectal cancer risk among men and women: results from three prospective US cohort studies BMJ
2. Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. (2021). Le statistiche del cancro
3. Ministero della Salute. (2021). I numeri del cancro
4. Wang M, Du X, Huang W, Xu Y. (2022) Ultra-processed foods consumption increases the risk of hypertension in adults: A systematic review and meta-analysis. Am J Hypertens
5. Delpino FM, Figueiredo LM, Bielemann RM, et al. (2021) Ultra-processed food and risk of type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis of longitudinal studies. Int J Epidemiol
6. Monteiro CA, Cannon G, Levy RB, Moubarac JC, Louzada ML, Rauber F, Khandpur N, Cediel G, Neri D, Martinez-Steele E, Baraldi LG, Jaime PC. (2019) Ultra-processed foods: what they are and how to identify them. Public Health Nutr.
7. Viennois E, Merlin D, Gewirtz AT, Chassaing B. (2017). Dietary Emulsifier-Induced Low-Grade Inflammation Promotes Colon Carcinogenesis. Cancer Res
8. Suez J, Korem T, Zeevi D, et al.(2014) Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota. Nature
9. Landrigan PJ, Straif K. (2021) Aspartame and cancer – new evidence for causation. Environ Health
10. Dellavalle CT, Xiao Q, Yang G, et al. (2014) Dietary nitrate and nitrite intake and risk of colorectal cancer in the Shanghai Women’s Health Study. Int J Cancer

30/07/2022

Le carote NON favoriscono l’abbronzatura
Con l’arrivo dell’estate il consiglio di mangiare carote per favorire l’abbronzatura diventa quasi un tormentone. Ebbene, in realtà non esiste alcun alimento, neanche la carota, che “faccia abbronzare”: l’abbronzatura non è altro che il risultato di un aumento della produzione di melanina, un pigmento scuro della nostra pelle. Infatti, l’esposizione alla luce solare e ai suoi raggi ultravioletti (UV) attiva e stimola le cellule dello strato più profondo dell’epidermide a produrre melanina, che raggiunge lo strato più superficiale dove ha un’azione protettiva nei confronti dei raggi UV.
Beta-carotene
Il beta carotene, un pigmento di colore arancione presente nelle carote e in numerosi altri alimenti vegetali, non ha alcun legame con la melanina e con l’abbronzatura, ma può effettivamente conferire un colorito più ambrato alla pelle, oltre ad avere una rilevante attività antiossidante e ad essere il precursore della vitamina A, importante per la salute della pelle. Consumare alimenti di stagione ricchi di questo particolare composto bioattivo durante il periodo della “tintarella”, sebbene non aumenti l’abbronzatura, non può che essere utile per una pelle sana.

Il sushi NON è sempre un piatto healthyTra gli alimenti di tendenza considerati “healthy” un posto d’onore è riservato a...
07/05/2022

Il sushi NON è sempre un piatto healthy
Tra gli alimenti di tendenza considerati “healthy” un posto d’onore è riservato al sushi. Tuttavia, benché a base di riso e pesce fresco, noti per essere alimenti sani, questa pietanza in realtà non è sempre salutare come si possa credere. Ma che cos’è il sushi, che storia ha, e perché potrebbe non essere sempre un alimento “healthy”?
Sushi: definizione, storia e diffusione
Esistono ancora diverse definizioni attribuite al sushi, e la prima riconosciuta nel mondo occidentale coincide con “rotoli di pesce crudo e pochi altri ingredienti avvolti intorno a riso bianco” (1).
In realtà, nonostante questa sia la forma che oggi attribuiamo a questo alimento, la sua origine risale alle necessità di conservazione di un tempo ormai lontano. Le sue origini, infatti, risalgono al IV secolo in Cina, dove il pesce salato veniva messo per la prima volta nel riso cotto, il che faceva sì che il pesce subisse un processo di fermentazione. Quest’ultima consentiva dei tempi di conservazione superiori, e così si diffuse l’idea di usare il riso acetato e fermentato come conservante (2).
In Giappone questa pietanza si diffuse nel IX secolo con una rapidità tale da diventare alimento tradizionale in poco tempo. Oggi, è un alimento diffuso a livello mondiale e le moderne tecnologie di conservazione hanno portato ad abbandonare i sistemi di conservazione passati lasciando spazio alle basse temperature.
Sushi: caratteristiche “generali”
Definire nutrizionalmente il sushi non è cosa semplice. Ogni Paese ha una storia gastronomica che ha portato alla maturazione di gusti differenti; dunque, per rispettare i gusti locali, le cucine non tradizionali ed esotiche sono state rimaneggiate e adattate alle preferenze del luogo, spesso “snaturalizzandosi”.
Il sushi ne è un perfetto esempio: possono essere infatti rotoli di semplice riso e pesce, con verdure, oppure arricchiti con salse caloriche (come maionese o crema di formaggio), possono essere fritti, conditi, speziati, fusion, etc.
Nonostante questa varietà, è comunque possibile delineare delle caratteristiche che accomunano la preparazione del sushi a livello mondiale, ovvero che:
– tra le varietà di riso consigliate spicca soprattutto la sottospecie Japonica (Oryza sativa L. subsp. japonica) (3);
– al riso cotto vengono generalmente aggiunti aceto di riso (che fornisce il gusto), zucchero e sale (che bilanciano l’acidità dell’aceto) (4).
– il topping più usato prevede pesce crudo (1).
Sushi: perché potrebbe non essere così “healthy”?
Zucchero
Alla base del sushi vi è generalmente il riso. Quest’ultimo è un cereale composto da carboidrati (~77%), grassi (~2%), proteine (~8%) e acqua (~12%) (5) e, di per sé, è un alimento che può essere considerato sano, seppur caratterizzato da un indice glicemico elevato (6). Tuttavia, a questo alimento vengono aggiunti sia sale che zucchero, i cui effetti sulla salute sono ormai noti. Sapendo che secondo l’OMS è opportuno limitare il consumo di zuccheri liberi a non più del 10% dell’apporto calorico giornaliero (7) e che in una porzione da 8 pezzi di sushi vi siano in media circa 9,5 g di zucchero, è facile capire come questo alimento partecipi negativamente all’assunzione di zuccheri nella dieta.
Sale e coloranti
Non bisogna dimenticare il sale: è infatti importante tenere a mente che il sushi, oltre ad avere sale addizionato alla preparazione del riso, viene abitualmente intinto nella salsa di soia, caratterizzata dall’avere circa 17 g di sale su 100 ml di prodotto.
Altro condimento frequentemente usato è il wasabi e può capitare che, quello che viene venduto confezionato e dal colore verde brillante, possa non essere realmente wasabi ma la radice cui è stato addizionato del colorante alimentare, tra cui l’E110, i cui effetti sulla salute sono stati discussi più volte (😎.
Freschezza del prodotto
Anche se non ci sono molte informazioni sul possibile ruolo dell’aceto a parte quello di dare acidità, è stato riportato che l’aggiunta di acidi come l’acido ascorbico, l’aceto di riso o i succhi di frutta all’acqua di cottura eliminano i cambiamenti indesiderati nella consistenza del riso cotto invecchiato, ripristinando la freschezza (9). Questo potrebbe essere “problematico” poiché grazie alle proprietà dell’aceto, i ristoratori potrebbero proporre un prodotto non realmente fresco.
A proposito di freschezza, è importante sottolineare anche quella del pesce, un alleato della salute in quanto fonte di grassi “buoni” e proteine ma potenzialmente dannoso se non correttamente conservato.
Uno studio condotto in Norvegia, ad esempio, ha rilevato il batterio mesofilo Aeromonas spp nel 71% di 58 campioni esaminati (10). Questo batterio è noto per causare problemi gastrointestinali, infezioni della pelle e dei tessuti molli. I ricercatori hanno scoperto che, probabilmente, è stato lo scarso controllo della temperatura durante il trasporto tra la fabbrica e il negozio il problema principale lungo la filiera.
La scelta di un topping crudo come le verdure, inoltre, se le condizioni di conservazione non sono ideali, potrebbe portare a contaminazione crociata aggravando ulteriormente la situazione.
Topping
Ultima ma non ultima la scelta del topping. Qui è abbastanza semplice: se vengono scelti dei piatti semplici composti da una base di pesce crudo e poco altro, oltre a quanto riportato sopra, il prodotto non dovrebbe essere “unhealthy”. Preparazioni più complesse ricche di salse o fritte, invece, aumentano notevolmente l’apporto calorico.
In ragione di quanto affermato, è facile capire come il sushi, se non scelto attentamente, non è un alimento così healthy come viene generalmente reputato.
È importante dunque saper scegliere accuratamente il locale dove si consuma e pietanze non eccessivamente “pasticciate”. Bisogna considerare la freschezza dei prodotti ed è inoltre possibile seguire alcuni accorgimenti per avere la sicurezza di star mangiando un alimento davvero healthy:
– Si potrebbe optare per il sashimi, privo di salse extra e senza riso condito di accompagnamento;
– Si potrebbe limitare il quantitativo di soia o preferire delle alternative come, ad esempio, gli amminoacidi derivanti dal cocco;
– Si potrebbe scegliere sushi a base di riso integrale;
– Infine, si potrebbe provare a fare una versione casalinga, così da godersi un buon piatto con la sicurezza di sapere esattamente quello che si sta mangiando.
1. Toratani, K. (2022). loanword sushi in English. The Language of Food in Japanese: Cognitive perspectives and beyond, 25, 161.
2. Rath, E. C. (2021). Oishii: The History of Sushi. Reaktion Books.
3. Hong, Y.-J., Lee, J.-H., Oh, S.-K., Yoon, M.-R., Choi, I.-S., Park, J.-H., … Kim, C.-K. (2012). Caratteristiche qualitative delle varietà di riso adatte al sushi. GIORNALE COREANO DI SCIENZA DEL RACCOLTO, 57 (4), 436–440. https://doi.org/10.7740/KJCS.2012.57.4.436
4. Molina, C. N., Garzón, R., & Rosell, C. M. (2022). Unraveling seasonings impact on cooked rice quality: Technological and nutritional implications for sushi. Journal of Cereal Science, 104, 103442.
5. Repaci, E., Allieri, F., & Rondanelli, M. QUALITÀ NUTRIZIONALI DEL RISO E CONFRONTO CON GLI ALTRI CEREALI Nutritional aspects of rice and comparison with other cereals. SEMINARIO RISO, 112.
6. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018).
7. World Health Organization. (2015). Guideline: sugars intake for adults and children. World Health Organization.
8. EFSA Panel on Food Additives and Nutrient Sources added to Food (ANS). (2014). Reconsideration of the temporary ADI and refined exposure assessment for Sunset Yellow FCF (E 110). EFSA Journal, 12(7), 3765.
9. Ghasemi, E., Mosavian, M. H., & Khodaparast, M. H. (2008). The effect of acetic and lactic acid on the oil uptake, texture and color of rice (Sang Tarom) during cooking. World Applied Sciences Journal, 4(2), 183-187.
10. Hoel, S., Mehli, L., Bruheim, T., Vadstein, O., & Jakobsen, A. N. (2015). Assessment of microbiological quality of retail fresh sushi from selected sources in Norway. Journal of food protection, 78(5), 977–982. https://doi.org/10.4315/0362-028X.JFP-14-480.

Indirizzo

Via Accademia Peloritana 43
Rome
00147

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